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Dimezzamento delle "finestre" di uscita per le pensioni di anzianità e vecchiaia

Una delle misure possibili per recuperare i 25-27 miliardi occorrenti alle casse dello stato al fine di rimettere a posto i conti, è la riduzione delle finestre di uscita per chi va in pensione di anzianità e vecchiaia; in questo modo si recupererebbero 1,6 miliardi.

Dimezzamento delle "finestre" di uscita per le pensioni di anzianità e vecchiaia

Attualmente sono previste 2 finestre, a gennaio e luglio, che verranno ridotte a una sola, con un’attesa minima di 6 mesi. Questa è l’ipotesi allo studio del governo. Un’altra ipotesi è il blocco, sin da quest’anno, per chi andrà in pensione a luglio, con un recupero immediato di 800 milioni. Inoltre, è prevista, per le pensioni di vecchiaia, (65 anni di età minima per gli uomini) la riduzione delle finestre da 4 a 2 con ulteriore recupero di denaro.

In merito a queste ipotesi, il ministro della funzione pubblica Brunetta dice, confermando la riduzione: "Il ritardo di qualche mese per chi aveva deciso di andare in pensione è un sacrificio? Chiamiamola piccola iattura, ma non mi sembra una cosa insopportabile di fronte a tutto quello che sta succedendo in Europa e in giro per il mondo".



Iattura, la chiama il ministro, cioè sfortuna. Peccato però, che questa "sfortuna" abbia dei colpevoli con nome e cognome. A partire dai parlamentari che si guardano bene dal ridurre i propri privilegi - non considero rilevanti le affermazioni sugli stipendi fatte nei giorni scorsi, perché hanno tutta l’aria di una presa in giro - ovvero eliminare le loro pensioni acquisite con due legislature, cioè 8 anni di presenza in parlamento (si fa per dire, perché i più riprendono il proprio lavoro solo in periodo pre-elettorale) e tutti i bonus che hanno oltre allo stipendio, per arrivare a quegli investimenti fatti unicamente per vanagloria di qualche ministro, tipo l’affare del ponte sullo stretto di Messina, passando per gli “sprechi” degli appalti, condoni fiscali, edilizi, senza fare parola del personale che lavora nei vari ministeri, che guadagna quasi, se non come, i parlamentari stessi e che percepisce pensioni da nababbo.

Ma quello che lascia perplessi è il rapporto tra la pensione a minimo 65 anni, come prevede la legge in corso, e il mondo del lavoro. Come pensano di dare lavoro ai giovani, se si esce dal mondo del lavoro a 65 anni? E come pensano di far fronte alle esigenze dell’industria che, di fatto, tende a dimissionare gli ultracinquantenni? Come pensano di risolvere quella che è a tutti gli effetti, una contraddizione?

Il turnover era un ricambio “naturale” che permetteva l’inserimento nel lavoro dei giovani, ma con lo spostamento dell’età pensionabile, viene a mancare il presupposto concreto perché ciò si possa attuare.

 

 

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