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Crisi del Nord Africa: l’analisi del Comitato per l’Islam italiano come richiesta dal Ministero dell’Interno

Il Comitato per l'Islam italiano risponde alle richieste di chiarimenti in merito alla crisi in corso del Nord Africa. Richiesta avanzata dal Ministero dell'Interno italiano.

Occorre premettere che tale comitato, sarebbe composto, dico sarebbe perchè è difficile trovar in rete informazioni sulla costituzione dello stesso, da persone come Carlo Panella, Massimo Introvigne, militante di Alleanza Cattolica, Andrea Morigi, militante di Alleanza Cattolica e giornalista di Libero,Yahya Pallavicini, membro della loggia denominata Coreis.
 
Non si pronuncia sulla Libia perchè a detta loro la situazione della Libia, in considerazione della sua oggettiva complessità e della attuale scarsa decifrabilità, rende difficile la maturazione di giudizi.
 
Beh Gheddafi lentamente riconquista il terreno perduto, la Lega araba ha chiesto ufficialmente al Consiglio di sicurezza dell'Onu di imporre una no-fly zone per fermare le azioni militari contro il popolo libico, pur ribadendo la propria contrarietà a qualsiasi intervento militare. 
Anche se è difficile capire come si possa volere una no fly zone e non essere favorevoli ad una relativa azione militare, considerato che la violazione di una no fly zone, impone la necessità dell'azione militare.
Dilemma.
Intanto succede anche che una interessante inchiesta su questo sito evidenzia che
tra novembre 2010 e fine gennaio 2011 Israel Ziv avrebbe fatto una serie di viaggi in Egitto, Libia, Kenya, Guinea, Ciad, Mali, Senegal, Darfur. A fare cosa? «Semplice: a ingaggiare soldati. O meglio: mercenari, tra i 10mila e 50mila, da portare in Libia e dare una mano a Gheddafi», rivela la fonte. Un’operazione che sarebbe stata compiuta anche per salvare Mubarak, ma i para-militari sarebbero stati fermati – dopo aver passato illegalmente il confine egiziano – presso l’aeroporto Shark el-Owainat, in mezzo al deserto. Da lì, molti sarebbero stati arrestati. Altri, invece, respinti verso il Sudan. Da dove si sarebbero diretti quasi subito verso Tripoli.
 
Chi arma i ribelli? Ad oggi ancora non è dato saperlo.
 
Il Comitato sostiene che la ribellione, sia in Egitto che in Tunisia, non ha avuto basi religiose né di estremismo (non sono state bruciate bandiere USA o di Israele), ma ha trovatofondamento nel profondo disagio economico, aggravato dalla diffusa corruzione e dall’autoritarismo, che hanno impedito la crescita sociale.
 
Che altro attendersi da tale Comitato? Certo, le azioni estremiste devono consistere per forza di cosa nel bruciare la bandiera USA o quella Israeliana...
 
Quando poi si spinge sulle eventuali ipotesi future ecco cosa sostiene:
Sia per l’Egitto che per la Tunisia (e in qualche misura anche per la Libia) gli scenari prevedibili potrebbero essere: a) il “modello Gattopardo”; si cambia tutto (qualcosa) per non cambiare nulla se non la guida (un autocrate, o un gruppo di autocrati) al posto di chi c’era prima, con la riproposizione di modelli autocratici sostanzialmente analoghi ai vecchi regimi; b) la difficile affermazione di un Islam politico, sul modello della Turchia, oppure sul modello dei Fratelli Musulmani, la cui evoluzione è peraltro tutta da decifrare; c) l’insediamento di tecnocrati, come Mohammed El- Baradei, che si qualificano capaci di gestire l’assetto economico, e soprattutto finanziario, ma non detto che siano così agganciati alla realtà di quelle Nazioni; d) la crescita di forze democratiche, sulla spinta dell’amministrazione USA, tutte da individuare.
 
Ovviamente la soluzione in cui sperano e la D.
E parlando di libertà occorre sottolineare che negli ultimi giorni sono avvenute 2 cose fondamentali in Tunisia:
 
  1. il Ministero dell’informazione è stato abolito
  2. la polizia segreta è stata abolita.
 
Quando il Comitato deve pronunciarsi sul ruolo dell'Italia sostiene che l'Italia può avere ruolo determinante nel fornire un supporto tecnico nella elaborazione delle Carte fondamentali delle quali questi Paesi andranno a dotarsi. Il contributo dei giuristi italiani andrebbe in continuità con una secolare tradizione di studi, che ha guadagnato alla cultura giuridica italiana sincero apprezzamento da parte degli studiosi egiziani e tunisini. 
La prossimità di elezioni dalle quali dovrebbero venir fuori i Parlamenti che scrivono le nuove Costituzioni fa cercare dei modelli di riferimento soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra Stato e religioni. Il modello di “laicità” italiana, che concilia l’autonomia dello Stato con la visibilità pubblica delle esperienze religiose può,infatti, meglio di altre tradizioni (si pensi ad esempio alla laïcité francese) costituire un importante punto di riflessione e di riferimento. Né vanno trascurati i legami culturali che l’Italia ha avuto, certamente fino agli anni 60 del XX secolo, sia con l’Egitto (basti pensare all’interscambio tra le nostre Università e un centro come Alessandria) sia con la Tunisia (per gli aspetti legati alla codificazione) sia con la Libia.
 
Beh in tema di laicità l'Italia certamente fa scuola. Ed il caso del Giudice Tosti è certamente il massimo esempio della realizzata laicità in tale Repubblica Vaticana.
 
Sul fronte interno, il Comitato raccomanda iniziative idonee a contrastare la
diffusione di posizioni fondamentaliste, in un momento in cui l’impatto migratorio ha determinato un sensibile aumento di presenze islamiche. In questo senso, è essenziale sostenere la formazione di imam qualificati, che abbiano, cioè, seguito un iter formativo che preveda corsi, anche civici, organizzati con il coordinamento del Ministero dell’Interno e del Ministero dell’Università e della Ricerca, con le Università e con le associazioni del mondo islamico che corrispondano a requisiti minimi, primo fra tutti l’intangibilità della vita di ogni essere umano e la tutela delle libertà fondamentali. Ciò sarà oggetto di un prossimo specifico approfondimento da parte del Comitato: un appropriato percorso di qualificazione professionale degli imam, oltre ad elevare il livello di garanzia, varrebbe a contenere l’emergente fenomeno degli “imam fai da te”, dietro il quale spesso si celano elementi appartenenti a frange estremiste.
 
Certamente queste riflessioni lasceranno discutere.
Così come deve lasiar riflettere l'assoluta indifferenza rispetto a ciò che accade nel resto dell'Africa. Dove si registrano per esempio ancora morti in Costa d'Avorio, dove continuano le manifestazioni contro Laurent Gbagbo. Oppure il Sud Sudan dove gli scontri fra le milizie e i militari hanno procurato almeno cinquantasei vittime.
 
Ma in quella parte dell'Africa ruotano altri interessi economici.
Li si può morire, li ci si può ammazzare, si può torturare, si può soffrire.
Già,si muore nella totale indifferenza del grande occidente democratico.
E' questo il mondo globalizzato.E' questo il gran senso della libertà e democrazia vantata dagli Usa con Obama in testa e seguito a ruota libera dai servili paesi come l'Italia.

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