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 Home page > Attualità > Società > E’ ora di scegliere da che parte stare!

E’ ora di scegliere da che parte stare!

Caro direttore Calabresi,
Mi rivolgo a lei nella speranza di trovare quel minimo di buonsenso che si fatica certe volte a trovare tra le colonne del suo e di altri quotidiani.
 
Faccio riferimento ad un articolo apparso sulla testata da lei diretta (fortunatamente nella sola edizione torinese) in data 29 maggio 2009, firmato da Angelo Conti, sotto il titolo: "Islamiche e con il velo le bigliettaie della Reggia" e tutta la polemica che ne è nata.

La mia reazione non è di stupore, essendo che il signor Conti, insieme ad un manipolo di suoi colleghi ci hanno abituato ormai alla loro "caccia allo straniero". È una reazione di stanchezza e di disperazione. Fino a quando si vuole andare avanti così? Non bastano, secondo voi, le aggressioni a sfondo razzista scatenate in tutto il paese? Non basta che il razzismo abbia invaso la scuola e il mondo dei giovani? Non basta che perfino in un asilo nido si è arrivati a picchiare un proprio coetaneo a suon di "spolco neglo"?

«...Mi sono presentata alla biglietteria della Reggia di Venaria, (...) mi ha colpito non poco notare che la biglietteria era presidiata da due donne islamiche, una addirittura con il velo in testa.» - recita la presunta dichiarazione della presunta fonte. Poi continua chiedendosi se non era meglio nascondere le «due signore in un’attività d’ufficio... ?»

Le due donne che guastano il decoro della Reggia reale sabauda secondo la nostra "fonte" e secondo il sicuramente complice cronista sta non in un qualsiasi atteggiamento sbagliato («Nulla da eccepire sul loro servizio...») ma ben nel fatto di essere straniere. Ancora peggio: islamiche. E per completare la linea d’accusa una addirittura con il velo! Ma questo "addirittura" indica che il velo è soltanto una aggravante ma il reato vero sta nell’essere quello che queste ragazze sono.
Io non sono un sostenitore del velo, anzi sono un feroce oppositore a questa forma di schiavitù (imposta o auto-imposta) delle donne dei nostri paesi. Ma non era questo il problema sollevato. Hanno sbagliato (nella scelta della protesta e non nella lodevole intenzione), secondo me, i colleghi che hanno solidarizzato indossando tutti il velo, il giorno seguente all’uscita dell’articolo. La denuncia era sulla presenza di due straniere in un tempio dell’Italianità, della Padanità, della Piemontesità!

Una piccola delazione che sembra senza gravità, se presa isolatamente. Ma che nel suo piccolo, e visti i tempi che corrono, è fatta in puro stile "pogromistico". Ricorda vagamente le stelle gialle tracciate sugli esercizi di proprietà di ebrei (achtung Juden!), o certe volte di coloro che impiegavano, soltanto, "israeliti" o altri "non-ariani". Ricorda le croci rosso-sangue dei Ku Klux Klan sulle case degli "amici dei negri". Ricorda insomma cose che nessuno, spero, vorrebbe vedere riproporsi né qui né altrove. Una delazione che se è veramente di un lettore è dannosa, inutile e anche vigliacca perché anonima. Se invece di "fonte" non ce n’è l’ombra allora è doppiamente vigliacca.

Quando leggo questo tipo di pezzi o le polemiche nello stile di quella creata ad arte dai vostri colleghi di La Repubblica, grazie alla lettera dell’ormai tristemente famoso "elettore di sinistra che sta diventando razzista". Aprendo così ai politici del centrosinistra una breccia, grande come un portone, per poter usare anche loro la retorica elettorale anti romeni e anti zingari... cercando invano di "rimorchiare" un elettorato ormai, secondo loro, diventato in larga misura apertamente razzista.

Quando leggo queste cose in giornali che non sono La Padania, che non sono di quelli che volutamente e soprattutto apertamente fanno del commercio della paura e dell’odio la loro ragione sociale, mi pongo delle domande.

Di risposte a queste mie domande me ne vengono anche.

Una possibilità, mi dico, è che i giornali di dimensioni nazionale come quelli citati prima non abbiano ormai più né capiredattori né direttori che vigilano in qualche modo sulla qualità e sull’etica. Lasciando così le colone in preda a chiunque vuole sfogare le proprie frustrazioni. Basta non toccare ai problemi veri e agli interessi dei proprietari. Tutto il resto sarebbe permesso.


L’altra possibilità è che ormai queste testate sono pronte a tutto pur di fare sensazione, pur di vendere. Pronte anche a scatenare la guerra tra i poveri in una società già martoriata dalla crisi.

Come vede, caro direttore, delle ipotesi che mi vengono in mente non so la quale sia peggio dell’altra. Forse sbaglio strada del tutto, ma allora mi dica lei: come si potrebbe tradurre questo accanimento?

Non basta più la caccia allo straniero "delinquente" per rafforzare la teoria "dell’immigrazione criminogena". Ora nemmeno quelli che lavorano, che si comportano bene, che cercano di trovarsi un posto tranquillo per vivere onestamente... Nemmeno questi vanno bene. È la loro visibilità che è un problema. Se proprio abbiamo bisogno di sfruttarli, che si faccia di nascosto, lontano dagli occhi della gente per bene!

Ci dica caro direttore quale sarebbe la via d’uscita da questo Pantano, in cui siamo tutti immersi fino al collo: di una popolazione che si dice sempre più razzista perché sui mezzi d’informazione sembra siano soltanto gli stranieri il problema di questo paese e di una stampa che dice di scrivere sempre di più del "problema immigrazione" perché dice che è il "sentimento condiviso tra la gente". Dove per gente si intende, come diceva il comico francese Coluche: «La gente normale. Cioè quelli non abbronzati (sic!), non arabi, non negri, non ebrei e non froci... la gente normale, insomma!».

Sarà secondo lei ora di spezzare questo meccanismo? E se sì, chi lo dovrebbe fare: le "fonti anonime", "i Piccolini" di turno o le redazioni dei media che si ritengono equilibrati e seri?

Io da parte mia penso sia giunta l’ora di fare delle scelte. Noi in questo paese ci siamo e intendiamo rimanerci. A dispetto di ciò che possa pensare chi ci crede "merce usa e getta": braccia che si possono convocare a milioni quando serve, e rimandare indietro quando c’è la crisi.

Noi qua abbiamo costruito le nostre vite, qui siamo invecchiati e abbiamo già cresciuto nuove generazioni. Qui stiamo da anni, non da ospiti come piace ad alcuni ripeterlo, ma da coinquilini. L’ospite mangia, non fa la spesa, non cucina e non lava i piatti. Noi invece qui abbiamo lavorato sempre, abbiamo pagato la nostra parte di tasse, sempre, e non dobbiamo niente a nessuno. Tranne il rispetto dovuto a tutti e che pretendiamo però in ritorno.

Penso sia ora di scegliere e di fare chiarezza tra chi sta per la convivenza e il rispetto reciproco e chi cerca lo scontro sociale? In mezzo c’è ormai ben poco spazio.
Cordialmente.


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