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Curro ergo sum. Dall’aperitivo all’extreme jogging

In principio era solo per provare,nel senso che non pensavamo di resistere, poi passo dopo passo abbiamo percorso chilometri. No, non stiamo parlando un partner che non credevamo all'alteazza, ma dell'intimissima storia d'amore con le nostre gambe ed i nostri polmoni. Stiamo parlando della tribù dei "self motivated pre dinner runner", ovvero il popolo dei corridori in solitaria del dopolavoro. 

Nei primi del novecento stanchi operai inglesi , chiusa bottega, andavano al pub, bevevano birra prima di cena con gli amici e poi a casa, tronfi, rilassati e felici. Mezzo secolo dopo Milano, capitale ufficiale del lavoro, brulicava di bar dove impegnatissimi manager si riversano a pc spento per quello che era il famoso "ape". Capelli scarmigliati, camicia fuori dai pantaloni, cravatta allentata, rossetto rimesso nell'ascensore prima di timbrare il cartellino di uscita, e via a trincare per il contratto chiuso o alla faccia del capo per quella bella strigliata. Costava poco, si incontrava gente ed era sostitutivo di una cena. Comodo , efficiente e volce, in pieno stile menghino. Ma questo era una volta. Ape dopo ape pizzette e tramezzini si sono posizionati dove scienze nutrizionistiche avevano predetto da anni ed a fine giornata il girovita soffre nella cintura ormai a limite.

Cosa abbiamo fatto? In cantina c'erano quelle scarpe da tennis usate per l'ultimo picnic in montagna di tre anni prima, abbiamo tirato fuori l'improbabile completino scoordinato, il lettore mp3, usato fino a quel momento per scambiare foto e film coi colleghi, lo abbiamo riempito di un'ora di musica intensa e siamo partiti per il parco più vicino. Al primo allenamento la playlist l'abbiamo ascoltata per metà con l'impossibilità di canticchiare per deficit respiratorio. Il giorno dopo i muscoli ci hanno fatto male e zoppicando abbiamo raggiunto l'ufficio in stile dottor house. A chiunque ci abbia chiesto cosa fosse accaduto abbiamo raccontanto come stessimo rimettendoci in forma per l'estate correndo dopo il lavoro. Sembra impossibile come chiunque sia stato il nostro interlocutore nel primo giorno dopo l'esperienza premorte fosse un corridore esperto da anni.

Corre per 8 km in 45 minuti, e noi ricordando il nostro tempo decidiamo che quel sedere, che non sembra beneficiare affatto del duro allenamento, non può fare meglio di noi. Ed è qui che da persone normali ci trasformiamo nei pazzi dell'extreme jogging. Dopo una paio di settimane di allenamenti le vecchie scarpe da tennis non vanno più bene e nemmeno la cara tuta spaiata. Ci vuole tessuto tecnico! Ci rechiamo in megastore di articoli sportivi, compriamo calzoncini, magliette, calzini, scarpe che ammortizzano il tocco del piede con l'asfalto, questo solo al primo step della follia. Ci informiamo su internet dei benefici della corsa ed i trucchi per ottenere i massimi risultati. Dopo ancora un paio di settimane ci accorgiamo di avere bisogno di anche di iPod, sostegno su avambraccio, cardiofrequenzimetro ed auricolari sportivi. Corriamo tre volte a settimane, ci pesiamo prima e dopo l'allenamento. Beviamo due litri d'acqua al giorno al punto che quando siamo in ritardo per una riunione vengono a cercarci direttamente in bagno.

Usiamo app di cellulari per tracciare il percorso che abbiamo seguito, come se fosse necessario ricordarci ogni giorno che abbiamo percorso in entrambi i sensi la lungomare oppure girato intorno al parco. Condividiamo la performance su Facebook per dire alla podista culogrosso che noi realmente ce la stiamo facendo, altro che i suoi 8 km. Misuriamo i battiti durante l'allenamento, cerchiamo di trovare il giusto numero, la famosa zona brucia grassi appena prima dell'infarto. Controlliamo costantemente le condizioni meteo, anche se il nostro equipaggiamento é adatto anche al jogging nella steppa siberiana. Conosciamo ormai di vista tutti coloro che frequentano il nostro percorso ed abbiamo instaurato con ognuno di loro la nostra personalissima sfida. L'aperitivo diventa un unico evento settimanale, preferendo per accompagnarlo il pinzimonio.

Ridiamo di chi ci racconta dei sacrifici a tavola, li lasciamo nella loro disperazione ed imbarazzo con la frase "Basta togliere pane, dolci, un trentina di chilometri settimanali e rinasci". Ci allontaniamo sicuri di aver assestato il colpo mortale nell'autostima del malcapitato, culogrosso al nostro cospetto è stata una principante, una pivella dal passo non più che sostenuto, una che ci scommettiamo la pelle non sa nemmeno la pendenza media avuta durante il suo ultimo allenamento.

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