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Dove è finito l’archivio di Scajola?

Ci sono alcune notizie che quando salgono alla ribalta delle cronache restano sulla cresta dell’onda per alcuni giorni, salvo poi scomparire per mesi e mesi (o anche per tempi molto più lunghi) come un fiume carsico. Sembra essere questo il caso dell’archivio segreto di Claudio Scajola. Facciamo un passo indietro.

 

di Martino Iniziato, Lapsus

Lo scorso 8 maggio 2014 la Dia di Reggio Calabria arrestava a Roma l’ex ministro dell’interno Claudio Scajola, con l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Dall’indagine pare emergessero anche delle operazioni per portare all’estero i capitali di Matacena e l’ombra di legami con la ‘ndrangheta. Questo il filone principale dell’inchiesta che vedrà l’avvio del processo il prossimo 22 ottobre e su cui per ora non ci soffermeremo, sia per opportunità che per mancanza di informazioni approfondite.

Il problema che ci interessa approfondire è un altro. Nei giorni dell’esplosione dell’inchiesta infatti, due sono stati i grandi temi sotto i riflettori: da un lato l’appassionante love story tra lady Matacena e lo stesso Scajola, letteralmente impazzito, secondo i racconti della segretaria, per l’avvenente moglie dell’ex collega di partito, la quale conquistava le colonne destre dei principali siti di informazione italiani con le consuete deprimenti fotogallery soft-porno a cui ci hanno ormai abituato i portali web che avranno prodotto ricchi dividendi in click per gli editori.

Il secondo filone, più serio ed importante, è stato quello legato all’archivio personale dell’ex ministro dell’interno (sic!). Sin dai primi giorni infatti non sono mancati articoli sui contenuti di questo archivio, per altro mai troppo particolareggiati, che sottolineavano “migliaia di fascicoli su politici e favori. L’archivio segreto di Scajola sotto sequestro” (Corriere della Sera, 12 maggio 2014); “I segreti del Viminale nei dossier di Scajola” (Repubblica, 15 maggio 2014) e potremmo proseguire. Gli articoli dedicati alle carte che man mano gli inquirenti stavano acquisendo sono proseguiti fino a circa la metà di giugno (il Corriere ancora il 13 giugno 2014 dedicava pagina 18 ai contenuti degli interrogatori e delle carte). Come detto tuttavia, i temi emersi erano scottanti e bastevoli per far saltare il banco di molti aspetti recenti e non della storia repubblicana, a partire dell’omicidio Biagi, ma non esplosivi come ci si poteva aspettare e come lo stesso Scajola ci aveva fatto credere fino a prima del suo arresto, quando ancora minacciava i suoi ex colleghi parlamentari e di partito di “tenerli per le palle”.

Passato giugno, un po’ come ovvio nei processi di produzione delle notizie, un po’ probabilmente per l’attesa del processo del prossimo ottobre, l’attenzione sul caso Scajola scemava e così anche sui contenuti del suo archivio. Lo scorso 6 agosto però, mi sono balzati agli occhi alcuni articoli: “Scajola, l’archivio segreto era dentro i muri” (Repubblica, 6 agosto 2014); “Scajola, trovato l’archivio segreto nascosto nel muro dietro alcuni quadri” (Il Fatto, 6 agosto 2014). Le carte delle prime perquisizioni insomma, rimandavano ad altri materiali e gli inquirenti hanno disposto nuove ricerche che hanno portato al ritrovamento del database completo nelle nicchie nascoste dietro ai quadri nella villa di Imperia. Tombola! Mi venne da pensare quando lessi quegli articoli. Purtroppo però, causa il periodo agostano, ma forse anche per altri motivi, dei contenuti delle chiavette dell’archivio segreto di Claudio Scajola dopo questo rilancio del 6 agosto, non si è saputo più nulla. L’articolo di Repubblica recita che “ora il materiale si trova al Centro Dia di Reggio Calabria, nelle mani degli analisti che ne stanno tirando fuori una marea di dati". Qualcuno si spinge a dire “gli ultimi 30 anni di storia politica e personale di Scajola”. "Materiale sul quale al momento vige il massimo riserbo, che molto probabilmente confluirà nel processo del 22 ottobre”.

Nello spirito di questa rubrica dunque, raccolti un po’ di dati e messe in fila alcune notizie, ci corre d’obbligo porci alcune domande e fare alcune riflessioni (da prendere sempre con il beneficio del dubbio).

- Perché nei giorni in prossimità dell’arresto i giornali sono stati generosi di notizie sui contenuti della prima parte di archivio sequestrata e dei ritrovamenti del 6 agosto non si è saputo nulla?

-Posto che come afferma l’articolo di Repubblica i documenti verranno prodotti al processo in programma per il 22 ottobre, come verranno selezionati? Con quale criterio? Da chi? C’è da immaginare che verranno scelti in base all’attinenza con il filone di indagine di Reggio Calabria, ma che fine faranno tutti gli altri documenti sugli innumerevoli argomenti ed episodi che l’archivio sicuramente contiene?

-Nel pieno rispetto della necessaria riservatezza che temi come quelli oggetto dell’indagine richiedono, chi garantisce che i documenti digitali non verranno modificati ed utilizzati per altri scopi inquisitori alla luce della grande debolezza dei file e documenti digitali, modificabili con successo e senza lasciare tracce da un comune informatico?

-Siamo proprio sicuri che da qui ad ottobre, nel silenzio della stampa, non si lavori per cercare di disinnescare l’”ordigno ad ologeria” costituito dall’archivio di Scajola, magari con il “lasciapassare interessato” del Ministro dell’Interno e dei contraenti del patto del Nazareno, in nome della stabilità e del bene del paese? Vi immaginate infatti cosa potrebbe contenere un archivio simile? Non solo in merito alle debolezze dei parlamentari o dei singoli, ma in merito ad aziende, operazioni economiche e strategiche, servizi di intelligence regolari e “paralleli”, malefatte di membri di tutti i partiti o dei governi Berlusconi sul piano nazionale ed internazionale, G8 di Genova, rapporti Dell’Utri-Libano, Finmeccanica, infrastrutture liguri e non solo, ecc?

Insomma, non sarebbe male se dell’archivio segreto di Scajola ci si occupasse un po’ di più, anche in sede Copasir, magari, o ci fossero più informazioni a disposizione, così come sarebbe preziosa una maggiore attenzione degli storici sul tema, alla luce del valore sconfinato di archivi come quello ritrovato che rischiamo seriamente di perdere o di vedere manomessi se non sapremo mantenere alta l’attenzione.

Aldo Giannuli, negli anni novanta, rovistando tra le carte della commissione stragi, intuì l’esistenza di quello che divenne noto come "l’archivio della via Appia": noi storici del futuro dovremo sperare di trovare delle cassettiere piene di chiavette usb? Non sarebbe la stessa cosa…

 

Questo articolo è stato pubblicato nella rubrica Cappuccino, brioche e intelligence

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