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Cronache giudiziarie da una lontana provincia

«I tre supremi scopi d’ogni buona legislazione penale – scriveva Paride Zajotti – sono la sicura punizione del reo, la salvaguardia dell’innocente e la moralizzazione del popolo»; e per attingere l’ultimo obiettivo, uno dei requisiti fondamentali dei dibattimenti penali è la loro pubblicità, il loro essere oggetto di cronache giudiziarie, atte a dissuadere il lettore dal delinquere.

Proprio in questa ottica il vostro reporter ha ritenuto di impegnarsi nel cercare di notiziarvi intorno ad un caso recentemente esploso in questa lontana provincia, durante l’udienza del 9 marzo u.s. del processo d’appello denominato Mare nostrum: la presentazione in giudizio, da parte di un avvocato difensore, di uno scritto anonimo attribuito ad un magistrato della Procura della Repubblica di Barcellona P.G., il dottor Olindo Canali.
 
Avendo letto nella sua interezza il documento in questione, chiarisco innanzitutto che il suo contenuto riguarda il processo in misura abbastanza marginale, e cioè limitatamente ai dubbi del suo incerto estensore sull’affidabilità di un pentito di mafia.

Insomma, all’apparenza, anche a prenderlo sul serio, non pare che possa abbattersi come un terremoto sul dibattimento in corso; e, strano a dirsi, non è degli imputati di questo processo, che finiremo per occuparci, bensì di un magistrato, del dottor Canali appunto. Il quale se ne sarebbe assunta (ed il condizionale è d’obbligo) la paternità.
 
Riguardo il suo contenuto, sembrerebbe che illo tempore il dottor Canali fosse alquanto depresso e demoralizzato, al punto di temere di essere inquisito, rinviato a giudizio ed arrestato (per quale specifica azione è detto in maniera ermetica ed incomprensibile allo scrivente).
 
In esso sono anche citati un gran numero di magistrati, di avvocati, di appartenenti alle forze dell’ordine e di altri protagonisti del settore ancora; in genere l’autore ha per essi parole di elogio e di rispetto, salvo lamentarsi della mancata risposta ai suoi tentativi di socializzazione, quali gli auguri di Natale con SMS, etc... Sulla datazione del documento nessun dubbio: esso risale all’epoca, in cui Moggi, Bettega e Giraudo erano saldamente al comando della squadra di calcio della Juventus e facevano razzie di coppe e di trofei.
 
Infatti il suo autore, nel lamentarsi di essere un perdente nato, dice testualmente : In fondo faccio il P.M., sono di sinistra e tengo all’Inter. Trai vincenti proprio mai !
Certo oggi, dopo i successi targati Mancini e Mourinho, ci siamo scordati un po’ tutti di quando la tifoseria interista era costretta a subire in silenzio sberleffi e sfottò in quantità industriale. Eppure, in quell’epoca non molto lontana (siamo agli inizi del 2006) era proprio così.
 
Comunque sia di ciò, alla fine sembrerebbe che le preoccupazioni del dottor Canali fossero infondate: nessun addebito alla sua persona è stato mai accolto in questi anni dal Consiglio Superiore della Magistratura.
 
Cosa dire ? Diciamo pure che il fatto lascia sconcertati. Non è che sia facile avere fiducia in questa amministrazione della giustizia!
 
Siamo tutti in attesa di una radicale riforma penale ; riforma profonda, e non «pannicelli caldi».
 
Eppure niente appare all’orizzonte.
Il numero dei detenuti è ritornato ad essere quello che era all’atto dell’indulto varato dal Ministro Mastella e non si ha notizie di novità né in relazione alle strutture carcerarie né in relazione all’utilizzo di misure alternative alla carcerazione, quali i cosiddetti «braccialetti elettronici» : nihil sub sole novi, avrebbero detto i latini (niente di nuovo sotto il sole).
 
E lo stesso vale per il Consiglio Superiore della Magistratura, pur essendosi universalmente accertato che il suo funzionamento è ben lontano dall’ottimale.
E lo stesso ancora per le procedure penali: quando sarà concesso alle parti lese ed agli imputati di partecipare nel modo giusto e corretto anche alla fase inquirente, ponendo fine alla follia dell’attuale segreto istruttorio?
 
Eppure, se cerchiamo qualcosa al riguardo nelle cronache del recente XVII congresso di Modena di Magistratura Democratica , non ci troviamo molto.
 
