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Duce, duce… tu sei la luce

Così proferiva il vecchio motto di battaglia, quello delle piazze urlanti e sempre piene.

Nelle città, poi devastate dalle bombe. Anche Lui, in corso d’opera incensato dal voto popolare, pur sotto stretto controllo del “santo” manganello e dell’olio “miracoloso” della bottiglia, per non dire delle mitragliate e delle carceri piene di sovversivi, giusto per sbaragliare il campo.

Sembra quasi di rivedere le stesse scene, in piazza. Certo, in chiave pacifica ed allegrotta. Non più milizie armate con funeree divise e cappelletti neri, di varie fogge, calati sul fil di fronte.

Però, tutti a pendere dalle labbra del predicatore.

Certo, c'è sempre una genesi, pur nei copioni. Lì, c'erano state le devastanti conseguenze della guerra mondiale (la prima) alimentate dai “sacri” confini e dai grossi e grassi padroni delle ferriere adibite a forgiare le armi. Ora, le guerre finanziarie e l’ingordigia dei pochi, sempre più crescente, hanno lasciato sul nostro terreno una grande catasta di feriti e morti per consunzione. Le armi, sempre più tecnologiche, vengono adibite per lo sventramento dei corpi viventi in altre terre, ancor più povere e lontane.

Poi, come allora, spunta la luce.

A dire il vero, in quegli anni, prima ci fu il vate, che mise la parola, la poesia e il teatro all’uso dell’aratro, per tracciare l'immediato successivo fulgido solco. Poi venne il duce, che ben presto dismessi gli abiti “borghesi” già macchiati di sangue, passò alla tetra divisa, prima divorando in grande lena nel suol patrio, eliminando tutti gli “orpelli” delle libertà e i residui delle “manie” democratiche inventate con l’evoluzione della specie nel corso degli ultimi duecento anni, passando, poi, a guardare con voracità, il mappamondo, per la costruzione dell’impero e del razzismo.

In tanti, provenienti dai vari fronti messi in rotta, novelli esploratori dell’umano pensiero, ormai acquietati ed entusiasti dalle turbe urlanti, si misero al servizio suo e della “causa”. Prima cautamente, poi con entusiasmo. Tutta una folla, in specie artisti delle varie branche, liberi pensatori, imbellettati dicitori dell’uso e del consumo, e, “lavoratori” dell’intelletto, possessori dei numeri bancari e delle zolle agrarie, a frotte. Anche in tanti, provenienti dalle file ultime, rimasero affascinanti. Tanto loro ci mettevano le secolari pezze, sempre buone a tutti gli impieghi altrui.

Tutti a declamare la “razza eletta”.

Si sa, i molti decenni passano, ma permane sempre, per l'italico popolo, il mito dell'“uomo della provvidenza”. Quello che vede e al tutto provvede.

Per tant'anni, proprio per i plateali entusiastici consensi avuti e per l’ingordo uso dell'“oggetto luminoso”, propagatore immenso di video e voce, era sembrato che si fosse riprodotto nel “sacro unto”, che, pur dopo le enormi devastazioni procacciate alla normale nostrana umanità, ancora rimane a galla, pur con un salvagente tutto rappezzato. 

Ha sempre lingua buona per tutti gli appetiti. Chiama e raccoglie sempre tutti i “cuori infranti” dal rispetto delle leggi e delle legalità.

In quel interstizio temporale, con gran furore di popolo, specialmente nordico, si era anche introdotto in parte un erede “celtico”, vero e proprio ducetto, con il culto delle “divinità”: ampolle magiche ed elmetti con le corna. Era diventato quasi co-padrone della nuova Italia, rispolverando, forte, l’inno del non passi lo straniero.

Però, or s’avanza il nuovo.

Si sa, dopo vent’anni l’appetenza cambia, specie se dalla semina sono uscite solo rovine, inquinando anche gli alfieri dell’altro pensiero, nominalmente alternativo.

La crisi, quella reale e quella manovrata e millantata, batte forte sul popolo normale, mentre la restante parte rastrella e acchiappa...in nome della crisi.

Le illusioni della “provvidenza” sono un faro potente. Annebbiano cuori e menti. Lo si è visto già, nei danni procacciati, nel corso di tanti secoli, specie dai professionisti secolari, addetti a “pascolare il gregge”, intelletti molto “fini” data l’educazione coercitiva ricevuta.

Il nuovo urla, con voce stridula e con gran dinamica di movenza corporale (come in quell’antica foggia). Attacca con grande veemenza i modelli della rappresentazione politica e sociale, delle libertà partiti, sindacati, stampa  che con grande sacrificio ed abnegazione sono stati costruiti dalla fine dei tempi dell’altro duce “sperimentatore”. Li attacca tutti, senza distinzione di sorte alcuna, come se fossero il “demonio” dei cittadini. Al di là delle deformazioni sopravvenute, li attacca proprio nello stato strutturale, nell'ideologia e nel modello.

