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Diaz: qualche critica al film del momento

Se non esistessero sentenze della Magistratura a certificare gli orrori e gli eccessi epocali del G8 di Genova sarebbe difficile credere possibili gli abusi di potere commessi nel 2001 dalle forze dell’ordine, prima nei locali della scuola Diaz e poi nella caserma di Bolzaneto…

Negli anni successivi sono finiti in tribunale oltre 300 poliziotti. Solo 29 sono stati effettivamente processati. 27 sono stati poi condannati (in appello) per illeciti come lesioni, falso in atto pubblico e calunnia, ma gran parte dei reati sono finiti in prescrizione.

Le violenze sui 93 arrestati, trasferiti nel carcere di Bolzaneto, hanno portato a 44 condanne per abuso di ufficio, abuso di autorità contro detenuti e violenza privata. Ma va aggiunto che quando, durante i titoli di coda di “Diaz”, appare la precisazione che alcuni reati non sono stati puniti solo perché nel codice penale italiano non esiste la fattispecie di “torture”, un brivido corre lungo la schiena dello spettatore, già turbato da una seconda parte di film all’insegna di una violenza gratuita che getta non poco fango su pur nobili divise e su ordini di superiori che a volte interpretano le norme giuridiche in modo discutibile, per assecondare insane logiche distorte, deviate, che sono poi la vera rovina della Istituzioni di questo traballante Paese o di quel che resta di esso, dopo troppi anni di partitocrazia burocratica fondata su finanziamenti pubblici e rimborsi elettorali che gridano vendetta.

Il film presenta molti volti che raccontano storie diverse, dato che a Genova erano giunti ragazzi da tutta Europa. Ragazzi convinti di poter costruire un mondo migliore. E scusate se è poco.

C’è Luca: un giornalista della “Gazzetta di Bologna”, Testata storicamente di centro destra. È uno che vuole toccare con mano i fatti di cronaca, vedere coi suoi occhi quello che sta succedendo.

C’è Alma, un’anarchica arrivata dalla Germania. Insieme a Marco, avvocato del Social Forum, cerca di aiutare i familiari dei “dispersi” nella folla.

C’è Nick, francese, un uomo d’affari. Si trova respinto da tutti gli alberghi, ma è in città solo per partecipare a un seminario di un esperto di Economia.

C’è anche il simpatico Anselmo. Fa il sindacalista, sembra un pacifista ormai anziano che sceglie di rimanere in città e non tornare a casa. Forse per tornare a sentirsi giovane…Sarà tra i primi a essere manganellato nella scuola.

Ma i singoli personaggi non sono così importanti… Nella sostanza ci troviamo di fronte al tipico genere di “Docufilm” oggi di moda, cioè un’opera cinematografica con forti propositi di denuncia sociale, che ha il difetto, a volte, di sembrare l’appendice di un qualsiasi telegiornale, perdendo così per strada quella magia e quella poesia nelle quali si sogna di perdersi e ristorarsi nel momento stesso dell’acquisto di un biglietto del cinema.

Va subito detto che a volte il pur bravo Vicari ha il torto di voler strafare, attraverso una particolare tecnica di montaggio che vorrebbe mettere a fuoco i momenti cruciali visti da punti di osservazione psicologica differenti, se non opposti. Invece finisce per creare una bizzarra sovraesposizione delle medesime sequenze, che confondono e appaiono comunque non necessarie, se non fastidiose.

Il film inoltre, che poggia il suo baricentro sull’irruzione violenta nella scuola (non era meglio farne l’incipit in medias res?) e vive il suo climax nelle micidiali sevizie commesse su ragazzi inermi, picchiati, portati in caserma, dove sono stati denudati, umiliati e offesi (perché?), non appare costruito in modo equilibrato.

Se nella seconda parte c’è fin troppa azione e violenza, nella prima la regia si sofferma troppo sulle vicende minimali di personaggi senza il necessario carisma, mentre trascura il vero “punto di non ritorno” di quel tristemente noto G8 genovese e cioè la morte del giovane Carlo Giuliani.

