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Droni dall’alto, operazioni segrete sul campo. Ecco le guerre americane (ed europee) del futuro

Un'interessante analisi su FPIF illustra per sommi le linee guida della pianificazione militare americana.

Dopo aver esordito affermando che:

"Despite the talk of massive cuts, the U.S. military will continue to be the profligate, inefficient, and remarkably ineffective institution we’ve come to know and squander our treasure on";

il testo si concentra sul concetto di guerra offshore:

"Even if the U.S. military is dragging its old habits, weaponry, and global-basing ideas behind it, it’s still heading offshore. There will be no more land wars on the Eurasian continent. Instead, greater emphasis will be placed on the Navy, the Air Force, and a policy “pivot” to face China in southern Asia where the American military position can be strengthened without more giant bases or monster embassies.

For Washington, “offshore” means the world’s boundary-less waters and skies, but also, more metaphorically, it means being repositioned off the coast of national sovereignty and all its knotty problems. This change, on its way for years, will officially rebrand the planet as an American free-fire zoneunchaining Washington from the limits that national borders once imposed".

L'archetipo delle operazioni militari del futuro lo abbiamo già visto lo scorso anno, ed è stato il blitz che ha portato all'uccisione di bin Laden:

"the raid that killed Osama bin Laden as a harbinger of and model for what’s to come. It was an operation enveloped in a cloak of secrecy. There was no consultation with the “ally” on whose territory the raid was to occur. It involved combat by an elite special operations unit backed by drones and other high-tech weaponry and supported by the CIA. A national boundary was crossed without either permission or any declaration of hostilities".

Ecco il punto. CIA e Pentagono stanno progettando un futuro in cui le operazioni segrete sul campo e i droni dall'alto giocheranno un ruolo sempre più importante nelle operazioni di guerra e antiterrorismo:

"Since November 2002, when a Hellfire missile from a CIA-operated Predator drone turned a car with six alleged al-Qaeda operatives in Yemen into ash, robotic aircraft have led the way in this border-crossing, air-space penetrating assault. The U.S. now has drone bases across the planet, 60 at last count. Increasingly, the long-range reach of its drone program means that those robotic planes can penetrate just about any nation’s air space.
...
War has always been the most human and inhuman of activities. Now, it seems, its inhuman aspect is quite literally on the rise".

La conclusione, tutt'altro che rassicurante, è che:

"Onshore, American power in the twenty-first century proved a disaster. Offshore, with Washington in control of the global seas and skies, with its ability to kick down the world's doors and strike just about anywhere without a by-your-leave or thank-you-ma'am, it hopes for better".

Il primo esempio di questa nuova postura è già in corso nello Yemen, dove la CIA sta cercando di espandere le sue campagne segrete contro le centrali di al-Qa'ida nella Penisola Arabica (AQAP).
L'istituto Jamestown Foundation esamina nel dettaglio la "Drone revolution" sia dal punto di vista tecnologico che da quello strategico. I dati salienti sono che:

  • Più di 50 Paesi nel mondo hanno acquistato o costruito droni;
  • Nel 2000 gli Stati Uniti avevano solo 50 droni. Oggi, quasi 7.500, il che significa che un aereo da guerra su tre in dotazione alla flotta USA è un drone;
  • Per questa ragione nel 2011 il numero di piloti addestrati dalla US Air Force per i droni ha superato quello per i cacciabombardieri tradizionali;
  • Droni Predator sono già utilizzati per monitorare il confine USA-Messico. Anche il Messico sta utilizzando droni statunitensi molto più piccoli per lo stesso scopo.

Non solo. L'attivismo degli americani sta spingendo gli altri Paesi, a cominciare dalle potenze emergenti, ad adeguarsi di conseguenza. E' forse solo una questione di tempo prima che Russia, Cina, India, Brasile (e Iran, che un drone USA è perfino riuscito a catturarlo riprogrammandone le coordinate GPS) arrivino a dotarsi di una propria flotta di aerei senza pilota. Israele ne sta già facendo ampio uso nella Striscia di Gaza: solo in dicembre i raid avrebbero ucciso più 825 persone, secondo fonti palestinesi. Altri attacchi sono avvenuti in marzo.

Alla drone revolution non resterà estranea neppure l'Europa. Poche settimane fa la NATO ha annunciato un sontuoso programma da 3 miliardi di dollari per l'acquisto e il dislocamento di velivoli da guerra UAV. La guerra in Libia ha dimostrato l'importanza di avere tali apparecchi per l'identificazione degli obiettivi sensibili, ma l'Europa, a differenza degli USA, non dispone ancora di una flotta da affiancare a quella del proprio alleato d'oltreoceano. Per colmare tale lacuna, si è deciso che un miliardo sarà destinato all'acquisto di cinque droni Global Hawk, a cui parteciperanno 13 Paesi NATO (Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Romania, Slovacchia, Slovenia e ovviamente Stati Uniti); altri due miliardi saranno investiti nell'arco di vent'anni per la loro gestione.

C'è un piccolo dettaglio, che ci riguarda da vicino: i velivoli saranno stanziati nella base di Sigonella, ormai prossima a diventare la capitale mondiale dei droni.

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