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Conservatori fiscali all’italiana

Prosegue il commovente tentativo di Fratelli d'Italia di accreditarsi come partito conservatore fiscale. Un peccato che le presunte fonti di copertura siano così tradizionalmente incorporee

 

Come -forse- saprete, nell’imminenza di quello che dovrebbe essere un trionfo elettorale, il partito di Giorgia Meloni pare essersi sbattezzato dalla religione dello scostamento di bilancio per assumere un atteggiamento di cautela sui conti pubblici. E pazienza che tale conversione sulla via di Palazzo Chigi faccia praticamente carta straccia di un programma elettorale molto ricco, di promesse, ma povero di coperture.

Oggi, anche per rispondere ai punzecchiamenti dell'”alleato” Matteo Salvini, che ha deciso che servono 30 miliardi di nuovo deficit, a costo di battere i pugnetti contro i cattivoni di Bruxelles (yawn), scende in campo l’assai moderato e rassicurante responsabile del dipartimento economico di Fratelli d’Italia, Maurizio Leo, con apposita intervista al Corriere.

SCOSTARE IN CASO DI EMERGENZA

Scostamento? Solo se strettamente necessario, e comunque ci sono alternative, dice Leo. Ad esempio, 6,2 miliardi di extragettito Iva e il recupero degli importi rivenienti dalla tassazione italiana degli extraprofitti, che latitano perché molte aziende contribuenti sembrano aver imboccato la strada del contenzioso tributario, che porterà con alta probabilità alla Consulta.

Leo conferma che Mario Draghi si appresta ad un sostegno aggiuntivo stimato a oggi in 13 miliardi, in cui l’extragettito Iva sarà presente. Ma non segnala che la Ue sta mettendo in campo la tassazione del cosiddetto extragettito e punta a cifre robuste.

Tra le altre presunte coperture, Leo suggerisce “i fondi strutturali da riprogrammare (20 miliardi) come si è fatto durante la pandemia”. Non so da dove esca la cifra di 20 miliardi. So che i fondi europei a disposizione del nostro paese, per la programmazione settennale 2021-2027 sono in totale poco più di 73 miliardi. E so anche che la cosiddetta riprogrammazione durante il Covid è stata di entità limitata a livello europeo.

In quella circostanza l’Italia, che ha ottenuto la maggiore riallocazione entro i cosiddetti programmi di coesione, destinata soprattutto al sostegno di occupazione e alla sanità, ha beneficiato di 4,5 miliardi di euro. Più alcune centinaia di milioni (non miliardi) dal programma ReactEU. Da dove escano i 20 miliardi di cui parla Leo, dove vadano in caso allocati e quale sia la situazione in Ue a livello di richiesta di simile intervento, non è dato sapere ma siamo a disposizione per essere illuminati.

DATECI SOLDI PER TAGLIARE LE TASSE?

Poi, all’improvviso, Leo si ricorda che il programma della destra e di FdI prevede riduzioni di imposte. Ora, non vorrei essere pedante ma mi chiedo come si possa pensare, in una simile emergenza e con una recessione alle porte che si annuncia pesante, ipotizzare tagli di imposte mentre si chiede alla Ue di dirottare fondi europei al sostegno di famiglie e imprese. Pensate che pure Emmanuel Macron è stato costretto a rallentare il passo dei tagli d’imposta previsti per le aziende nel suo programma di governo. Ma lui è francese, quindi vade retro.

A proposito, voi sapete che i soldi sono fungibili, quindi se mi arrivano più risorse europee (o mi arrivano prima del previsto) mi si libera spazio per tagliare le tasse? Vi sembra che una simile operazione sarebbe vissuta bene, in Europa? Quante domande retoriche, vero? E comunque no, i soldi sono fungibili ma tagli di tasse non sono fungibili con aumenti di spesa, nel senso che sono manovre che servono finalità differenti e producono effetti differenti, a livello macro.

Poi il responsabile economico di FdI ribadisce l’obiettivo di mettere una flat tax incrementale, che è un po’ la Corazzata Potemkin della destra, come ho spiegato. Poi c’è la flat tax per gli autonomi con ricavi sino a 100.000 euro, che dovrebbe essere il canarino nella miniera di un governo di destra. Nel senso che è già pronta per essere infornata e me la aspetto nei primi consigli dei ministri. Se non dovesse accadere, vuol dire che c’è un problema non lieve, soprattutto con la realtà.