 
Ecco il documento attribuito al dottor Olindo Canali :
Barcellona 11.01.06 - Rifletto su molte cose. Il Procuratore Croce, fin dal mese di Marzo\Aprile (del 2005) ha smesso di chiamarmi al telefono. I colleghi pure. Ho inviato sms di auguri di Natale e Capodanno e molti, dell’ambiente - magistrati, funzionari, avvocati, forze dell’ordine - non mi hanno risposto. E i silenzi sono significativi più di quelli che ti hanno risposto. La mia estromissione dalla D.D.A. è stata una liberazione per Croce. Che, evidentemente, non sapeva come fare. Sia detto per inciso. Gigi Croce è una persona onesta. E mi ha, a suo modo, voluto bene. Credo abbia sofferto (in senso lato del termine) a cacciarmi. Ma non poteva fare nient’altro. Su di me è sceso un velo di silenzio, di abbandono, di distacco. Soprattutto il silenzio telefonico mi inquieta. Segno evidente che da tempo sono intercettato. Ha smesso di chiamarmi addirittura Parmaliana! Ed è tutto dire! Evidentemente da Lumia o da gente vicina a lui ha saputo qualcosa. Forse è una salvezza. Se sono stato intercettato da tempo, forse qualcosa (se non tutto) emergerà a mio favore. Ma so già la controrisposta: ‘Certo! Non parlava al tel. Perché sapeva di essere intercettato!’ Il dubbio mi viene ora. Non mi è venuto prima. Ma le cose non le vedi, strada facendo, le vedi quando metti insieme i piccoli tasselli di ogni giorno. Solo così, ad un certo punto, compare il mosaico. Un’altra cosa mi fa pensare. La ritrovata cortesia dei Carabinieri ed il freddo della Polizia. In questi giorni, dal 28.12 per l’esattezza, ho lavorato con la P.S.. Buona cortesia, niente da dire. Ma velato imbarazzo, silenzi più che scambi. Soprattutto tra il funzionario e gli agenti della Mobile. E’ come se lavorassero con qualcuno con cui si devono mostrare ad ogni costo gentili e collaboranti, ma di cui sanno che è prossima la fine processuale. E che toccherà proprio a loro arrestare. Nessuno può immaginare quanto pesi il senso di imbarazzo, di solitudine, di emarginazione. Nessuno. Ma lo accetti come regola del gioco. Ti adatti e fingi che tutto sia normale. In fondo più delle tue sorti personali conta quel poco di lavoro che puoi ancora fare. Credo che, per una sorta di obiettività, chi, tra la A.G. ha preso le indagini su di me, le abbia tolte ai carabinieri e le abbia date alla Polizia. Ciò giustificherebbe entrambe le cose. Mi arresteranno. Su questo non ho dubbi. Non so quale sarà l’imputazione. Escludo omicidi, droga, escudo rapine, pedofilia, estorsioni, usura, falsi. Escludo quasi tutto il codice penale. Tranne il 416-bis. E’ in fondo il reato più facile (è un paradosso) da contestare. Terme Vigliatore? Rugolo? O cosa di altro? Sarò senza difesa. Questo è certo. Conosco le regole del gioco. Quando ti accusano di qualcosa che non hai fatto, quando i tuoi comportamenti sono letti in una visione che tutti li organizza secondo (lecite, per carità!) ipotesi di lettura, non puoi difenderti. Ho lavorato anch’io da PM così. Ci lavoriamo tutti, così. Toccherà a me, come è toccato a molti. Quasi tutti giustamente arrestati. E anche il mio arresto sembrerà giusto, sacrosanto, provato e fondato. E sarà così. Non credo neppure ricorrerò mai al tribunale del riesame. A che serve? Se un P.M. chiede ed un G.I.P. concede una misura cautelare è segno che la lettura delle carte è convincente. Un tribunale del Riesame, su certi tipi di indagine può poco o nulla. Starò in galera fin quando sarà il tempo per uscire. Questo è il rispetto per le regole, e per in principi dello Stato di Diritto. Se tocca a te, tocca a te. Non è così per tutti: un normale cittadino ha il diritto di difendersi. Un Magistrato no. Un Magistrato deve saper accettare le decisioni dei colleghi. E’ vero, invece, che mi sono un poco perso, impigrito, imborghesito. Non ho coltivato i rapporti sociali, professionali. Ho capito che per me era finita