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Egitto ed Etiopia, si riaccende la contesa sul Nilo

Mercoledì 29 maggio l'Etiopia ha dato avvio alla costruzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam, ossia la colossale - e più volte minacciata - diga che devierà il corso del Nilo Azzurro. Il progetto (in appalto all'italiana Salini Costruttori) presenta numeri impressionanti: una volta ultimata, l'opera sarà estesa 1780 metri e alta 145 sul Nilo Azzurro (che rappresenta l'85% della portata dell'intero fiume), il bacino che ne deriverà potrà contenere 63 miliardi di metri cubi d'acqua che dovrebbe dare all’Etiopia un impianto da 6.000 megawatt e creare la più grande potenza energetica del Corno d'Africa. Il più grande progetto idroelettrico del Continente. Costo totale: 4,8 miliardi di dollari, in gran parte provenienti da capitali cinesi.

La cerimonia semplice per l’apertura del cantiere, officiata dal vicepremier etiope Demeke Mekonnin, al Cairo è diventata la notizia dei tg della sera. Questo perché l'irrisolta questione circa lo sfruttamento del Nilo spaventa l'Egitto più dell’instabilità politica o delle tensioni nel Sinai. Due anni fa ne parlavo qui.

Al Cairo - ed anche a Khartoum, altra beneficiaria - si teme che milioni di persone rischino la fame se il progetto etiopico andrà in porto. Già oggi ogni cairota ha una disponibilità d’acqua che è la metà della media mondiale. In seguito alla costruzione della diga, non solo la portata d'acqua del fiume verrebbe drasticamente ridotta, ma anche una gran parte del limo verrebbe trattenuta dalla diga senza mai arrivare a fertilizzare i campi coltivati in Egitto.

Appena pochi giorni prima dell'avvio dei lavori, Egitto ed Etiopia si erano accordati sulla necessità di "proseguire nelle attività di coordinamento per la questione del Nilo Azzurro, impegnando entrambe le parti a non danneggiare l'altra". L'intesa prevedeva l'istituzione di una commissione mista tra Egitto, Etiopia e Sudan per discutere del progetto etiopico al fine di trovare una soluzione che potesse essere condivisa da tutte le parti in causa. L'annuncio di Addis Abeba ha però fermato tutto, lasciando egiziani e sudanesi in grande preoccupazione.

Il portavoce del governo etiope ha dichiarato che "la deviazione del corso del Nilo Blu sarà solo temporanea e che le sue acque non saranno utilizzate per irrigare i campi, ma solo per questioni energetiche". Nonostante le rassicurazioni ufficiali però, il governo del Cairo appare diffidente.

Secondo l'Osservatorio Iraq:

il governo egiziano è ben consapevole dei rischi che corre.
Come confermato dai dati Fao (Food and Agriculture Organization) e Aquastat (Fao's Information system on water and agriculture), il paese ha serie difficoltà nel garantire fonti idriche rinnovabili e la maggior parte delle risorse (circa l'86%) viene principalmente utilizzata per usi agricoli.
Ora si deve considerare come, nonostante la manifesta povertà idrica, l'Egitto stia fortemente incrementando la propria produzione di grano, coltura che notoriamente richiede un notevole dispendio di 'oro blu'.
Come potrà dunque sostenere una crescente produzione a fronte di una netta diminuzione delle risorse idriche e dei piani dei paesi del corno d'Africa sul bacino del Nilo?
Sì, perché la cronica deficienza di acqua egiziana assumerà un trend ancora più negativo nei prossimi anni: dagli attuali 640 metri cubi pro capita ai 370 del 2050. Un calo netto ed apparentemente inarrestabile.

Finora, come sottolineato dal ministro per le Risorse Idriche, Mohamed Baha’a El-Din, l'Egitto ha potuto supplire le altrui mancanze - ossia quelle degli altri Stati africani - finanziandone le economie e limitando conseguentemente le sue pretese su un fiume di cui resta comunque il principale utilizzatore.
"Negli ultimi anni l'Egitto ha fornito 26,6 milioni di dollari al Sudan, 20,4 all'Uganda e ha contribuito al finanziamento di 100 pozzi d'acqua in Tanzania per un costo di 6 milioni".
Sempre il ministro [egiziano] ha aggiunto che è stato firmato un accordo del valore di 10,5 milioni in cinque anni con la Repubblica Democratica del Congo al fine di sostenere la gestione delle risorse idriche.
Come sostenere questi costi se il paese vive oggi una delle sue più gravi crisi economiche di tutti i tempi? E se dovesse mancare acqua all'agricoltura locale, come si garantirebbe la produzione di grano, elemento indispensabile per produrre pane?
In un interessante articolo apparso sul sito egiziano "Rebel Economy" la mancanza di pane viene definita come: "la madre di tutte le crisi".
Non è un caso allora che l'argomento sia particolarmente sentito in patria e che molti analisti parlino di "fallimento governativo", con Hani Raslan, capo del Dipartimento Sudan and Nile Water Basin, che denuncia: "Hanno ipnotizzato la società egiziana, facendo sembrare la questione molto più piccola rispetto a quelle che poi saranno le sue ripercussioni".
Ripercussioni che il governo continua a minimizzare, tanto più che fonti interne al ministero della Difesa escludono qualsiasi ricorso alla forza per risolvere la questione, seminando il dubbio che l'Egitto fosse già a conoscenza delle intenzioni etiopi sin da novembre.
Tuttavia, come sempre accade in questi casi, le voci sono particolarmente discordanti. Secondo al-Ahram, dal ministero degli Esteri è stata espressa forte preoccupazione per gli obiettivi del progetto che è stato accolto con "shock e sorpresa" dagli addetti ai lavori. Una versione che contrasta dunque con l'idea che il Cairo fosse già stato avvisato del progetto.
Inoltre, le dichiarazioni dell'ambasciatore egiziano a Khartoum, Kamal Hassan, contribuiscono a complicare la situazione: l'Egitto potrebbe chiedere l'intervento della Lega araba per chiarire la situazione con l'Etiopia.
Al momento quindi l'unica certezza sembra essere quella per cui l'Egitto non può permettersi di perdere nemmeno una goccia d'acqua del patrimonio idrico fornito dal Nilo (circa 55 milioni di metri cubi), onde evitare quanto accaduto nel 2012, quando la scarsità di oro blu ha interessato alcune delle aree più povere del paese.

Come conclude il Corriere della Sera:

Diceva Erodoto, assai citato dalla stampa egiziana, che l’Egitto è un dono del Nilo. «Non dimenticate mai che fu una nostra regina, Iside, a fondarvi», ribatte la propaganda etiope. Fiumi di retorica, per ora. Finché le acque non cominceranno a scaldarsi davvero.

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