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 Home page > Tribuna Libera > E’ la fine del renzismo e, forse, anche del Pd

E’ la fine del renzismo e, forse, anche del Pd

Il commento di Renzi ai risultati di domenica scorsa mi ricorda quella boutade del finto proverbio arabo: “Se cadi ed uno stecco ti cava un occhio, ringrazia Allah: poteva essere biforcuto!”.

 Renzi dice che non ha perso, perché ha preso 67 comuni contri i 59 del suo concorrente, ma quello ha preso Genova, La Spezia, Alessandria, Asti, Como, Lodi, Sesto, Monza, Piacenza, Pistoia, L’Aquila, Verona, Riccione, Asti, Gorizia, Oristano, Rieti, Frosinone, Catanzaro, Trapani e lui solo Lucca, Cuneo, Lecce, Taranto e Padova fra o capoluoghi, e poi deve accontentarsi di Lissone, Nocera inferiore, Misterbianco e cose così.

 

“Pesando” i comuni capoluogo in base alla popolazione si ricava che la vittoria del centro destra supera l’80% del campione (al netto delle civiche e dei comuni M5s). Per di più il caso pugliese (dove il Pd, oltre che i due capoluoghi, conquista anche grossi centri come Gravina, Bitonto, Martina Franca, Molfetta) meriterebbe di essere trattato a parte: è l’unica regione dove i renziani non hanno vinto nel congresso ed il partito ha coloritura diversa. Poteva andar meglio? Direi che è difficile immaginare come potesse andar peggio. C’è sempre un peggio, ma, insomma…

E, infatti, anche i commentatori delle varie testate giornalistiche iniziano a dire esplicitamente che è la fine del renzismo. In realtà, Renzi ha fatto fallimento il 4 dicembre scorso, ma sono stati pochi ad avere il coraggio di scriverlo e, dopo, il suo trionfo congressuale aveva spinto molti a parlare di rimonta in atto. Ora è tutto così evidente che nessuno azzarda più a dire cose del genere. Il Pd, quando gli va bene, limita le perdite, ma non conquista un solo voto nuovo. La capacità attrattiva di Renzi è crollata a zero. Non solo: il Pd è ormai un partito solo e privo di alleati, e si è ripetuto sostanzialmente lo schema del referendum che alleava destra, 5 stelle e sinistra contro il Pd debolmente appoggiato da centro. In questo caso c’è stata qualche coalizione con l’ex sinistra Pd ormai Mdp, ma, in compenso, è stato perso qualsiasi rapporto con i centristi, inviperiti per lo scherzo tentato della clausola di sbarramento al 5%.

Anche la prospettiva di un nuovo governo di coalizione Pd-Fi sembra sbiadire: nel Pd molti storcono il naso, Berlusconi sembra alzare il prezzo ed è condizionato dalla Lega e dagli amici della Lega in Fi, non è neppure scontato che questa coalizione, al Senato, conquisti i seggi necessari. A mezza bocca, alcuni cominciano a dire che, in caso nessuno abbia i numeri è meglio un governo d’affari di ispirazione presidenziale, Personalmente sono un tifoso del governo Pd-Fi: magari lo facciano! Sarebbe un terno secco!

La crisi è appena all’inizio ed è difficile capire dove andrà a parare ed entro che tempi. Quel che è chiaro è che per ora la crisi sta investendo in particolare il Pd.

La centralità renziana non esiste più, con il naufragio del progetto di potere contenuto nel pacchetto Italicum-riforma costituzionale Renzi non ha più nulla da dire, il re è nudo e non ha nessuna idea che non sia il momentaneo galleggiamento. Ma Renzi non è rimuovibile dalla sua posizione di potere, la segreteria del Pd: il congresso si è appena concluso ed è difficile immaginare la deposizione di un segretario che ha appena stravinto il confronto. Ma non si tratta solo di questo: chi c’è in grado di proporre una alternativa credibile nel Pd?

La prova appena finita dice che tutto quello che è venuto fuori è una fotocopia sbiadita di Renzi (Orlando) ed un capopopolo regionale (Emiliano). C’è altro nel Pd? Renzi porta il Pd nel pantano, ma il Pd non ha come liberarsene. Molto grave è l’assoluta mancanza di autocritica per una cosa enorme come la sconfitta del 4 dicembre: un partito progetta la riforma costituzionale più profonda dall’inizio della Repubblica, cerca di imporla contro tutti gli altri, straperde il referendum con un clamoroso 40 a 60 e poi fa finta che non sia successo niente. Ma vi sembra realistico che si possa uscire da un a simile prova senza pagare dazio? Per di più, questo accade mentre quasi tutti i partiti dell’internazionale “socialista” stanno incassando sconfitte a ripetizione, per cui non si capisce perché questo debba risparmiare la sua sezione italiana. Tutto questo è semplicemente ignorato dal dibattito interno al Pd che si avvoltola su sé stesso fissandosi sulle cose più infondate o meno rilevanti ( le situazioni locali, le difficoltà organizzative, l’ostilità degli altri che non si capisce che obbligo abbiano di non esserlo eccetera).

E qui bisogna fare ancora la finanziaria….
Aldo Giannuli

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.195) 2 luglio 2017 12:59

    Quale congiura >

    Il PD, di stampo Matteo RENZI, nel giro di un anno ha collezionato il “regresso” di due distinte tornate Amministrative e la batosta del referendum costituzionale. La “roboante” novità comunicativa di M Renzi, degna di uno show man alla Grillo, ha già perso gran parte del suo appeal originario.


    FATICA inutile è seguire e “pesare” la variegata sequela di “riflessioni” da lui di volta in volta inanellata. Non si capisce, viceversa, quanto e cosa aspettare ancora per arrivare a decidere di tamponare la persistente lenta emorragia di consensi.


    La prossima DIREZIONE nazionale dovrebbe avvalorare una chiara mozione di dissenso (ripulsa) per tale leadership “carismatica” che modella il partito a deferente assertore di un indirizzo politico tanto esclusivo quanto verticistico.

    Due le possibilità.

    ASPETTARE che il PD, manipolato da M Renzi, si disveli del tutto quale “risorta” democrazia cristiana; salutando qualche milione di elettori.

    Oppure isolare subito la fonte (clan compreso) che ne sta inquinando valori e principi originari; ritrovando assonanze con i “dissidenti”.


    Non sarebbe una “congiura”, ma istinto di pura sopravvivenza.

    La storia insegna che la Febbre del Tribuno non conosce remore, limiti …

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