Disoccupazione adulta: la congiura del silenzio
di Luchino Galli, blogger e mediattivista
La disoccupazione adulta in Italia è una disoccupazione di massa, da paura, un fenomeno sociale in continua crescita che anno dopo anno coinvolge sempre più persone, sradicando vite, devastando famiglie, dissolvendo percorsi esistenziali.
Nel quadriennio 2010-2013, con l’intensificarsi della crisi economica, la disoccupazione adulta¹ è esplosa; il numero dei disoccupati adulti (tra i 35 e i 64 anni) censiti dall’Istat² è aumentato vertiginosamente: 939.000 nel 2010 (il 44.67% del totale dei disoccupati), 976.000 nel 2011 (il 46.30%), 1'311'000 nel 2012 (il 47,92%), 1.521.000 nel 2013 (il 49%). In particolare nel 2013 i disoccupati adulti, a livello nazionale, non solo avevano quasi eguagliato in termini numerici i giovani disoccupati³, ma costituivano la maggioranza dei disoccupati nel nord e nel centro Italia.
Un fatto nuovo, eclatante, che dà l’idea dell’enormità della disoccupazione adulta e della gravità delle sue ricadute sociali, perché dietro a questi numeri impressionati ci sono persone, famiglie, con le loro storie di disagio, sofferenza, emarginazione.
Nonostante la dura realtà fotografata dai dati Istat, nel nostro paese si continua a identificare la disoccupazione con quella giovanile, sulla quale si accentrano le attenzioni e le “preoccupazioni” di istituzioni, politica e mass media, mentre la disoccupazione adulta rimane una tragedia sottaciuta, condannata a un’impietosa marginalizzazione!
Ma l’enfatizzazione della disoccupazione giovanile e il conseguente misconoscimento della disoccupazione adulta non sono casuali, sono frutto di una precisa costruzione culturale, rispondono a un disegno preordinato: orientare l’opinione pubblica e convincerla che la vera emergenza sul fronte occupazionale sia l'alto tasso di disoccupazione giovanile, e che la gravità della situazione richieda tempestivi interventi legislativi.
Quale miglior opportunità per guadagnare il consenso dell’opinione pubblica e per riformare il mercato del lavoro in nome dell’emergenza occupazionale giovanile? Quale migliore occasione per liberalizzare e deregolamentare ulteriormente il mercato del lavoro, all’insegna di una sempre maggiore flessibilità e precarietà, in modo che le imprese possano disporre di personale a basso costo, ancor meno retribuito e tutelato?
D'altronde, i soldati ideali di questo esercito di utili precari, con “stipendi-paghetta”, non sono forse quei giovani che possono ancora contare sul sostegno economico dei genitori?
Foto: Clementine Gallot/Flickr
¹ La disoccupazione adulta coinvolge i disoccupati dai 35 anni in su, come si evince dal Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2008 dell’Istat: “Sotto il profilo demografico, le classi d’età […] fino a 34 anni, (sono) oramai da identificare come la componente giovanile della disoccupazione”.
² L’Istat rileva il tasso ufficiale di disoccupazione.
³ L’Istat nel 2013 ha censito complessivamente 3'105'000 disoccupati, di cui 1'584'000 tra i 15 e i 34 anni e 1'521'000 tra i 35 e i 64 anni.
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