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Da Berlusconi a Monti: un esecutivo che crea dissensi

La questione lavoro genera nel governo un continuo piagnisteo, condito da minacce (più o meno velate) e lamentele di vario genere che ci restituiscono un esecutivo incapace dal punto di vista amministrativo e impreparato da quello mediatico. Anche SuperMario è sempre pronto a cantar dolori per incutere paura negli ormai rassegnati sudditi del sistema delle caste. Ma c'è un'emergenza sociale a cui un governo di privilegiati non può prestare ascolto.

Settimane di passione per un governo destinato probabilmente ad una fine prematura. L'incapacità dei professori è ormai palesata in tutta la sua grandezza: è un esecutivo che rimane sordo alle legittime rivendicazioni di un popolo fiscalmente salassato come nessun altro. Dietro l'immensa mole di balzelli, da corrispondere ad una classe dirigente inetta e fiera dei propri irrinunciabili privilegi, non c'è niente da recriminare: chiunque vanti diritti, farebbe bene ad abbassare i toni.

L'arroganza di un'Elsa Fornero, convinta di poter approvare una riforma del lavoro anche senza il consenso delle parti sociali, è lo specchio di un governo Monti nato per tutelare interessi che non sono certo quelli degli italiani, ormai ridotti al rango di contribuenti. 

Accise, IMU, IVA sono le armi di distruzione delle masse che contribuiscono ad accrescere l'impopolarità dell'esecutivo meno legittimo della storia repubblicana, nonostante i tentativi di sdoganamento che la stampa e le tv pongono in essere quotidianamente. 

I soliti mezzucci (ormai arcinoti) per controllare le masse sono ormai un must quotidiano dell'azione di governo: adesso, il vecchio Professore di via Sarfatti, lascia intendere che potrebbe concludere anzitempo la propria esperienza a palazzo Chigi, perché il paese non è pronto ad un'azione di governo così incisiva come solo un politico travestito da accademico poteva azzardare. Ovviamente sta bluffando, lo ha capito anche Bersani (PD) che non si lascia impressionare dalle parole del Premier e si preoccupa più della coesione del suo partito che non della sostanza della riforma del lavoro.

In volo per Seoul, dove ha partecipato ad incontri istituzionali, il premier cita Andreotti prendendo le distanze dalle affermazioni del Senatore: non ha intenzione di "tirare a campare", il Professore. Piuttosto preferisce lasciarsi morire di un'eutanasia in cui dovrebbe essere il Parlamento ad assumersi la responsabilità di staccare i fili ad una perversa creatura morente che ha devastato la società civile nel morale prim'ancora che nelle tasche, offendendo quasi quotidianamente un popolo che non ha avuto possibilità di scegliere da chi farsi governare.

Meglio Berlusconi? Non sia mai. Meglio sarebbe stato un Presidente Napolitano con gli attributi non avviziti che si fosse preso la responsabilità di mandare il paese alle urne in un momento in cui mr.Bunga -Bunga era al minimo storico della popolarità, condannandolo ad una probabilissima sconfitta elettorale sull'onda emotiva provocata dal clima di cambiamento che aleggiava nei giorni delle dimissioni di Papy Silvio. A nulla valgono gli umori disfattisti del "tanto sarebbero stati rieletti gli stessi", se non a giustificare la volontà di rimanere ancorati a logiche che stanno conducendo il paese alla rovina.

Persino il principino Alfano, erede designato dal Re di Arcore, si getta nell'agone e rilascia dichiarazioni che lasciano intendere come, dal 16 novembre scorso non sia cambiato molto, nonostante i proclami ed il finto ottimismo dei soliti noti teorici del sacrificio e dell'indispensabile. Secondo l'ex guardasigilli la riforma del lavoro è possibile se la stessa sarà una riforma meditata, altrimenti meglio rimanere con precariato fisiologico e stagisti per la vita. 

