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Diario Italiano: non è un paese per poveri

Primo articolo di una serie dedicata agli italiani all'estero. In diretta da Birmingham, seconda città più popolata dell'Inghilterra, gli scenari dell'emigrazione italiana in terra straniera, e più precisamente britannica.

"L'Inghilterra medievale non ebbe nobiltà, nel senso francese o tedesco della parola. Vale a dire, tra gli uomini liberi non si costituì nessun gruppo di essenza superiore, dotato di un diritto speciale trasmettentesi attraverso il sangue. Struttura, in apparenza, singolarmente egualitaria! A ben guardare, essa poggiava tuttavia sull'esistenza di una frontiera gerarchica eccezionalmente dura, se pure situata più in basso. Infatti, nello stesso momento in cui, dovunque, la casta dei nobili si elevava al di sopra della massa sempre più grande della popolazione qualificata come "libera", in Inghilterra, invece, la nozione di "servitù" si estendeva talmente da colpire la maggioranza dei contadini. Sul suolo inglese, il semplice freeman non si distingueva in via di diritto dal gentiluomo; ma gli stessi freemen costituivano una oligarchia".

 

Birmingham - Questo Marc Bloch sull'Inghilterra (Marc Bloch, La società feudale, Einaudi). Terra delle libertà costituzionali, dell'abbattimento non propriamente glorioso dell'assolutismo monarchico (Guglielmo III d'Orange contro Giorgio II, bell'affare); ma anche terra dell'Anglicanesimo e dunque del potere - quello di Enrico VIII - che giustifica se stesso rileggendo le proprie azioni come un beneficio per il popolo, e non per chi lo governa. Iniziamo questo racconto in diretta proprio dal potere, quello che già a cavallo tra cinque e seicento caratterizzava i paesi protoindustriali come Inghilterra e Fiandre: il potere economico.

Chi parte lascia inevitabilmente dietro le spalle un pezzo di sé. Partire per l'Inghilterra comporta però un salto, quello verso la mentalità anglosassone, che non sempre è facile decrittare. Il popolo inglese è tendenzialmente piuttosto cordiale e disponibile, a meno di trovarsi nella City di Londra. Lì, se ti sei perso, sono problemi tuoi. Vagando per le contorte strade del centro di Birmingham, le note stonate appaiono però tra i dettagli, continuando a depositarsi fino a trasformarsi in schemi verificabili. L'Inghilterra - lo si dice nel titolo - non è un paese per poveri. Nella città spazzata dai venti e dalle piogge, i sottopassaggi non di rado ospitano senzatetto alla ricerca di un riparo in una natura che sembra continuamente ostile. Non i barboni ai quali siamo abituati, emarginati ai bordi del tessuto sociale: uomini che penseremmo facilmente integrati, a volte anche giovani. Chiedono qualcosa, ma più che altro fuggono da qualcosa, quel senso di minaccia che pesa anche sulle spalle di chi giunge nel paese come newcomer, con l'etichetta ovunque infamante di immigrato.

Che l'Inghilterra non sia un paese per poveri, lo conferma l'incontro con le istituzioni che dovrebbero essere adibite a rendere più tollerabile la solitudine di chi è eroso dentro dalla spirale della disoccupazione. Non a caso un genio come Joanne Rowling ha fatto un capolavoro degli anni di esperienza a contatto con i servizi sociali britannici, massacrati nel suo Casual Vacancy. E ora è facile comprendere per quale ragione. Due esempi possono dare l'idea di quello che significa non avere denaro in Gran Bretagna. In primis le banche. Beh - si dirà - dell'etica degli istituti di credito sappiamo bene. Questa forse però sarà nuova.

Il lato negativo di lavorare come giornalista è che purtroppo alcune cose le si sanno. Si sa bene che la celeberrima Barclays passa da uno scandalo all'altro (l'ultimo una maxi-multa da 470 mln di dollari); si sa che assieme a Citibank e Royal Bank of Scotland è coinvolta in un ulteriore indagine. Si sa, insomma, che con le banche commerciali non si scampa. La scelta dovrebbe allora andare sulle cosiddette banche etiche, che non investono in armamenti, OGM e altri campi moralmente discutibili. 

È così che ho optato per la Co-operative Bank, leader del settore, recentemente ricapitalizzata e sicura per quanto riguarda gli investimenti. Mi ci reco, e qui la prima sorpresa. Ad "accogliermi" è una piccola e graziosa burocrate accidiosa, che educatamente mi da dello straccione, spiegandomi che a prova dell'indirizzo non basta un contratto di affitto, se questo non ha come controparte un'agenzia riconosciuta. Di qui una certa insoddisfazione: essere trattati in maniera peggiore di quanto accadrebbe in una comune banca da personaggi che si riempiono la bocca di filantropia scaduta, oltretutto per quella che nel nostro paese è una formalità: aprire un conto corrente.

