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Cosentino: le (non) ragioni del no all’uso delle intercettazioni

 

La Camera ha oggi respinto la richiesta del Gip di Napoli di autorizzare l’utilizzo delle intercettazioni nelle inchieste riguardanti l’ex sottosegretario Nicola Cosentino. Con questi argomenti, desunti dal resoconto della seduta.

Secondo Luca Rodolfo Paolini, Lega Nord:

1. “il procedimento per il quale si sta chiedendo l’utilizzo delle intercettazioni risale agli anni 2001-2002“. Dato che “lo stesso giudice nella richiesta di arresto del deputato Cosentino formulata nel novembre 2009 ci dice che la datazione delle principali risultanze di prova indiziaria – sottolineo indiziaria – non supera l’anno 2004″. Paolini conclude che “noi abbiamo la prova certa, perché ce lo dice il magistrato, che almeno dal 2004 – e siamo nel 2010 – non risultano elementi ulteriori di coinvolgimento del deputato nelle presunte attività di fiancheggiamento o favoreggiamento dell’organizzazione criminale“.

2. Il tutto “fermo restando che da parte di tanti sussistono ampi dubbi sulla configurabilità stessa del reato di concorso esterno in associazione mafiosa”.

3. Da ultimo, “la Lega Nord ritiene che quando si viola il divieto di intercettare un deputato, quando si viola il divieto di cui all’articolo 68, di fatto procedendo all’intercettazione di un deputato senza chiedere la preventiva autorizzazione alla Camera [...] riteniamo che questo Parlamento possa legittimamente rifiutarsi di avallare questa operazione”. La violazione si sarebbe consumata nonostante “la foglia di fico dell’intercettazione indiretta”.

Maurizio Paniz, Pdl, aggiunge un discorso di metodo:

4. “Le regole, a nostro avviso, vanno rispettate per tutti“. Non è una questione personale: la democrazia “si autotutela, soltanto, con il rispetto di regole certe”. E secondo Paniz “Non si rispetta una regola certa nel momento in cui si dispone una intercettazione perdurante per anni, senza fondarla, neanche, su una notizia di reato, ma soltanto allo scopo di vedere se, attraverso intercettazioni su intercettazioni, prima o poi, cade nella rete una qualche possibile ipotesi delittuosa“. Il no all’autorizzazione dunque diventa non il voto a favore di una singola persona ma “per rispettare una regola che deve essere di tutti”.

Riassumendo su Cosentino non si può indagare tramite intercettazioni perché

1. è passato troppo tempo dalle più recenti prove indiziarie di reato

2. il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è un reato

3. ottenute in violazione dell’art. 68 Cost.

4. segnale di un accanimento giudiziario che viola le regole della democrazia.

In una frase: non importa la gravità delle accuse, le regole vengono prima delle indagini. Una posizione singolare per un partito che chiede la libertà e l’indipendenza di uno Stato dallo Stato italiano – sulla cui Costituzione i suoi ministri hanno giurato – e per un altro che invece ha passato gli ultimi mesi a convincere gli elettori che la “Costituzione formale” deve piegarsi alle prassi e alla “carta materiale”, dopo aver riscritto per anni la legge a uso e consumo del suo leader, o (come nel caso del decreto salva-liste) sostenendo che la sostanza e il buonsenso debbano avere la precedenza sulle regole. Ad ogni modo questo hanno sostenuto in 308, tra gli applausi.

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