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Diranno che sei vecchio

Non scrivo davanti a un pc tanto per scrivere: certe cose le ho viste con i miei occhi. Ospedale Umberto I di Roma. Al Pronto Soccorso arriva un’autoambulanza a sirene spiegate.

 

Dal veicolo scende una dottoressa vestita con una tuta mimetica. Dentro c’è una donna ammalata di Covid. Un’altra. L’ennesima. La dottoressa si rivolge all’ufficio accettazione: “Abbiamo una malata di Covid-dice la sanitaria- Ha 97 anni”, conclude. Poi congiunge le mani in forma di preghiera e le muove su e giù, quasi a voler dire: “Adesso ci tocca salvare pure le centenarie dal virus. Questa se non muore oggi, morirà comunque domani”. E’ successo per davvero.

E’ successo di nuovo. Il Coronavirus sta mettendo a dura prova il sistema sanitario nazionale. Sta affollando gli ospedale e sta saturando le terapie intensive, costringendo i medici a fare delle scelte: chi salvare? Purtroppo, proprio come in una guerra, i dottori tendono a dare priorità ai malati che hanno una maggiore aspettativa di vita e a sorvolare sugli ultra-ottantenni, magari già affetti da altre patologie, che hanno l’orologio biologico giunto al tramonto dell’esistenza.

Nei giorni più bui della pandemia, quando negli ospedali lombardi giungevano mediamente 500 malati di Covid al giorno e le terapie intensive era insufficienti, i medici dovevano decidere chi intubare. E la preferenza cadeva sugli ammalati più giovani. Nelle case di riposo abbiamo avuto un vero genocidio di anziani che forse non valeva più la pena salvare? Una situazione deprimente che ha costretto i sanitari a selezionare le vittime, anche se medici e infermieri si sono fatti in quattro per cercare di salvare quante più vite possibili. Tutto ciò non è servito a molto. Lo testimoniano i centomila morti di Covid che abbiano in Italia. Per arrivare a un numero simile bisogna risalire alla seconda guerra mondiale.

E proprio come in uno scenario di guerra, abbiamo visto i camion militari trasportare centinaia di salme nei forni crematori perché nei cimiteri non c’erano più posti. E quei cadaveri erano nella maggior parte dei casi persone vecchie, malate e che non hanno retto al contagio, nonostante gli impegni e la buona volontà dei medici. Tanto diranno che sei vecchio. Diranno che a una certa età forse non vale più la pena di essere curati. Eppure, in questo inferno, ho visto dei miracoli. Come quella donna di 112 anni, sopravvissuta a due guerre mondiali, all’influenza spagnola, a un tumore e adesso anche al Coronavirus. Non è detto che chi è vecchio debba arrendersi all’evidenza dei fatti, né che debba sentirsi condannato.

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