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Domenica prossima si vota in Ungheria: destra strafavorita

La propaganda del Partito nazionalista di estrema destra Jobbik ha varcato i confini ungheresi ed ora dilaga nella Transilvania centrale, appartenente alla Romania: l’Europa danubiana preoccupata.

Domenica prossima si vota in Ungheria: destra strafavorita

Si svolgeranno Domenica undici Aprile in Ungheria le elezioni politiche generali che, quasi sicuramente, consegneranno il paese alle destre e relegheranno, dopo otto anni, il Partito socialista, diretto erede del vecchio partito unico comunista, all’opposizione. Molto probabilmente i socialisti verranno nell’anonimato delle urne umiliati. Troppa corruzione, gestione allegra della finanza, conti truccati hanno portato in otto anni di governo della sinistra gli ungheresi all’esasperazione. I gabinetti Medgyessy e Gyurcsany, specialmente quest’ultimo che si era presentato ai magiari come l’uomo nuovo della sinistra nata dalle ceneri del comunismo, hanno ridotto il paese alla bancarotta da cui è stato salvato solamente grazie all’intervento del Fondo Monetario Internazionale e dell’Unione europea. Dopo un anno di governo tecnico condotto da Gordon Bajnai la situazione è un po’ migliorata: i conti pubblici sono stati in gran parte risanati, il deficit è tornato a livelli accettabili sotto il 4% ed il fiorino, la moneta nazionale, si è apprezzato del 15% del suo valore sull’Euro dopo più di un anno di caduta libera. Molte attività economiche però hanno chiuso e tantissimi magiari si sono trovati, da un giorno all’altro, disoccupati.
 
Quasi tutti avevano un mutuo da onorare pagando le rate in Euro giacché negli anni spensierati che hanno fatto seguito alla caduta del comunismo, quando il prodotto interno lordo aumentava annualmente con percentuali pari a quelle del “ boom” economico italiano del dopoguerra, tutti pensavano che l’Eldorado non dovesse cessare mai. Così non è stato ed oggi gli ungheresi sono oberati di debiti e la nazione si è chiusa in se stessa. Sono aumentati in maniera esponenziale i suicidi ed è aumentata la voglia di autarchia, di far da soli rifiutando l’Unione europea, considerata a torto come una delle principali cause dell’attuale crisi. Domenica prossima, dunque, gli ungheresi torneranno ad accordare la propria fiducia ai conservatori di Viktor Orban cui consegneranno il premierato. A causa pure della scomparsa dei liberali, protagonisti del morbido passaggio dalla dittatura comunista alla democrazia nel 1989, che con i socialisti di Gyurcsany hanno condiviso le fallimentari politiche del recente governo, i conservatori dovrebbero conseguire un successo di larga portata che però non garantirebbe loro la maggioranza assoluta dei seggi al Parlamento di Budapest.. Giocoforza per governare Orban dovrà allearsi con l’estrema destra nazionalista di Jobbik, accreditata attorno al 15%. E’ questo un movimento molto diverso dalle altre estreme europee anche se, a prima vista, lo si potrebbe ritenere di stampo neo- fascista o nazistoide. Infatti propugna alcuni temi condivisi con i movimenti nazisti d’Europa quali la caccia agli zingari o l’anti-semitismo ma in realtà in Jobbik, la cui ala militarista denominata Guardia Ungherese è stata sciolta d’autorità l’anno scorso perché autrice di gravi violenze di natura razzista, convivono altre anime, che sono maggioritarie, quali quelle che propugnano un ritorno ad un passato, quello dell’Ungheria asburgica, oggi improponibile.
 
L’idea dell’ingiusta pace del Trianon nel 1920 che ha sacrificato in così estese dimensioni solamente l’Ungheria si è fatta strada negli ultimi tempi tra un popolo frustrato ed impoverito dalla gravissima crisi economica: ecco dunque che Jobbik ha esteso il proprio campo d’azione propagandistico alla vicina Transilvania, specialmente nella parte centrale di questa a Nord di Brasov nel cosiddetto Szekely. Qui gli abitanti sono in maggioranza di origine ungherese o sassone ma dall’indomani della prima guerra mondiale queste terre appartengono alla Romania. I movimenti autonomisti siculi, cioè del Szekely, molto vicini a Jobbik avanzano rivendicazioni forti chiedendo a Bucarest un pacchetto d’autonomia pari a quello concesso dall’Italia all’Alto Adige. I romeni della zona si dicono localmente discriminati e chiedono protezione al governo nazionale. Le stesse scaramucce transilvaniche sono già esplose in maniera anche più violenta nelle terre di confine in Slovacchia. Il revanscismo ungherese, prodotto dall’impoverimento della nazione sotto i governi a guida socialista, inizia a preoccupare le nazioni dell’Europa centrale oggi accomunate dalla stessa appartenenza all’Unione europea.

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