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Continua la censura della lotta francese

Dopo i famosi eventi del 2005 che hanno riguardato in particolar modo la questione sociale delle periferie parigine, gli ultimi mesi per la società francese son stati a dir poco duri ma importanti.

Duri perché si sono affermate lotte e scontri sociali di una certa consistenza e rilevanza volti a dire no ad una riforma delle pensioni che di fatto priverà del diritto alla pensione le future generazioni, ma importante nello stesso tempo perché si sono aperti nuovi canali a dir poco vitali per quello che deve divenire un gran movimento europeo conflittuale di lotta sociale.

Si è verificata una lotta generalizzata contro il sistema sociale esistente
.

Il 27 ottobre il Parlamento francese, con l'approvazione dell'Assemblea Nazionale, ha adottato definitivamente la legge di riforma delle pensioni con 336 voti a favore e 233 contrari, ma la legge non potrà essere ancora promulgata in quanto il Partito socialista ha annunciato l'intenzione di ricorrere al Consiglio costituzionale.

Quindi, fino a novembre la partita è ancora aperta.

In questi giorni il principale quotidiano francese Le Figaro tende ad interrogarsi in particolar modo sul danno all'immagine che ha subito la Francia a causa delle giuste lotte intraprese da studenti ed operai.

Sul Figaro di oggi si legge che "all'indomani dell'adozione del disegno di legge sulla riforma delle pensioni, vi sono stati nuovi eventi che hanno visto la partecipazione di 560.000 persone. Secondo la polizia (due milioni di CGT), significativamente inferiore rispetto ai precedenti sei giorni. I conflitti sociali hanno danneggiato l'immagine della Francia all'estero?" E' questa la domanda che si pone il noto quotidiano francese.

Secondo una determinata inchiesta si legge che gli utenti di Internet si sono espressi sul tema e la maggioranza (86,54%) penserebbe che l'impatto dell' attuale clima sociale ha negativamente inciso sull'immagine del Paese.

Questo modo di "fare" giornalismo è abbastanza diffuso nel nostro paese e ciò mi spinge a dire che alla fine ogni mondo è paese, nel senso che il sistema, magari con delle sfumature diverse, nella sostanza è identico. Stessi metodi, stesso modo di comunicare, stesso modo di reprimere le lotte, stesso modo di far intendere che il conflitto è finito quando in realtà è vivo.

Devono filtrare il messaggio che alla fine chi governa vince, che una volta approvata la legge tutto finisce con l'esplicazione di quell'atto ma devono nello stesso tempo far dimenticare all'opinione pubblica collettiva l'esistenza del conflitto francese.

Certo non potevano non parlarne, specialmente per la spettacolarizzazione televisiva che è conseguita alle dinamiche degli scontri sociali e di piazza.

Ma le lotte vere non sono solo quelle che si esplicano nelle piazze, con le macchine bruciate, o le vetrine rotte.

Le vere lotte, e quella francese lo è, sono quelle che riescono a canalizzare in un solo fronte unico tutte quelle dinamiche che sono represse dal sistema, sono quelle che riescono a porre in comunicazione tra di loro filamenti sociali che per molto tempo sono rimasti chiusi nelle loro logiche corporativiste, nell'autoreferenzialità, nell'incomunicabilità settoriale.

Ma ecco che in Francia le varie categorie di lavoratori, vari filamenti sociali, gli studenti si uniscono per dire no al sistema
.

Questo i governanti lo hanno ben capito.


Questo i governanti lo temono.

Quindi, ecco la censura!

Ripeto, in Francia, diversamente dall'Italia, esiste un movimento di lotta antagonista, libero ed incondizionato dalle logiche concertative sindacali. Ed è prevalentemente per questo motivo che è stato possibile vivere una mobilitazione contro la riforma delle pensioni ma anche contro l’insieme delle politiche anti-sociali, xenofobe e/o liberticide, in quel determinato modo.

Mobilitazione che è stata ovviamente massacrata a livello di comunicazione, definita ad esempio come "la mobilitazione scema".

Il blocco delle raffinerie, dei principali trasporti pubblici, ecc.. è espressione tutt'altro che di una mobilitazione come dire scema.

I media italiani, ma anche europei, salvo i siti di contro-informazione, dopo l'approvazione della legge sulle pensioni hanno praticamente spento i fari sulla situazione di lotta francese.

Ma in verità la lotta è ancora viva e vegeta.

Forse è per questo motivo che si tende ad oscurarla, forse è perché i governanti temono una diffusione capillare del conflitto sociale.

La questione riforma pensioni ha dato la possibilità di allargare il senso del conflitto sociale a varie tematiche, non legate esclusivamente a questioni lavorative o previdenziali.

Ecco infatti che il 6 novembre a Parigi vi sarà per esempio un'importante manifestazione per difendere l'autodeterminazione delle donne.
 
La lotta in Francia continua e continuerà.

Voglio chiudere questa breve riflessione con un piccolo estratto del comunicato dell'Assemblea Generale degli studenti Francesi, che lascia intendere che la lotta è tutt'altro che finita:

"Chiediamo a tutto il mondo di diffondere l’idea giusta e legittima di questa lotta e delle azioni sui vostri luoghi di lavoro, alla vostra famiglia, ai vostri amici… Numerose azioni sono state già programmate localmente, specialmente dall’intersindacale interprofessionale locale e completato dall’Assemblea Generale intercategoriale di Lotta: Spengete le televisioni e raggiungete i picchetti".


L’Assemblée Générale Etudiante

Commenti all'articolo

  • Di illupodeicieli (---.---.---.56) 30 ottobre 2010 22:54

    Da un lato dispiace che in Francia ci sia ancora lotta, dall’altra è un bene non abbandonare il terreno quando si "perde" un round. Anzi, far sentire che si esiste è dovere, morale, di ogni persona.I francesi e tanti di noi "esistono" e lo dimostrano, anche se la maggior parte dei media lo ignora e fa in modo che non si sappia.

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