Inoltre non approfondisce il profilo psicologico criminale di chi davvero fece la storia di quella guerriglia urbana seguita dai media del mondo intero e cioè i cosiddetti “black block”.

Ci dicono che si tratta di cani sciolti che sono soliti infiltrarsi nelle manifestazioni col solo fine di provocare disordini e scontri capaci di gettare nel caos intere città. Terroristi, insomma, che forse hanno l’unico scopo di vivere il classico quarto d’ora di celebrità con qualsiasi mezzo, per alimentare un ego ipertrofico ed evidentemente malato e di riflesso riscattare i fallimenti delle loro esistenze, un po’ come accade(va) per molti gruppi ultrà in ambito calcistico.

Ma i dubbi restano, perché molti credono invece che dietro i black block vi sia una strategia della tensione ben precisa.

Un’ultima dolente annotazione: i registi italiani ci sembrano pieni di passione, indubitabilmente impegnati, ma con tutta la buona volontà non riusciamo a intravedere i bagliori di quel talento cristallino che pure dovrebbe caratterizzare un artista di alto profilo. E questa è una considerazione di ordine generale.

Ricordiamo, nel cast, la presenza di Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini, Ralph Amoussou, Fabrizio Rongione, Renato Scarpa, Mattia Sbragia, Antonio Gerardi, Paolo Calabresi, Francesco Acquaroli, Alessandro Roja, Eva Cambiale, Rolando Ravello, Monica Birladeanu, Emilie De Preissac, Ignazio Oliva, Camilla Semino.

Tutti superano la prova, ma la sensazione è che potessero dare qualcosa di più.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.230) 19 aprile 2012 13:35

    Concordo in parte con la critica al film nel senso che il limite del progetto di Vicari sta forse essenzialmente nel tentativo (comunque difficile e di questo bisogna dargliene atto) di manterere il racconto nei limiti della cronaca giudiziaria da un lato e dall’altro accennare una tesi indimostrata, ovvero quella dell’esistenza di una regia politica che agì sulle Istituzioni con lo scopo di punire il movimento no global anti G8. Forse si poteva analizzare meglio il meccanismo della linea di comando e i personaggi che determinarono certe decisioni folli. Certo non siamo ai livelli del cinema impegnato di Petri o Rosi, mancano le espressioni uniche di G.M. Volontè, ma credo che nel panorama limitato del cinema di denuncia italiano degli ultimi 15-20 anni il film Diaz possa segnare un punto positivo, se non altro per aver rilanciato un genere che pareva essere stato definitivamente relegato in un angolo soffocato dalla commedia e dal comico demenziale. Un pò di merito credo vada anche all’intuito di Procacci, per aver creduto nel progetto e per aver osato realizzare un film abbastanza scomodo dato che le ferite di quegli eventi bruciano ancora e reclamano la punizione dei responsabili (che mai ci sarà). Ci vorrebbero altri dieci film come questo per raccontare a dovere quel periodo caldo che precedette il G8 e il dopo, fino all’evento che di lì pochi mesi avrebbe segnato il cambiamento di un’era, l’11settembre 2011.

  • Di (---.---.---.76) 19 aprile 2012 17:34

    2001, certo.

    Devi dire che ho ricevuto alcune mail private di commento a questa recensione, alcune piuttosto dure, evidentemente questa faccenda del G8 genovese del 2001 è rimasta ben presente nell’inconscio collettivo e tocca ancora qualche nervo scoperto...

    Capire non è semplice ma parlarne doveroso ragazzi.

  • Di (---.---.---.76) 19 aprile 2012 17:35

    Ops non ero loggato, sono l’autore del pezzo.

  • Di (---.---.---.141) 21 aprile 2012 23:23

    sono uno di quelli che a Genova in quei giorni c’era e ci ha lasciato parecchio.

