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 Home page > Tribuna Libera > Dario Fo: fine di un’epoca o nuovo Rinascimento?

Dario Fo: fine di un’epoca o nuovo Rinascimento?

​Sono passati solo pochi giorni dalla scomparsa dell’immenso Dario Fo, personaggio eclettico dalla personalità avvolgente del panorama teatrale e televisivo italiano, eppure la sensazione che si respira in questo particolare momento storico appare diversa, come se non si trattasse semplicemente della sparizione di un artista famoso ma qualcosa di più grande, come se questa mancanza risultasse più ridondante e la ferita più profonda di quanto potrebbe essere.

La domanda appare quindi spontanea: perché tale sensazione di smarrimento?

Forse perché per la generazione dei miei genitori e per la stessa mia generazione che ha avuto la fortuna, seppur in maniera diversa, di conoscere e sentire parlare queste personalità è come se si fosse chiuso un ciclo, come se fosse terminata un’epoca particolare, ricca di contenuti e di guerre spirituali, piena di note singole dagli echi mondiali, invasa di progetti diversi e di interesse nel cambiare qualcosa del mondo. Un’era incentrata sul valore del capitale umano e non sul capitale in senso stretto e che, adesso, rischia di svanire ed essere dimenticata, nella quale Fo potrebbe essere accompagnato da altri grandi come Gaber, Iannacci e De Andrè.

Dario Fo risulta essere solo l’ultimo anello di questa lunga catena di personaggi del panorama italiano mancati negli ultimi anni, che potrebbero essere associati ad una comune intenzione di immaginare un riscatto sociale nelle coscienze della classe operaia e, forse, anche borghese italiana. Questi nomi, famosi per opere, discorsi e pensieri critici fuori dagli schemi, paiono essere a "rischio dimenticatoio" con l’ultimo saluto del premio Nobel per la letteratura (1997 – Stoccolma), forse per via del costante avanzamento della cultura 2.0 nata sul web e incentrata su fotogrammi da cliccare e visualizzazioni su cui creare un business.

Si potrebbe sintetizzare come il passaggio dall’arte poetica e letteraria del Novecento, trascinante ed appassionante, alla liquidità e fumosità dell’era digitale. Questo stesso modus operandi, che ha fatto sì che le persone siano troppo connesse al mondo virtuale e poco al mondo esterno, potrebbe portare ad una società attenta all’immagine ma superficiale nei contenuti.

Questo anche a causa della scomparsa di leader culturali carismatici capaci di influenzare un pensiero più “lento” e profondo.

Il timore e la sensazione di smarrimento che ne conseguono nascono quindi non solamente dalla scomparsa di personaggi del calibro di Fo, ma anche e soprattutto dal rischio che possano non nascerne di simili.

Tuttavia, nonostante l’attuale situazione dello scenario intellettuale e culturale italiano possa apparire più cupa ad ogni dipartita di un “mostro sacro” del secolo passato, non è detto che il futuro non possa riservare piacevoli sorprese: la storia insegna che la creatività e il genio italico sono spesso stati in grado di rispondere ai periodi bui con maestria e Bellezza.

L’augurio è quindi quello di poter rivivere, non troppo tardi, un Nuovo Rinascimento.

 

Un intellettuale integrato, poverino, io lo capisco: è uno che legge dentro le righe e capisce quello che succede molto più degli altri. Capisco che se non è artista, se non riesce a trasformare quello che capisce in qualcosa d'altro che arriva ancora meglio, deve integrarsi: l'artista è un anticorpo che la società si crea contro il potere

Da “Fabrizio De Andrè. Una goccia di splendore. Un'autobiografia per parole e immagini”

 

 

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