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Draghi ha portato il cavallo alla fontana. Bisogna vedere se beve

Il bazooka di Draghi comincerà a sparare da marzo, fuoco a volontà fino a settembre 2016. 

Sessanta miliardi al mese fino ad un importo di 1100 miliardi di euro, la potenza di fuoco è notevole, ma la mira sembra un po’ carente. Il rischio è stato scaricato sui singoli paesi. 

Troppi ostacoli sulla traiettoria di tiro?

Uno dei temi più caldi alla vigilia era la "condivisione del rischio" di questo programma. L'ammontare degli acquisti sembra segnare una vittoria di Draghi e dei paesi in difficoltà, ma la scelta della ripartizione dei rischi fra l’istituto centrale europeo e i vari stati nazionali sembra essere una vittoria dei falchi. In Europa sono molti quelli che remano contro, guidati dal presidente della Bundesbank (che siede nel board di Francoforte) il tedesco Jens Weidmann che da sempre si è dichiarato contrario al QE.

Dunque la Bce non condividerà i rischi su gran parte dei titoli che intende acquistare sul mercato secondario. Francoforte ha infatti deciso che le eventuali perdite legate ai titoli acquistati graveranno sulle singole Banche Centrali Nazionali, l’Eurotower si assumerà solo una quota del 20% del rischio, il restante 80% dovranno sopportarlo i singoli Stati.

In sostanza la BCE non si comporta del tutto come una "banca centrale" in quanto scarica le responsabilità sui singoli paesi.

Draghi si è difeso puntualizzando che ogni "decisione di politica monetaria ha ripercussioni di bilancio"e quindi si dovevano "prendere in considerazione le preoccupazioni di alcuni Paesi". Dal commento trasparisce forse qualche incertezza sul risultato.

Le scadenze dei titoli acquistati andranno tra i 2 e 30 anni. C'e' poi un doppio limite aggiuntivo per la Bce negli acquisti di titoli, potranno essere acquistare per un importo massimo che non superi il 33% del debito di ciascun Paese. Inoltre per ogni emissione non si potranno acquistare più del 25% dei titoli.

Quanto alla decisione sul piano degli acquisti, questi verranno ripartiti in base alla partecipazione delle Banche nazionali nel capitale della Bce. Al primo posto tra gli azionisti c'è la Bundsbank tedesca, poco sotto il 18%, seguita dalla Banca centrale francese con il 14,1% e da Bankitalia con il 12, 3%.

Il QE sarà rivolto ai titoli di Stato (e ai debiti cartolarizzati emessi dalle maggiori istituzioni finanziarie) che abbiano un giudizio "Investment grade", il che avrebbe escluso la Grecia, ma Draghi ha tenuto a precisare che «Non c'è alcuna eccezione per la Grecia» c'è infatti «una deroga» fatta apposta per Atene, visto che si fa riferimento a speciali concessioni ai paesi in piano di rientro, che consente di comprare titoli con rating speculativo, ma solo in presenza di un programma di assistenza della Troika. Questo è forse un “paletto” necessario in considerazione del fatto che domenica in Grecia si vota, i greci sono avvertiti: non si illudano di ottenere grossi sconti dalla BCE.

Nelle intenzioni di Draghi il massiccio acquisto di titoli di Stato dovrebbe avvicinare a quella soglia del il tasso d'inflazione appena sotto al 2% che gli economisti ritengono indispensabile per un ripresa dell’economia, del PIL dell’eurozona e dell’occupazione.

Il punto critico risiede nel fatto che un eventuale fallimento della più controversa delle misure adottate dalla BCE fino ad oggi, magari in combinazione con ulteriori ritardi delle riforme economiche, rischierebbe di spingere l’intera regione europea in una spirale di insoddisfazione in cui la disoccupazione e la debolezza economica, che guidano gli elettori nelle urne elettorali, potrebbero acuire gli impeti anti europeisti.

Il mercato finanziario potrebbe aver già scontato gli effetti dell’allentamento monetario di cui si parla da mesi, su questo Draghi ha precisato: "Sono d'accordo che alcuni effetti del quantitative easing sono giù prezzati dai mercati, ma solo una parte. C'è differenza fra aspettative e annuncio effettivo".

I rischi di un insuccesso della manovra sono insiti nei “paletti” che Draghi ha dovuto accettare e dal fatto che la risposta degli operatori economici non è scontata: con questi chiari di luna non è detto che aumentando la disponibilità di moneta in circolazione, le aziende si arrischino ad indebitarsi per investire né che i consumatori decidano di farlo per consumare. Tutto sta vedere se la domanda di beni da investimento e quella dei consumi sarà stimolata a ripartire.

Una bella mano per favorire la ripresa ce la danno il tasso di cambio dell'euro che si continua a deprezzare e il prezzo del petrolio che si e' dimezzato.

Subito dopo l’annuncio di Draghi la borsa italiana sembra aver preso un buon andamento, in questo momento veleggia intorno al +2%. 

Anche l’euro è stato quotato in rapida discesa dopo l'inizio del discorso del presidente della Bce. La divisa unica è scesa sotto a 1,15 dollari, contro gli 1,1601 segnati prima dell'avvio della conferenza stampa a Francoforte. Lo spread tra btp e bund tedeschi a dieci anni, che questa mattina ha aperto intorno ai 124 punti, è sceso fino a quota 108 punti. Il differenziale si è poi stabilizzato in area 120 punti.

Ma potrebbe essere una reazione emotiva, per valutare quali siano le conseguenze dobbiamo aspettare che il mercato, nei prossimi giorni, metabolizzi l’intervento della BCE. Incrociamo le dita!

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