In alternativa si propone una grande enigmatica nuvola, imperscrutabile, un vero e proprio ectoplasma, un buco nero. Un nuovo prototipo di rappresentazione, tutta da esplorare e costruire negli oscuri spazi, come nelle trame della fantascienza più spinta o negli orrori già provati. Il Parlamento, nel dire, dovrebbe permanere nel Palazzo, depurato dai partiti e riempito da "entità astratte". Forse si vogliono riportare in auge, in veste ammodernata, le corporazioni di infausta recente memoria?

Una nuova via, quindi, in assoluta alternativa a quella attuata in Italia e nella gran parte delle terre emerse planetarie, che ha come perno di riferimento la gestione della polis, la politica, organizzata tramite i partiti, in sinergia, o meno, con tutti gli altri luoghi di aggregazione civica e sociale. Certo, una democrazia imperfetta, su scala locale ed universale, molto monca di reale e concreta quotidiana partecipazione; troppe iniquità e ricchezze distribuite malamente. Che per di più, spesso, viene mantenuta con il peso delle armi.

Or bene è chiaro che in siffatto dissertare la Carta Costituzionale, così come congegnata dai nostri Padri nel momento della ritrovata Libertà, non avrebbe più ragion d'essere: cancellata di fatto.

Il tutto viene accompagnato con l’inno alla morte. I partiti sono morti, “quello” è morto, “quell'altro” e “quell'altro ancora”, morti pure. Proprio una lunga schiera. In contrasto alla radiosa vita si inneggia alla funerea falce. Un film che sembra già visto. E se rimangono ancora vivi, stante i motti gridati, devono andare lì, nel fondo del lato b.

A parte questo glaciale inno nulla emerge su come, nel merito, dovrebbero essere gestite le complesse questioni che riguardano un'articolata struttura sociale costituita da 61 milioni di persone.

Tutto è tranquillamente vacuo come se in gioco fosse il paesello disperso e abbandonato, privo di abitanti, quindi definitivamente scollegato dal resto del mondo abitato dagli umani.

In più, stante questa enunciazione, i concetti geo-politici-culturali-sociali partoriti dall'evoluzione della sapienza e dalla pratica umana, “schematicamente” catalogati e suddivisi come destra e sinistra, non avrebbero più motivo di esistere, come già avvenuto nelle nostre più vicine nefande epoche. Valgono solo le asettiche ed intraducibili “buone idee”. Per chi e a chi non è da sapere.

Il famoso “trittico” di libertà, uguaglianza, fratellanza, determinanti le regole, sempre in cammino, della pratica democratica che hanno dinamicamente accompagnato tante generazioni nel percorso della propria vita, sembra che siano messe nel vecchiume della storia.

Nel “progetto” declamato non si parla di equità, redistribuzione delle ricchezze, dei furti delle evasioni fiscali e delle esportazioni illecite dei capitali nei “paradisi”, delle strutturali iniquità, delle mafie che incappiano interi territori, solidarietà, accoglienza e migranti, diritti civili e di cittadinanza, contratti di lavoro e povertà diffuse, licenziamenti, deflagrazione dei sistemi produttivi portanti e delle strutture economiche, inflazioni, speculazioni e potere d'acquisto, laicità, questioni internazionali e armamentari, fame nel mondo, sfruttamenti, multinazionali.

Alla forma partito, con tutte le strutture decisionali verticali ed orizzontali, pur difettose, in continua evoluzione ed involuzione stante gli alti e i bassi delle fasi che caratterizzano la debole democrazia italiana da sempre sottoposta ai guizzi delle trame terroristiche ed autoritarie, viene sostituita un'“entità” di tipo padronale che risponde solo a se stessa, decidendo da sola la tavola dei nuovi “evangelici dieci comandamenti”, senza possibile manifestazione di libera dialettica, pena sanzione e l’espulsione.
I cittadini dovrebbero essere collegati con l'"entità” tramite i fili invisibili dell'"etere spaziale”.
Poi, magari, si scopre, come avvenuto di recente nella scelta dei candidati che i votanti siano proprio uno scarsissimo numero. In tanti, in virtù del porcellum, ignominia della democrazia, sono stati nominati all'alto scanno con ben pochi voti di preferenza interna.

Sembra quasi che in questo disegno il “Parlamento” debba essere rappresentato da una nuova celestiale “Bocca della Verità” che, dietro comando inviato da un apposito tasto e scegliendo solo se la risposta deve essere fornita dal vate o dal duce, ci detta il miracoloso vaticinio.

Preoccupante, molto preoccupante e pericoloso.

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