quando Rosa Raffa e Emanuele Crescenti hanno chiesto l’ergastolo per Galati Giordano all’ ‘abbreviato’ di Mare Nostrum. Per me era finita perché Galati Giordano nel processo principale l’avrei utilizzato, sia pure per parti, come un testimone prezioso per l’accusa. La richiesta di ergastolo era segno inequivoco: Galati Giordano, tra le mille nefandezze (vere) che ha commesso, aveva accusato anche Pippo Gambino e sarebbe stato teste nel processo a suo carico. Io avevo fatto quella relazione su Gambino. Rosa Raffa e Emanuele (due ottimi magistrati, Emanuele anche una persona di spessore umano - e non è facile trovarne -), erano e sono rimasti dalla parte di Gambino. La richiesta di ergastolo per Galati era un segnale a Gambino, a Galati Giordano e a me. D’altro canto è vero che nessuno di loro si è sentito quantomeno nella necessità di chiedermi nulla sulla impostazione della requisitoria. Ed era assolutamente necessario concordare una linea unica tra l’abbreviato ed il procedimento principale. Non è stato fatto. Non ci ha pensato (o ci ha pensato?) neppure Gigi CROCE. Segno che, forse, già dall’epoca, ero stato tagliato fuori. Se togliete Repici, Colonna e qualcun altro, non è rimasto nessuno dalla mia parte. Anche Repici è dalla mia parte, sia pure a modo suo. E’ da quella parte in cui non si fanno sconti a nessuno. Neppure a quelli che, per un tratto o forse sempre, hanno camminato, con te, sulla stessa strada. A Repici l’unico appunto che posso fare (se ancora posso fare appunti a qualcuno) è che, difendendo Piero CAMPAGNA nel processo per la morte della sorella, ha saputo, deve aver saputo, la verità sull’omicidio ALFANO e sulle dichiarazioni di Bonaceto. Quella che io sospetto da tempo. Non certo dai tempi dell’indagine, ma almeno da un paio di anni a questa parte. Triste è stato doversi tenere dentro tutto. Repici non la dirà mai. E questo farà di lui, anche di lui, un ‘imperfetto’, rispetto ad una sua perfezione morale, culturale e professionale quasi assoluta. I suoi dubbi, professati poi mica tanto in segreto e a non poche persone, sulla responsabilità di Merlino e di Gullotti, la dicono lunga sulla sua capacità di analisi e sulla sua onestà intellettuale. E’ un Leninista. Me lo fece capire un suo accenno, politicamente corretto e segno di grande conoscenza dell’ideologia marxista. Disse, una volta, (non ricordo a proposito di chi) ‘E’ un leninista, farebbe qualsiasi cosa per il potere’ . Aveva ragione, ma questa frase va intesa bene, e credo di averla intesa giusta. Come Lenin con gli ideali puri del marxismo e della rivoluzione bolscevica, che erano da far trionfare in qualsiasi modo (e giustamente, ritengo io), anche Repici farebbe qualsiasi cosa pur di affermare la sacrosanta vittoria della Verità e della Giustizia sulla Mafia. Qualsiasi cosa, a qualunque costo. La vittoria finale fa passare in secondo piano i mezzi e, soprattutto, le convinzioni personali. Come ho fatto io. Anche con Pippo Gullotti. Pippo Gullotti: che nemesi. Assolto da omicidi che aveva certamente commesso o di cui era certamente il mandante, finirà per aver scontato parte di pena per uno da cui è probabilmente estraneo. Ma se avesse dato anche solo una possibilità a sé o ad altri, di dimostrare l’’altro’ che è stato l’omicidio ALFANO, forse avrebbe aiutato se stesso, pur rimanendo fedele al suo clichè di capo mafia (e che tale sia nessuno può metterlo in dubbio, nemmeno lui). Bastava dare una spiegazione plausibile dell’’altro’ che fu. Ma, come lui stesso ha sempre ripetuto, ‘si vuole difendere senza accusare’. Ma così non ha aiutato se stesso e nemmeno quelli che ha protetto, con il suon silenzio, in questi anni. Sa bene cosa è avvenuto quella sera. Ed il suo silenzio è stata la sua condanna. E la prova, forse, che l’omicidio ALFANO è davvero un omicidio di Mafia. Lo hanno salvato le recenti polemiche: tutto quello che è uscito