Poi viene tratteggiata la road map per arrivare alla flat tax per i dipendenti, passando attraverso la progressiva riduzione delle aliquote. Prima tre, poi due, poi una. Nulla a che vedere con la lisergica proposta di legge leghista che prevede millemila aliquote e che pare avere notevoli disincentivi a produrre reddito incrementale.

IL TESORETTO DI CITTADINANZA

Ma quali coperture, per queste flat tax? Ah, beh:

Limitando il reddito di cittadinanza alle situazioni di disagio si recuperano notevoli risorse. Cosi come riordinando le tax expenditures, salvaguardando le principali (interessi passivi su mutui, spese mediche ecc).

Come si nota, c’è grande concupiscenza dei partiti verso il “tesoretto” del reddito di cittadinanza, che assomma a circa dieci miliardi annui. Anche destinandolo solo ai casi di povertà assoluta, si potranno recuperare alcuni miliardi (diciamo cinque annui?), che tuttavia sembrano essere stati prenotati più volte per altre missioni, ad esempio il taglio del cuneo fiscale o altre amenità, come il famoso “più assumi, meno tasse paghi” proprio di Meloni. L’acqua scarseggia, la papera della flat tax non galleggia.

Ma soprattutto, pensate al leggendario riordino delle tax expenditures, i nostri “diritti acquisiti” che nessuno si azzarda a toccare. Se, come intende Leo, salviamo quelle corpose e da moti di piazza (quali interessi passivi su mutui e spese mediche), mi dite quanto si riesce a liberare per contribuire a ridurre le aliquote? Ve lo dico io: nulla.

DIGITAL TAX E ALTRE LEGGENDE FISCALI METROPOLITANE

Ancora: secondo Leo, altri soldi arriverebbero utilizzando

[…] la norma sul concetto di “stabile organizzazione virtuale”, contenuta nel Testo unico, che ci consentirebbe di tassare i giganti del web, invertendo l’onere della prova e ponendola a loro carico.

Ora, il professor Leo “è del mestiere”, quindi sa che in Italia esiste già una cosiddetta Digital Tax, che raccoglie briciole come la Tobin Tax, e che dovrebbe essere dismessa quando entrerà in vigore la Global Tax, con i suoi due pilastri impositivi. La data del 2023 con quasi certezza slitterà, quindi ancora per un anno (almeno) resteranno in vigore le eventuali Digital Tax nazionali. Tuttavia appare piuttosto scontato che, in quel caso, il loro impianto non sarà rivisto, per motivi di politica estera. Quindi, altre briciole.

Forse Fratelli d’Italia, che tanto si sbraccia per farsi legittimare dall’Amministrazione Biden, pensa di fare uno sgarbo alla Segretaria al Tesoro, Janet Yellen, cambiando per un anno la nostra tassa digitale e puntando a moltiplicare per dieci e oltre il gettito? No, vero? E quindi, discorso e strada chiusi.

Altra mirabolante fonte di coperture? Eccola:

Un’operazione di verifica sulla reale esigibilità delle cartelle esistenti che valgono 1.100 miliardi. Su quelle fino a 3 mila euro proponiamo un “saldo e stralcio”. Sulle altre, il pagamento dell’imposta senza sanzioni la diluizione in 10 anni.

Qui, io sapevo che di quel leggendario magazzino di crediti fiscali dello stato verso i contribuenti, un migliaio di miliardi sono morti ma non mettiamo limiti alla divina provvidenza. Dei restanti crediti vivi o presunti tali, mi pare che i numerosi “saldi e stralci” di questi anni non indichino grandi risultati. Di saldo e stralcio del saldo e stralcio (per gli amici, “condono“), son piene le fosse. Diciamo che questo è uno dei topoi più gettonati dalla classe politica italiana.

Per farvela breve: bene che FdI abbia assunto un atteggiamento di apparente responsabilità fiscale e di bilancio, e rifiuti al momento di cantare messa alla maggior gloria del dio dello scostamento di bilancio. Il problema è che le “risorse” recuperabili secondo gli italo-fratelli, sono spesso un parto della fantasia e bossoli di proiettili d’argento. Ma apprezziamo l’impegno e attendiamo di capire entro quanto tempo tornerà ad essere colpa dell’Europa. Per la quale, come noto, “la pacchia è finita”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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