E non ci indurre in induzione

Si sa: sono tempi duri per la democrazia liberale, un po' dappertutto.
Anche in Italia, fra conflitti legislativi sul gender, generali che presiedono (bene) alla vaccinazione anti Covid e una TV generalista – fruita secondo i dati soprattutto dagli over 60 – che ci indica la nascita di una nuova platea di “non garantiti”, di “emarginati”.
Insomma, parafrasando lo sceriffo di qualche vecchio poliziesco: di sporchi individui!
Per carità, nessuna critica qualunquistica a quella TV mainstream che, nella seconda metà del Novecento, “ha amalgamato e sprovincializzato il nostro Paese” (C'era una volta il monoscopio, emuse, 2021).
Anzi, nei tragici mesi del lockdown e delle zone rosse, in cui individui distaccati lo siamo diventati un po' tutti, l'overdose di forme e sostanze televisive mi ha portato a interrogarmi sul nesso fra la succitata funzione centrifuga - “omologante”, biasimava Pasolini – del medium televisivo e quella centripeta che impronta(va) Internet e in generale (ops!) i media interattivi.
Perché – prima ancora dell'avvento del Web 2.0, al giro di boa del nuovo millennio – lo storytelling progressistico, ottimistico, era questo: nel villaggio globale le periferie del mondo avranno le stesse opportunità dei grandi centri; col nuovo principio di uguaglianza a fare la differenza saranno solo i talenti e le competenze.
Fu anche per questo, credo, che la fiducia nei nuovi media allignò facilmente dove il bisogno di libertà – anche di espressione – era più forte.
Non mi riferisco solo al tanto vituperato Mezzogiorno d'Italia. Basti pensare, a mo' di puro esempio fra i tanti possibili, alla sproporzione statistica dell'uso di Twitter nel 2013 fra due paesi democraticamente distanti: Arabia Saudita prima; Stati Uniti, patria del microblog, fuori dalla Top 15.
Tornando al presente dopo quest'ultimo flashback, oggi stiamo uscendo da una pandemia che – come una sorta di reazione allo storytelling ottimistico di cui sopra – ha drammaticamente allargato il solco delle disuguaglianze economiche e politiche sia fra i paesi che fra i cittadini.
L'utopia, il sogno centripeto sembra naufragato contro un iceberg distopico, oltremodo centrifugo.
Nel racconto dei fatti – in buona o cattiva fede – si procede spesso in modo deduttivo; dal generale al particolare.
Dobbiamo forse invocare Francis Bacon per restituire cittadinanza all'induzione, a tutti gli emarginati e le periferie del mondo?
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