Certo, è innegabile che da una forza che (in teoria) eredita il patrimonio culturale del glorioso P.C.I., ci si sarebbe aspettato un discorso volto a sostenere maggiormente le ragioni dei lavoratori, arroccati dietro le garanzie rappresentate dallo statuto. Ci si sarebbe attesi qualcosa di "sinistra" insomma, in luogo dei siparietti finto antagonisti del PDL a base di birrette e bambole da pettinare.

E invece anche il giglio rampante Matteo Renzi, bolla l'articolo 18 come "un totem ideologico". Detto da un imprenditore che vive di politica, l'affermazione suona come l'ennesimo sberleffo della classe dirigente e contemporaneamente vale da legittimazione per tutti coloro i quali difendono strenuamente la norma in questione, nell'animo e nella sostanza.

La CGIL, per bocca di Susanna Camusso, riconosce una sovranità parlamentare che renderebbe sereno il paese anche contro le minacce di dimissioni avanzate da Supermario, tralasciando di ricordare che, salvo qualche eccezione, l'attuale parlamento è complice di un tentativo di instaurazione di un vero e proprio regime finanziario dove il popolo è più suddito che sovrano. La serenità di cui parla la Camusso non è certo quella di chi, nella prossima busta paga, troverà addizionali sempre più incisive: la tassazione dei redditi da lavoro non è certamente proporzionale ai servizi che lo stato dovrebbe erogare. Nonostante i mass media stiano (logicamente e colpevolmente) allentando l'attenzione sulla protesta NO TAV, il rischio di disordini sociali è sempre più in agguato e potrebbe concretizzarsi nel corso delle prossime manifestazioni di piazza che vedranno impegnate le parti sociali in una stagione di protesta.

L'unica voce di dissenso, l'unica sigla a non essersi mai calata le braghe davanti all'arroganza dei supplenti è rappresentata dalla FIOM che tuttavia non riscuote (chissà perché!) alcun successo mediatico nella sua lotta contro l'ormai imminente riforma del lavoro, considerata iniqua e non idonea a produrre quegli effetti di sviluppo auspicati. 

E' difficile fare previsioni in un simile contesto. Di certo la premiata macelleria sociale Monti non ha alcun interesse a salvare capra e cavoli: pur di garantire ai creditori dell'Italia di risanare i conti di una nazione allo sbando, si può rischiare di impoverire diversi milioni di persone che magari non riusciranno a sostenere il costo della macchina statale (suvvia, il problema è rappresentato da chi non paga il bollo auto, giammai dal parlamentare che va in giro in auto blu e guadagna spropositi) e vedranno ipotecarsi auto ed automobili. Uno scenario apocalittico? Probabilmente, ma chi avrebbe immaginato di pagare un litro di diesel al prezzo odierno?

Ma non è tutto. Sicuramente la scellerata politica berlusconiana è colpevole dell'attuale situazione che tuttavia si iscrive in un contesto di crisi globale ciclicamente prevedibile, ma è da riconoscere l'incapacità dell'esecutivo nel limitare i danni di una recessione che è un po' il cane che si morde la coda: per uscire dallo stallo dell'economia servirebbero consumi, ma che consumi vuoi ottenere da un popolo ridotto ad accontentarsi dello stretto indispensabile? Il crollo dei consumi porterà altra crisi, la produzione diminuirà, molti imprenditori delocalizzeranno. Ma per molti disoccupati, lasciati a casa da una riforma assurda, sarà impossibile acquistare la nuova Panda, con buona pace del delocalizzatore Marchionne.

Fino alla nausea bisogna ripetere che parlare di spread, bond e rating servirà pure a darsi un tono europeista e arie da Gordon Gekko, ma non dobbiamo dimenticare che l'Italia è piena di persone in carne ed ossa che fanno i conti per arrivare almeno al 20 del mese con la miseria di uno stipendio sempre più ridotto all'osso.

E la politica? Per dirla con l'espressione che utilizzerebbero molti membri dell'esecutivo, è in "sonno" in vista delle prossime elezioni, ma quotidianamente non manca di far valere i piani di un governo che non è espressione di una maggioranza parlamentare decretata dal successo delle urne. Perché non si dimentichi che la colpa non è tutta di Mario Monti...

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