Criminalità: gli amministratori sotto il tiro delle intimidazioni mafiose
Quasi ogni giorno un amministratore locale o un dipendente della pubblica amministrazione riceve una minaccia o un’intimidazione da parte della mafia o della criminalità che da sempre tentano di piegare, con le buone o con le cattive, le attività degli Enti locali ai propri sporchi interessi. Ad accendere i riflettori sul problema il Rapporto di Avviso Pubblico “Amministratori sotto tiro. Buona politica e intimidazioni mafiose”, presentato stamani a Roma e dedicato alla memoria di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica, piccolo centro in provincia di Salerno, ucciso il 5 settembre del 2010.
Nello scorso anno sono stati 212 i casi censiti: 145 (il 68% del totale) nei confronti di amministratori locali, 23 (l’11% del totale) nei confronti di personale della pubblica amministrazione, 11 (il 5% del totale) nei confronti di candidati a ricoprire un ruolo politico, 8 (il 4% del totale) nei confronti di parenti degli amministratori in carica, 6 (il 3% del totale) nei confronti di ex amministratori.
Un fenomeno drammatico, in passato circoscritto ad alcune aree del Mezzogiorno, oggi presente anche in Regioni del Centro-Nord, come nel Lazio con 5 casi e in Liguria con 3, ma anche in Sardegna con 25 casi, in Puglia con 11, in Basilicata, Abruzzo e Marche con 1. Le Regioni del Sud comunque rimangono quelle più colpite: in Calabria sono stati rilevati 87 casi (il 41% del totale), in Campania 29 (il 14% del totale).
La Sicilia è la seconda Regione in cui si registra il maggior numero di minacce e intimidazioni. Qui gli atti intimidatori si concentrano a Palermo con 17 casi e Agrigento con 10, non a caso la prima considerata il cuore storico del potere di cosa nostra e la seconda definita come la provincia più mafiosa d’Italia. Seguono Catania con 6, Caltanissetta con 5, Messina, Ragusa e Trapani con 3 e Siracusa con 2. Nessun caso, invece, ad Enna.
La prepotenza delle organizzazioni criminali non ha trovato remore neanche nei confronti di quelle realtà commissariate dopo lo scioglimento delle amministrazioni comunali per infiltrazione mafiosa. Come è accaduto il 19 gennaio 2008 a Siculiana, comune in provincia di Agrigento, quando il commissario Angelo Moceri dopo tre giorni dal suo insediamento riceve una lettera con insulti, minacce e un proiettile, o a Vallelunga Pratamento, in provincia di Caltanissetta, dove il 10 febbraio 2010 vengono tagliate le gomme dell’auto dei commissari Nicola Diomede e Maurizio Costa.
Ma la Sicilia è anche la Regione che paga il prezzo più alto di vittime, perché se è vero che essa è la Regione in cui il fenomeno mafioso ha avuto origine ed è più radicato, è anche la terra in cui maggiore è stata la reazione degli uomini delle istituzioni e della società civile contro Cosa nostra.
Cittadini coraggiosi, spesso lasciati soli, uccisi perché si sono rifiutati di scendere a compromesso col potere mafioso. Il loro sacrificio è un monito per le istituzioni e la società affinché la lotta alle mafie, per la legalità e lo sviluppo, non sia demandata al coraggio dei singoli, ma sia un obiettivo che accomuni tutti, ognuno per la propria parte.
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