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Dopo le amministrative: la scomparsa della destra e le scelte delle Stelle

Il PdL ha raggiunto i suoi minimi storici  e la Lega, tranne a Verona (e anche qui come partito ha ottenuto solo il 10,7% dei voti), dove si ricandidava Tosi, elemento eccentrico rispetto al nucleo storico della sua dirigenza, ha collezionato sconfitte ovunque.

Detto questo, non trovo vi sia altro da festeggiare in un risultato che seppellisce quella che è stata la destra di governo, ma dà ben poche indicazioni per il futuro. C’è da preoccuparsi, piuttosto, per la crescita degli astenuti, soprattutto al nord, sintomo di una crisi che minaccia di non essere solo della politica tradizionale, ma della nostra stessa democrazia. Una crisi che è soprattutto di rappresentanza; di un elettorato (in Liguria non ha votato quasi la metà degli aventi diritto) la cui maggioranza relativa non riesce a riconoscersi in alcun partito; neppure in una delle tante liste civiche  o nel movimento anti tante cose, forse troppe, fondato da Grillo, che pure è il vero vincitore delle elezioni amministrative conclusesi ieri.

Il M5S è infatti arrivato a raccogliere il 10 e più percento dei voti in numerose città ed ha sfiorare il 20 a Parma, dove ha portato il proprio candidato al ballottaggio.

Un risultato superiore a quello atteso da molti che mette, però, Grillo ed i suoi davanti alla necessità di compiere delle scelte; di dire chiaro e tondo se, dopo aver attratto tanti giovani e meno giovani, vogliono dare il proprio contributo al governo del paese o restare una forza puramente protestataria, continuando ad accusare tutti di tutto nella pretesa di essere gli unici onesti e di avere il monopolio delle idee valide.

Dovranno, insomma, fare delle scelte politiche. E scelta politica, della peggior politica politicante, sarebbe anche quella, che pare abbiano già compiuto, di non dare alcuna indicazione di voto per i ballottaggi da cui sono esclusi i loro rappresentanti.

Non dicano che dalle Alpi alla Sicilia non esiste neppure un candidato sindaco diverso dai loro che non meriti di essere preferito al suo avversario. Non può oggettivamente essere così. Restare “fuori dalla mischia”, se questo alla fine decideranno, avrà ben poco di pragmatico, se scopo della loro azione è migliorare lo stato delle cose; ha senso solo se vogliono mantenersi “con le mani libere” o cercare di intercettare, continuando ad accusare tutti di tutto, quote ancora maggiori del voto di protesta. Nel primo come nel secondo caso, una scelta puramente tattica, come quelle di cui fu maestro Umberto Bossi; un pessimo segnale per chi pensa al M5S come ad una forza in grado di rinnovare la nostra politica.

Leggendo i commenti dei vari capi-partito, trovo giustificata la soddisfazione di Bersani per i risultati del PD; non sono stati affatto eclatanti, ma hanno fatto registrare una sostanziale tenuta e in molte città un certo miglioramento. L’elettorato democratico, insomma, sembra aver compreso le ragioni del sostegno offerto dal proprio partito al governo Monti ed essersi fatta una ragione della necessità dei sacrifici che questo ha imposto al paese: una dimostrazione di maturità che è tra i pochi segnali postivi, anche per chi non è di sinistra come il sottoscritto, di queste giornate.

Bugie e con le gambe cortissime, invece, dentro il PdL. Ai limiti del ridicolo l’affermazione di Berlusconi, in visita all’amicone Vladimir, che il risultato del suo partito sia stato “superiore alle aspettative”. Una battuta da avanspettacolo, d’altra parte unica specialità rimasta alla casa, a meno che Berlusconi pensasse di essere completamente spazzato via dalla scena politica. In questo caso, basti pensare a Palermo dove il Pdl è sceso dal 60 al 15%, c’è mancato poco. Bugia bella e buona, smentita proprio dai voti ottenuti dal PD, quella di Alfano, che attribuisce il disastro al sostegno, finora tutt’altro che convinto, offerto a Monti.

Una minaccia per la tenuta dell’attuale maggioranza?

Mentre resta tutto da vedere quel che accadrà tra centro e sinistra e da capire quale sarà alla fine il ruolo del M5S, dopo aver rammentato che in occasione delle politiche almeno la metà degli astenuti potrebbe trovare la via dell’urna cambiando di molto le cose, si puo affermare, invece, che il governo Monti avrà forse difficoltà ancora maggiori, dovrà sopportare proteste ancora più clamorose da destra, ma, perlomeno per quanto riguarda il partito di Berlusconi, arriverà a fine legislatura: andare al voto prima, infatti, manderebbe tanti onorevoli e senatori del PdL ad ingrossare le file dei disoccupati.

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