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Decreto Romani, prove tecniche di censura

Il nuovo Decreto Romani è certo ?migliore’ rispetto alla bozza contestata dai blogger e dal popolo della Rete ma non convince ed è a dir poco deludente. Sono molte le ambiguità contenute nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri che lascia comunque all’Agcom, l’autorità garante per le garanzie nelle comunicazioni il ruolo di "arbitro". A Giuseppe Giulietti di articolo21.org (intervistato ieri durante la protesta davanti ai cancelli Rai a via Teulada) questo decreto non piace. Proviamo quindi a capire quali sono i punti dubbiosi del provvedimento.

Decreto Romani, prove tecniche di censura

 
L’articolo 4 del testo dà una definizione di “servizio media audiovisivo” ed elenca una serie di categorie non soggette agli obblighi posti dal decreto. In particolare per servizio media audiovisivo si intende la radiodiffusione (televisione analogica e digitale), il livestreaming, il webcasting (tv su internet), e video on demand. Mentre non rientrano in questa definizione i servizi che esercitano attività non economiche e che non entrano in concorrenza con la radiodiffusione televisiva. Sono esclusi poi:
  • la posta elettronica (solo l’idea di chiedere il permesso per mandare un video per mail fa rabbrividire, ma chi ha composto il testo ha pensato di specificarlo)
  • servizi che non forniscono programmi, e nei quali il servizio audiovisivo sia puramente incidentale rispetto all’attività principale e qui il testo inserisce ulteriori dettagli intendendo per questi ultimi:
    • giochi in linea
    • motori di ricerca
    • versioni elettroniche di quotidiani e riviste
    • servizi testuali autonomi
    • giochi d’azzardo

Sui siti che non esercitano attività economiche e che non fanno concorrenza alla radiodiffusione televisiva, non si sa quali sono i criteri qualitativi che stabiliscono se un videoblog, o una qualunque piattaforma possa o meno togliere pubblico alle trasmissioni televisive. Non è chiaro inoltre se un sito in grado di raccogliere una cospicua somma di denaro rientri o meno nelle attività non economiche.

Come fa notare Guido Scorza su Punto Informatico, il modo in cui è stato definito il termine media audiovisivo, cioè escludendo alcuni servizi «è una tecnica di normazione assolutamente inadeguata alla materia di cui si tratta: la tecnologia va più in fretta del legislatore — scrive Scorza — ». L’avvocato quindi ipotizza che si evolva ad esempio il “video-twitter“: «occorrerà provare a collocarla in una delle categorie escluse» Ma se non rientra nei requisiti occorrerà «qualificarla come “servizio media audiovisivo” con ogni conseguenza per il suo gestore». Già, i gestori.

Il decreto Romani, deve per adattarsi alla direttiva europea Avms, sui contenuti audiovisivi, e «quello che c’era di buono nella direttiva — ricorda l’avvocato Scorza dalle pagine di Punto Informatico — non è stato importato». Infatti per i gestori, o meglio i siti intermediari come Youtube che distribuiscono contenuti amatoriali e professionali il testo non fa alcuna citazione e non esclude la «responsabilità degli intermediari della comunicazione». Che tradotto vuol dire che le piattaforme di condivisione dovrebbero rispondere dei contenuti inseriti dagli utenti. La sentenza sulla condanna di Google sta facendo discutere molto in merito ed ha aperto un acceso dibattito in Itala e fuori dai confini nazionali. Di questo passo, se le piattaforme continuano ad essere chiamate in causa dai giudici per i contenuti immessi in rete dagli utenti, sottoponendosi così a responsabilità editoriali televisive non potranno invece che porre loro dei limiti a chi usufruisce dei loro servizi, burocratizzando di fatto la Rete, o — nel caso più estremo — chiudere.

Commenti all'articolo

  • Di maurizio carena (---.---.---.230) 4 marzo 2010 12:38
    maurizio carena

     il principio della orwelliana "responsabilita’ delle piattaforme di condivisione e degli intermediari in genere e’ l’esatta antitesi della "net neutrality", il principio cardine che ha permesso lo svilippo di internet e che ne e’ la sua stessa filosofia.

     il vergognoso decreto Romani seppure depurato degli iniziali propositi apertamente censori (responsabilita’ penale per OGNI video caricato nel web...!!!) e’ una legge "ad excludendum", quindi un provvedimento tipicamente illiberale e anzi fascista.

     L’infame Romani e il suo regime dicono: "tutto cio’ che NON rientra nella LISTA da noi compilata e’ un SERVIZIO MEDIA AUDIOVISIVO"; esattamente come in occasione dell’infame legge sull’editoria del 2001e dell’infame tentativo (poi abbandonato) di far rientrare nella definizione (governativa) di PRODOTTO EDITORIALE ogni blog del web, sottoposto alla legge sulla stampa del 1948 (n47).

     Questo e’ cio’ che la casta al potere tentava ieri e tenta di fare oggi ovvero CENSURARE la rete e non si tratta del"caso piu’ estremo".
      Chiudere la rete (censurarla, regolarla) e’ l’opzione standard, di default, di ogni provvedimento legislativo di quei bastardi che si fanno chiamare "onorevoli" e che odiano, odiano, odiano internet, ma non ne sanno un cazzo e non sanno come fare a censurare. Sono dei vecchi degenerati, tanto fascisti quanto penosamente patetici nei loro goffi e ridicoli tentativi di censurare l’incensurabile.

     Non sono "onorevoli", sono solo la feccia d’Italia. Sono un Parlamento di speculatori, evasori fiscali, faccendieri, corrotti, camorristi, prostitute, ladri, bugiardi, guerrafondai, prestanome dei veri padroni del vapore, che agiscono ditro le quinte e hanno il vero potere, quello economico.
     E si guardano bene dall’andare sul web. Ci vanno solo se costretti dai loro spin doctor, per calcolo politico e si fanno disattivare i commenti, come il papa su You Tube.
     Se vanno in rete vengono coperti da sputi e insulti, cosi’ come non possono andare per strada senza i loro gorilla prezzolati e le loro auto blindate.

     LA GENTE LI DISPREZZA E LORO ODIANO L’OPINIONE PUBBLICA, LA GENTE.

     PER QUESTO ODIANO INTERNET , E VORREBBERO CENSURARLA IN QUALUNQUE MODO.
     Internet permette l’informazione e organizza il dissenso. E che il principale nemico della casta ovvero la societa’ civile possa informarsi, capire, organizzarsi, e’ questa un catastrofe che va evitata a qualunque costo.
     Per questo l’infame Romani, che ha segato le gambe agli 800 milioni millantati per la banda larga, ha poi ha apposto la sua infame firma a questa infame legge che se non censura completamente il web e’ solo perche’ non ci riesce e non perche’ gliene manchi l’intenzione.
     Ma ci riproveranno, quei DELINQUENTI POLITICI.
    saluti
     

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