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Corteggiamento: qualcosa è cambiato

In un mondo sempre più complesso i rapporti si fanno più difficili, le paure aumentano e l’esigenza di sicurezza sta lentamente occupando tutti i gradini della piramide di Maslow. Perde così spazio il desiderio di appartenenza, che comprende l’amicizia, gli affetti familiari, la solidarietà sociale. Alla luce di queste considerazioni una digressione, fra il serio ed il faceto, sul corteggiamento.

Un tempo era il corteggiamento.
Accorgersi di lei, rendersi conto che il suo fascino, la sua personalità toccava delle corde in noi e le faceva vibrare. Cominciava allora un gioco delle parti, più o meno lungo a secondo delle doti e degli interessi di entrambi, secondo regole sufficientemente definite.
 
A lei avevano insegnato che non si dice mai subito sì, neanche se il corteggiatore è l’uomo più bello del mondo, il principe azzurro, la fonte di ogni desiderio. Si darebbe l’impressione di essere una ragazza “facile”, “leggera”. È necessario negarsi un po’, lasciare intendere, ma non troppo. Rifiutare accettando e rifiutando, accettare.
 
A lui avevano insegnato che molte volte un no è “ritenta, sarai più fortunato”, a volte è un “ti prego, insisti!”, talvolta è proprio un “No!”.
 
Non sempre era facile capire. Vuoi perché ai nostri occhi di corteggiatori, più o meno innamorati, la seconda ipotesi sembrava l’unica possibile; vuoi perché non tutti erano abili decodificatori dei messaggi provenienti dall’altra metà del cielo; vuoi perché non sempre quella metà del cielo sapeva comunicare in maniera chiara ed inequivocabile.
 
Di solito l’avvio erano sguardi, insistenti, intriganti, impertinenti, impacciati, goffi, ridicoli. Seguivano tentativi di contatto verbale. Secondo lo schema descritto per gli sguardi. Alcuni, maestri dell’arte del corteggiamento, capivano al volo quando era il momento di interrompere un tentativo fallito (e lo facevano con tale maestria da sembrare a noi, poveri umani, vincenti anche nelle sconfitte più cocenti). La maggior parte procedeva a tentoni, per tentativi ed errori (sempre con la fallace convinzione che un “no” fosse almeno un “forse”).
 
Lei veniva, di norma, addestrata con crudeltà, da genitrici e amiche, a gestire la parte del rifiuto finale con determinazione. Ossia, va bene giocare e tirarla un po’ anche coi corteggiatori più insistenti ed improbabili, ma quando era ora di finirla doveva essere chiaro al mondo. Infatti il “non avresti alcuna possibilità nemmeno se fossi l’ultimo uomo sulla terra” era un messaggio che veniva reso pubblico.
 
Quello era il momento di staccare la spina. E lo capivano anche i più allochi. Fosse solo perché gli amici si prendevano la briga di tradurre, in caso di fraintendimento. E se gli interpreti erano gli amici di lei non era una situazione piacevole.
 
I luoghi erano quelli di tutti i giorni: la parrocchia, per chi la frequentava, o il circolo ricreativo, la palestra, l’ufficio. E il copione sin qui raccontato aveva delle regole sì, ma non scritte.
 
Poi venne lo stalking. E la relativa legge.
Oggi o sei Cal Lightman (il brillante psicologo investigativo di “Lie to Me”) o la vita per un povero corteggiatore si fa dura.
 
Il primo “no” è quello definitivo ed meglio se sparisco o vuole solo evitare di essere presa per troppo spregiudicata? Se al primo sms non ha risposto è perché non l’ha ricevuto, o vuole che la smetta?
 
Questo anche perché pure lei ha perso i suoi maestri, e con loro la serenità e la capacità di gestire il gioco. Ha più paura e meno strumenti. E la tecnologia, che avvicina i continenti, talvolta confonde la comunicazione, rendendo difficile, se non impossibile, interpretare il non-verbale.
 
Capiamoci, la legge sullo stalking è un atto di civiltà che ci consente di difenderci dai persecutori di ambo i sessi…ma forse, dico forse, siamo tutti più sicuri ma più lontani.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.241) 21 settembre 2010 11:15

    1234567890

    • Di (---.---.---.241) 21 settembre 2010 11:22

      in realtà il commento era questo:
      Della serie:..." da corteggiatore incallito a padre preoccupato"
      I nostri giovani mi sembrano dei comunicatori, nel senso di invio e decodifica messaggio, migliori di quanto non lo fossimo noi con i sistemi arcaici a nostra disposizione, talvolta due fraintendimenti appaiono come una comprensione e nel dialogo tra sordi che abbiamo sempre messo su, spesso ci è capitato di ricevere delle piacevoli quanto inaspettate sorprese! :))

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