    Io me la sono cavata con qualche ferita, gli occhi che sembravano esplodermi dalla testa per via del CS (un’arma che in guerra è vietata dalla convenzione di Ginevra ma si vede che su di noi andava benissimo), ma un mio amico si e trovato la clavicola spezzata in 3 punti e ancora oggi non riesce a prendere in braccio la sua bambina perché non ha più sensibilità al braccio sinistro.
    Non avevamo armi e non volevamo fare la guerra ma ci hanno massacrato lo stesso.
    il film non mi è piaciuto. Sembra dipingere gli organizzatori del forum come dei poveri fessi che non sapevano che facevano e i poliziotti come degli stressati che alla fine hanno reagito.
    non si vede nemmeno uno dei veri artefici della cosa e i nomi dei colpevoli non sono citati. io che lo so ho visto nel misterioso uomo cattivo che arriva da Roma il prefetto Arnaldo la Barbera (deceduto) ma dove sono Fini, Scajola, de Gennaro, Manganelli, tutti presenti nella realtà ma nascosti nel film. Non si volevano scomodare i vivi? 
    Genova è una ferita ancora aperta, non solo perché non ci sono colpevoli ma perché fa riflettere sul fatto che alla fine la polizia è rimasta quella di sempre, quella degli anni 60 e 70. 

  • Di (---.---.---.242) 20 maggio 2012 01:45

    Ho trovato Diaz una grande occasione persa . Un film senza coraggio . 

  • Di (---.---.---.154) 18 giugno 2012 23:48

    Cero anche io a Genova ma per i fatti miei non ero alle manifestazioni , non ho partecipato alle manifestazioni ero da un amica arrivato da Roma per farmi i cavoli miei al mare . Mi sono trovato in mezzo la sera vicino la stazione Brignole . Ci ha fermato una volante per controlli me e la mia amica e un altro nostro amico del posto . Mi hanno chiesto in malo modo i documenti e mi hanno fatto storie dicendo tu sei di Roma e quei tatuaggi cosa sono e blablabla .Forse fortuna ,caso del destino dopo una discussione caduta da ah sei un ultra sei venuto qua a spaccare tutto siamo arrivati a pacifiche discussioni sulla Roma .Fatto sta che questo quanto mi disse quella guardia di non girare di sera perchè avevano ordine di fermare chiunque . Inizio li dissi be scusa ma chi mi proibisce di girare in strada se non faccio nulla che starmene in un bar oppure in un locale questo mi dissi di dargli retta e me lo disse in modo che altro con lui non sentisse .Restituirono i documenti e ci lasciarono stare . Mattina dopo me ne andai da genova e dopo ho saputo quello che successo e sono inorridito .Ho visto il film e sono leggermente sconvolto aldila’ delle critiche e tutto per me rimane un pugno nello stomaco oltre un senso di nausea se penso che per niente sarei finito a Bolzaneto e io vivo in periferia quartiere piuttosto violento ne ho viste di tutti i colori ma se finivo in quella situazione credo che sarei uscito di testa completamente .Perchè quando vieni umiliato azzerato come persona e non hai via di fuga con gente senza rispetto per se stessi e altri oltretutto forze dell’ordine ti distrugge psicologicamente più che le mazzate che prendi .....

  • Di (---.---.---.154) 19 giugno 2012 00:00

    E non vorrei il mio commento sembrasse un modo per giustificare le guardie come perdire cera anche il buono . Io credo stata solo fortuna o destino . Non giustifico le guardie visto le ho prese allo stadio parecchie volte e anche per altre ragioni di quartiere non inerenti la politica . Nel film si omette di dire anche che prelevavano chiunque non solo chi ha partecipato alla manifestazione .Oltre che mio avviso chi dovrebbe pagare non sono solo la monovalanza ma anche i mandanti i funzionari e i politici che stavano dietro le quinte . Giusto solo precisare per il commento precedente .

  • Di (---.---.---.97) 9 luglio 2012 11:07

     Non c’è critica che possa sminuire l’impegno, la riflessione,la denuncia nei confronti della violenza...Produttore,regista,sceneggiatore,attori hanno il merito di essere strumenti per supportare i nostri giovani a credere in un mondo migliore e guai ad eliminare questo obiettivo dell’esistenza...Fare del bene, sostenere una giusta causa è una strada in salita, perciò faticosa, ma l’unica ad elevare lo spirito dell’umanità...

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