Il principio del conto corrente è semplice: io do i soldi a te che li gestisci come vuoi, però me li ridai indietro. Da ciò che guadagni trai il tuo profitto, quindi puoi non chiedere interessi a me, correntista. Se non ci riesci, il problema è tuo, il manager che arriva in ritardo, fa cadere il caffé su un computer da migliaia di sterline e poi per scusarsi rutta l'hai assunto tu - banca - non certo io. Questo principio, sia chiaro, non vale nulla in Inghilterra.

Di conseguenza, mi reco all'interno di uno degli istituti finanziari più celebri del mondo anglosassone, la HSBC. Anche qui, però, mi si fa notare che non basta il tenancy agreement, e in mezzo agli "unfortunately" anche la HSBC mi saluta graziosamente con la manina. D'altronde, il foglio relativo ai documenti necessari per aprire un conto parla chiaro: "Tenancy Agreement from council or reputable letting agency". Altrimenti si può chiedere una lettera al datore di lavoro. Poi se per farsi accreditare lo stipendio serve un conto, per avere un conto serve un lavoro, per avere il lavoro serve la tessera sanitaria e per avere la tessera sanitaria serve un lavoro, la risposta è semplice: "cose che succedono".

Lasciando stare che essere trattati più cortesemente dalla signora della HSBC (accusata di riciclaggio di denaro sporco) che dalla ragazzina della Co-op. Bank non ha prezzo, il punto centrale di oggi rimane quello del lavoro. È qui che si raggiunge il fondo, nonostante l'indubbia superiorità del sistema inglese dei centri di collocamenti rispetto a quelli italiani, totalmente insignificanti.

Alla base di tutto ci sono quelli che vengono definiti Job Center Plus, gestiti più o meno direttamente dal governo britannico. Dopo ore di vagabondaggio in cerca del Job Center di Birmingham, di corsa per arrivare prima della chiusura dell'ufficio, una delle città con il più alto numero di disoccupati d'Inghilterra ci accoglie fredda ben oltre il più alto grado del cinismo. Entriamo - io ed un amico - e quello che ci viene detto è che l'appuntamento va preso online. Chiediamo altre due o tre informazioni, ma la nostra presenza è fastidiosa.

Anzi, se appena fatto possiamo uscire - ci fa cenno un altro addetto - faremmo bene. Dentro non si può stare, dobbiamo andarcene. Due minuti scarsi, e siamo i fortunati ad avere un po' di risorse per resistere per qualche tempo. Un disoccupato senza famiglia - mi viene da pensare - si troverebbe attaccato ad una trave in qualche settimana, se questo è il disprezzo che deve pagare, come un obolo, di fronte alla propria oscena improduttività. Almeno non consuma aria, quel perdente.

Che non sia un paese per poveri - infine - ce lo conferma l'altra signorina beneducata che risponde al di là della cornetta, quando dopo una sempre beneducata pausa per il weekend, è possibile chiamare il numero necessario per comprare il rispetto dell'autorità locale. La voce - glaciale - chiede informazioni meccanica, scandendo il tempo come un orologio, ripetendo stizzita quelle due o tre informazioni che perdo - pezzente - e non afferro subito come si addice ad una persona che non fa sprecare tempo agli altri, molestandoli con la propria ignoranza.

Non è un dialogo, è un meccanismo che scatta ripetutamente tra domanda e risposta, come se al di là della cornetta ci fosse un robot (e probabilmente è così, anche se lei non se n'è accorta, poverina). Finito d'infastidirsi, l'automa mi comunica che verrò contattato tramite posta quando sarà il mio turno di chiedere l'elemosina di un diritto basilare alla mia autorità così ferocemente misericordiosa. Riattacco, augurandole di sparire in qualche miliardo di molecole.

Forse un giorno questa fantomatica ed evanescente autorità si accorgerà che con le scuole per bambini che offrono "la strada per il successo!" non si migliorano le condizioni di un popolo. Magari quel giorno capirà anche perché questi adepti della via per il successo li si ritrova di notte a bere fino alla nausea. Almeno avrebbe un motivo per smettere di mandare politicanti foto-copia, indistinguibili l'uno dall'altro, a ciarlare in televisione sul nulla.

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