in questi giorni è la vera, unica, solida base su cui potrà chiedere (ed a parere mio ottenere) la revisione della sua condanna. Probabilmente uscirà prima lui di galera di quando uscirò io. Non lo dico per provocazione, lo dico convinto: mi farà enormemente piacere. Ho fatto il mio lavoro come ho potuto, per quello che ho potuto, o che mi hanno lasciato fare. Dal 1999, dall’epoca del lavoro infernale nelle udienze di mare Nostrum - che nessuno può immaginare - ho perso la morsa sul mio lavoro di P.M., e su Barcellona. Ma soprattutto ho perso il tempo per comprendere, capire e stare vicino alle persone giuste. In fondo la stessa frequentazione con Rugolo, sia pure nei termini che io so e che non è quella per cui verrò arrestato, è il segno che quel dannato lavoro, o meglio quel modo di lavorare in cui mi hanno lasciato, mi aveva fatto perdere lucidità, precisione e forse tensione. Un po’ di sbracamento lo devo ammettere. E pure un po’ di presunzione. Colpire, giustamente, Palano per i suoi delitti è stato un altro delitto di presunzione che il suo precettore Tano GRASSO non mi ha mia perdonato. Ed avere contro Tano GRASSO è come avere contro una corazzata americana. E Tano Grasso significa Lumia, significa Gigi Croce. Significa Gambino. Significa buona parte dei DS. Non un complotto, di certo. Mai! Sarò colpito per in miei comportamenti, non per altro. Che, come ho detto, saranno letti ed organizzati concettualmente in una sola chiave di lettura. Ma quando queste persone ti abbandonano, è segno che sei davvero solo. Perché a loro non interessi più. Perché non sei affidabile. Perché colpisci i nemici ma anche (pedestremente, quasi goffamente, rudemente, ingenuamente) gli amici. A dire la verità non mi è costato molto fare quella relazione su Gambino. Mi è costato molto di più testimoniare non a favore di Marcello MINASI al CSM. Quella testimonianza (vera) l’avevo davvero patita. E tanto. Ma non potevo fare diversamente e forse, oggi, Marcello (un altro dei pochi che si salva, pur nella sua extravaganza e naivetè) lo ha capito. Franco GRECO ha fatto una relazione su una richiesta di un suo fraterno amico, Ciccio MISIANI, e a lui si è guardato come uomo retto e magistrato intransigente. Io ho fatto la mia su Gambino e passo per un traditore. La differenza geografica a volte è determinante. Non posso però tacere di una cosa che ho nel cuore da tempo. Ho conosciuto molti avvocati in questi anni. Molti li ho difesi anche davanti a colleghi. Sono bravi, preparati, più onesti, intellettualmente di quanto essi stessi appaiano o vogliano apparire. Lo so che i miei colleghi a volte non li sopportano. Ma sbagliano. La bravura e la preparazione degli avvocati fanno crescere noi magistrati. Ringrazio, allora Tommaso Autru Ryolo, Tommaso Calderone, Giuseppe Lo Presti, Bernando Garofalo, Luigi Autru Ryolo, dai quali ho ricevuto, oltre a profondi insegnamenti su come deve essere un P.M. e su come debbono essere fatte le indagini, una vera e ricambiata stima personale. Franco BERTOLONE è il Franco CASSATA tra gli avvocati. A volte il troppo bene che vuole ad alcune persone (e a me compreso) fa, in lui, perdere lucidità. Ma è un cuore grande. Raggiungerò Ciccio SIDOTI, LA TORRE, Gianni LEMBO, MONDELLO, Pippo SAVOCA, nel novero dei magistrati che, lavorando a Messina, hanno raggiunto la galera. Come sempre, finisco sempre nella parte dei perdenti. In fondo faccio il P.M., sono di sinistra e tengo all’Inter. Tra i vincenti proprio mai! Non so quando succederà. Ma succederà. Quando questa lettera sarà resa più o meno pubblica, sarò in galera. A nessuno venga in mente di difendermi. Non ne vale la pena. Come diceva Heidegger ‘Das Dasein ist als solches Schuldig’. ‘L’ Esserci è, di per sè stesso, colpevole’. Un dio laico mi aiuti. Il Dio dei Cristiani non me lo sento da tempo.

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