Duecentocinquanta donne giudice afgane nel mirino dei talebani
Duecentocinquanta donne giudice afgane nel mirino dei talebani. Non sono fra le persone che riceveranno un visto per lasciare il paese.
I talebani hanno detto alle donne di non uscire di casa. E hanno aggiunto: "È per la vostra sicurezza".
Ci sono circa duecentocinquanta donne giudice in Afganistan. Si tratta del dieci per cento della magistratura del paese. Una magistratura che ha provveduto in questi anni a condannare alla prigione le migliaia di talebani che venivano catturati e che adesso sono tornati in libertà.
E queste donne a volte formatesi negli Stati Uniti - come lo stesso presidente Ghani - probabilmente sono adesso nel mirino dei talebani. Poco importa se sono quelli che hanno fatto condannare o altri.
Lo scorso gennaio quando ancora la NATO aveva un certo controllo del paese due di loro erano state uccise in un attentato.
A riportare la notizia è Affari internazionali, qualche giorno fa. Notizia che è poi rimbalzata su diversi mezzi di comunicazione.
Per altro queste donne lavoravano per il governo e non per i paesi della coalizione e quindi non riceveranno nessun visto per lasciare il paese.
Dopo l'esercito e le donne giudice sarà la volta dei leader sociali, dei difensori dei diritti umani, dei giornalisti, delle minoranze religiose, o dei membri della comunità Lgbt.
Soprattutto quando i riflettori non saranno più puntati su questo paese.
Se confrontiamo quanto sta accadendo in Afganistan con l'impegno di decenni in Bosnia, in Kosovo, in Iraq e Siria - dove una alleanza che comprendeva anche cinque paesi arabi ha sconfitto l'Isis - si fa fatica a capire la fuga dall'Afganistan da un lato e il mancato coinvolgimento dei paesi mussulmani dall'altro.
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