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Crisi: Irlanda, Portogallo e Spagna

Dopo le crisi del debito che hanno colpito Grecia e Irlanda, l’attenzione degli investitori si sposta sugli altri due “Pigs”, Spagna e Portogallo.

IRLANDA. La manovra finanziaria consiste in tagli totali alla spesa pubblica per 10 miliardi, aumento di entrate fiscali per 5 miliardi, decurtazione del salario minimo di un euro a 7,65 l'ora, tagli al welfare per 2,8 miliardi e agli investimenti pubblici per 3, taglio del 10 per cento al salario dei neo-assunti nel settore statale.

Il risparmio di spesa da 10 miliardi sarà inoltre ottenuto con 24.750 licenziamenti nel settore pubblico (su 4,5 milioni di abitanti, qualcosa come licenziare oltre 300.000 statali in Italia), mentre viene confermata la fiscalità al 12,5% per le aziende, aumento dell'Iva dal 21 al 23%, ed entrate extra di 1,9 miliardi da imposte su redditi.

Dopo le crisi del debito che hanno colpito Grecia e Irlanda, l'attenzione degli investitori si sposta sugli altri due “Pigs”, Spagna e Portogallo.

SPAGNA. Se Lisbona ha negato di aver subito pressioni dai partner dell'eurozona perché chieda accesso al fondo di emergenza, un'analoga smentita arriva da Madrid, per bocca del primo ministro José Luis Rodriguez Zapatero il quale sostiene che gli investitori che scommettono su un default della Spagna "sono in errore e andranno contro i propri interessi" e ha assicurato che la Spagna non ha in programma ulteriori aumenti delle tasse né altri tagli occupazioni nel pubblico impiego.

Sta di fatto che il risanamento del deficit statale presentato dal governo di Madrid ha lo scopo di tagliare 15 miliardi di euro di spese entro il 2011, dopo le già pesanti riduzioni salariali dei dipendenti pubblici e il congelamento delle pensioni.

Un progetto neoliberista degno di un governo di destra quello portato avanti dal socialista Zapatero, il piano ruota attorno alla demolizione della contrattazione collettiva, a una maggiore flessibilità dei contratti di lavoro, alla riduzione dell'indennità di licenziamento e all'indicizzazione dei salari rispetto la produttività anziché all'inflazione.

L'obiettivo del premier spagnolo è quello di riportare il rapporto deficit/pil sotto il 3%, contro l'11,4% registrato nel 2009 e allontanare la Spagna dal baratro della bancarotta e non fare la fine della Grecia.

Il piano del governo non prevede alcun intervento a favore dell'occupazione a fronte di un tasso di disoccupazione salito al 20%, pari a 4.7 milioni di lavoratori, il doppio della media Ue.

PORTOGALLO. Mentre la speculazione internazionale scommette contro il Portogallo, il parlamento di Lisbona corre ai ripari approvando la finanziaria 2011. L'obiettivo della manovra è portare il deficit del paese dal 7,3% al 4,6% in un anno, attraverso duri tagli alla spesa e aumenti delle imposte. L’esecutivo ha approvato un taglio del 5% dei salari dei dipendenti pubblici e un aumento dell’Iva dal 21 al 23%. Accresciute anche le imposte sulle pensioni, seguite dal congelamento dei rapporti di fine lavoro, a cui si aggiungono i previsti tagli ai sussidi. 

La manovra economica è stata definita dai sindacati “una dichiarazione di guerra ai lavoratori” e in effetti gli scioperi non si sono fatti attendere: aerei e treni fermi, servizio minimo negli ospedali, stop alla raccolta dell’immondizia nei centri urbani.
Mercoledì scorso in Portogallo è stato il giorno dello sciopero generale, contro il pesante giro di vite anti-deficit deciso dal governo socialista sotto pressione di Bruxelles e dei mercati, proclamato dai due principali sindacati. L’ultima astensione dal lavoro di questo tipo risaliva al 1988.

Il sindacato Portoghese ha ricevuto la solidarietà dei colleghi Italiani, il governo Socrates – ha commentato Nicola Nicolosi, segretario nazionale Cgil e responsabile del Segretariato per l’Europa – ha congelato i salari, aumentando l’Iva su molti prodotti, tra cui i generi di prima necessità, e tagliato i servizi sociali in un Paese dove il salario minimo arriva malapena a 470 euro al mese.

Mentre le piazze si riempivano di tutte le categorie di lavoratori, sui bond del Portogallo a 10 anni i rendimenti hanno superato la soglia del 7 per cento.

Il documento finanziario è stato adottato con il voto favorevole dei socialisti, che guidano un governo di minoranza, ma anche grazie all’astensione del principale partito d’opposizione che ha garantito il proprio appoggio al piano di austerità del primo ministro socialista José Socrates.

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