• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Da cosa fuggono gli eritrei? Dai gulag dell’Asmara alle scogliere di (...)

Da cosa fuggono gli eritrei? Dai gulag dell’Asmara alle scogliere di Ventimiglia

Li chiamano profughi o migranti. Qualcuno, direttamente, clandestini. È un buon sistema per mettere tutti nello stesso mucchio, aumentare i numeri e alimentare le paure.

Gli eritrei che fuggono dal loro paese-gulag (5000 al mese!), molti dei quali in queste ultime settimane hanno popolato le scogliere di Ventimiglia prima di essere sgomberati e le stazioni ferroviarie di Roma e Milano in cerca di un modo per uscire dall’Italia, sono richiedenti asilo che necessitano di protezione internazionale. Fino allo scoppio del conflitto in Siria, costituivano la popolazione rifugiata più numerosa al mondo in rapporto a quella paese di origine.

Cosa è l’Eritrea, oltre ai rapporti di Amnesty International e di altre organizzazioni per i diritti umani, lo ha spiegato la scorsa settimana la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sull’Eritrea, in un voluminoso rapporto di 484 pagine.

Le conclusioni della Commissione sono agghiaccianti: il governo eritreo è responsabile di massicce e gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di una popolazione “controllata, ridotta al silenzio, isolata, vittima di abusi, sfruttata e ridotta in schiavitù”.

Nei 22 anni d’indipendenza, l’Eritrea è diventata uno stato-prigione in cui ogni tentativo di opposizione viene stroncato e punito col carcere e con la tortura (nella foto, la ricostruzione di una tecnica di tortura fatta da un ex prigioniero). La libertà di credo religioso è permessa solo alle confessioni autorizzate e non si estende ai cristiani evangelici e ai pentecostali (ecco cosa succede ai cristiani in fuga), il servizio di leva è obbligatorio e a tempo potenzialmente indeterminato, traducendosi spesso in lavori forzati.

I prigionieri politici sono diverse migliaia, lasciati a languire in carceri isolate, in celle sottoterra o in container in mezzo al deserto. Centinaia di famiglie non sanno dove siano detenuti i loro congiunti, né se siano ancora vivi. Alcuni parenti che hanno osato chiedere notizie sono stati a loro volta arrestati.

La morsa del potere si estende anche oltre-confine, attraverso la criminalizzazione dei rifugiati (lasciare il paese senza autorizzazione è considerato un reato), l’infiltrazione di spie e informatori all’interno della diaspora e le rappresaglie nei confronti dei parenti rimasti in patria.

Di fronte a questa situazione, la reazione dei governi europei rasenta la complicità. In passato, il Servizio per l’immigrazione della Danimarca ha pubblicato un incredibile rapporto che descriveva la situazione dei diritti umani “non così male come è stata descritta”, spianando la strada al “ritorno in condizioni di sicurezza” dei richiedenti asilo eritrei, fortunatamente sospeso nel novembre 2014.

La diplomazia e l’imprenditoria italiana proseguono, senza farsi troppi problemi, lo speciale rapporto di amicizia con l’Eritrea.

Sarebbe bene, ogni volta che un giornalista prepara un servizio sulle scogliere di Ventimiglia, sulle stazioni ferroviarie delle città italiane o sui luoghi di approdo del sud del nostro paese, ricordare che quelle persone fuggono da un paese repressivo sostenuto dal governo italiano.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità