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Comune di Riace e Fatto Quotidiano: notizie reali, di parte o manipolate?

Purtroppo sono alcuni anni che si è rafforzato un pensiero granitico, tra noi che vogliamo modificare questa pessima società, difficile da scalfire. Proprio nei momenti di forte disagio si insinuano e si rafforzano i professionisti dell'opposizione: si ergono veri e propri guru dell'informazione e nascono giornali come il "Fatto quotidiano" che diventano una vera e propria Bibbia dell'informazione e rafforzano sempre di più il pensiero legalitario, una volta tradizione della peggiore destra. 
 
Ma non è questo il punto. 
 
Molto spesso le persone che seguono con venerazione questi giornali dicono: "Mi dica di un articolo di Travaglio che non riporta i fatti come realmente accaduti". E qui casca l'asino. Si è insinuato il pensiero che chi scrive su quel giornale sono fatti indiscutibili e realmente accaduti: mentre non è cosi! Il 90 per cento degli articoli del Fatto riportano inchieste giudiziarie: i fatti non sono verità assoluta ma verità di parte che devono essere confermati in toto, in parte o per niente in un eventuale processo. 
 
La pericolosità sta proprio nel fatto che diamo per scontato che tutto sia vero, quindi reale ed evochiamo la nostra indignazione e la galera: questo è il giustizionalismo.

Personalmente apprezzo il direttore di AgoraVox poiché quando mi è capitato di fare un'inchiesta - ad esempio quella sulla Croce Rossa( qui qui) -, subito mi ha detto anche di intervistare la parte in causa. Questo è giornalismo vero e professionale.
 
Cosa accade quando invece non riportano le inchieste ma delle vere e proprie insinuazioni che le danno per verità assoluta e la gente come noi non ha strumenti o conoscenze per verificarle o meno? Accade questo: si fa disinformazione e noi non ce ne rendiamo conto.
 
 
Allora ho deciso di portare un esempio pratico e che sinceramente mi indigna non poco. La settimana scorsa il Fatto Quotidiano ha riportato un articolo sul giornale che riguarda il Comune di Riace. Una piccola cittadina della tanto martoriata Calabria. In sostanza il giornale senza nemmeno verificare e approfondire il discorso, fa da megafono ad un consigliere di opposizione riportando testuali parole: "la magistratura dovrebbe indagare su come sono stati gestiti i 4 milioni ricevuti dal Ministero degli Interni. Era tutto un business sulla pelle dei profughi". Sì, perché dovete sapere che il Sindaco di Riace, un professore universitario ex Lotta Continua è di una grande sensibilità sui temi sociali, da dieci anni ha aperto un vero e proprio laboratorio sociale aprendosi ai rifugiati. 
 
Qui tutti giocano a fare l'antimafia, e bisogna comprendere che per sconfiggerla non bastano le inchieste giudiziarie ma queste politiche di integrazione che oltre a eliminare le intolleranze, possono contribuire a togliere la manovalanza, lo sfruttamento alla 'ndrangheta .
 
Mi è arrivata una e-mail riguardante il famoso articolo che ovviamente pochi di voi, io compreso, avreste avuto la capacità di capire l'inganno. Leggete e riflettiamo tutti insieme:
"Leggere l’articolo titolato ”Meglio la Svezia di Riace” pubblicato dal Fatto Quotidiano il 17 luglio scorso, ha destato in me non poche perplessità. La vicenda incriminata sarebbe rimasta pressoché anonima a livello nazionale se non c’avesse messo lo zampino la più giovane regina della carta stampata , la testata giornalistica più amata dagli italiani. 
 
Trattasi del progetto "Reinsediamento a Sud", volto ad accogliere e inserire 183 palestinesi (di origine irachena) in un piccolo paese del sud estremo in provincia di Reggio Calabria: Riace, ben più noto per il ritrovamento, avvenuto nel 1972 nel tratto di mare antistante, dei due splendidi Bronzi. Quasi tutti quei 183 migranti a distanza di un anno hanno lasciato l'Italia diretti in Scandinavia «perché il programma era poco chiaro, non offriva garanzie» dice al Fatto uno di loro, Sahmed. Anzi, «la magistratura dovrebbe indagare su come sono stati gestiti i 4 milioni ricevuti dal ministero degli Interni. Era tutto un business sulla pelle dei profughi» dichiara Francesco Salerno, «consigliere di opposizione» come rimarca il Fatto. 
 
La verità raccontata in questo articolo, senza il sostegno di un’analisi minimamente approfondita della questione o di ulteriori argomentazioni a riguardo, è solo una mezza verità che si riduce ad essere interpretata come un mero attacco fine a se stesso, e molto probabilmente di natura prettamente politica, “sollecitato” dalla minoranza dello stesso comune. 
 
In un sistema d’informazione efficace e trasparente è indubbiamente sinonimo di democraticità dare ampio spazio a tutte le voci, ma non al prezzo di rendere un’immagine completamente fuorviante della realtà, affossandola, instillando dubbi, supponendo connivenze criminali. Certo è che, il lettore cittadino di Bergamo, ad esempio, che si trova a leggere questo articolo e che alla parola “Calabria” abbina inevitabilmente quella di “ndrangheta”si fida ciecamente della notizia, considera veritiera l’informazione recepita, data l’attendibilità e affidabilità della fonte. Non sa, però, quel cittadino di Bergamo che il progetto che il Fatto ha messo sotto la lente di ingrandimento, alla ricerca forsennata della macchia che non c’è, del marcio che tanto, è sicuro, alla fine salterà fuori, non è affatto un episodio isolato o un nuovo sistema escogitato dal sindaco di Riace, Domenico Lucano,professore di chimica, con un passato in Lotta Continua e Autonomia Operaia, per far cassa, ma si inserisce in una rete molto più ampia che è quella dei “comuni solidali” di cui Riace è diventato progetto pilota conosciuto nel mondo, come in un blog legato allo stesso Fatto Quotidiano riportava in un articolo di Giampiero Gramagna del 15 gennaio scorso,http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/15/a-riace-si-fa-scuola-di-integrazione/86629/ ed esempio di politiche di integrazione e di accoglienza, tradotte poi in una legge regionale che si è guadagnata il plauso dell’Unhcr (Alto Commissariato per i rifugiati). 
 
Iniziativa, quella di cui si è fatto portavoce questo comune, che non è nuova alla Calabria, poiché lo stesso Lucano ha affermato di avere tratto spunto dall’esperienza di un comune posto solo poche decine di chilometri più a Nord, Badolato,che fu il primo e per lungo tempo l’unico in Italia che già dal 1996 decise di ripopolare le case del borgo, svuotate dall’emigrazione degli ultimi cinquant’anni, ospitandovi i profughi arrivati con le carrette del mare, che inizialmente erano prevalentemente curdi. 
 
Nonostante l’esperimento di Badolato non abbia retto al passare degli anni, un po’ perché il progetto migratorio dei curdi era di arrivare in Germania, dove la loro comunità è molto radicata, ma anche perché, nonostante i cospicui finanziamenti stanziati dal governo non fu possibile creare le opportunità di lavoro e di insediamento per i tanti profughi, né riuscire a coinvolgere totalmente la comunità locale in progetti integrati con i nuovi arrivati, è rimasto un esempio emblematico di solidarietà tra popoli e punto di incontro tra i diversi Sud del mondo. E proprio dal quel punto Domenico Lucano è voluto ripartire, riuscendo a convincere i suoi concittadini, che gli hanno conferito la fascia tricolore nel 2004, della bontà del progetto di ridare vita al paese, accogliendo i rifugiati. Il primo cittadino aveva compreso che essere solidali poteva creare un valore economico, ma anche un’occasione per riscoprire la convivenza fra culture diverse e allo stesso tempo un tentativo per contrastare l’edificazione selvaggia che aveva negli anni devastato il territorio collinare e soprattutto costiero, sottraendo spazio, territorio alla criminalità attraverso la creazione di un rinnovato tessuto sociale e di una sana economia locale. L’idea nuova era quella di un piano di sviluppo a “crescita zero” che in pratica significava che prima di costruire si dovevano riempire le case lasciate vuote dai calabresi emigrati. Dal 2001 a Riace si sono aggiunti altri comune come Badolato, Isola Capo Rizzuto, Carfizi, Cosenza e Acri e in alcun periodi d’emergenza Lampedusa anche Stignano e Caulonia. Il piccolo borgo di Riace, in cui risiedono mediamente un centinaio di abitanti locali, ha visto avvicendarsi negli anni centinaia di profughi e migranti. 
 
Dopo i curdi sono arrivati anche serbi, libanesi, eritrei, etiopi, somali, ghanesi, egiziani, siriani, iraniani, palestinesi, e tra questi ultimi anche quelli provenienti da un campo profughi al confine tra Sira e Iraq. I progetti di accoglienza, che hanno una durata pluriennale, e che vengono sottoposti all’approvazione di un apposito comitato regionale, consentono di finanziare, attraverso contributi ministeriali, l’impiego degli immigrati in piccole attività artigianali, come quelle di falegnami, ceramisti o panettieri, in botteghe equo solidali e laboratori in cui imparare un mestiere o nell’agricoltura, con il vantaggio, in questo caso, del recupero di alcune terre in stato di abbandono. 
 
Il comune di Riace non ha mai sostenuto, proprio il ragione della provvisorietà di tali progetti , di poter garantire loro un futuro lavorativo perenne, quel lavoro del resto che gli stessi Riacesi stanno cercando ancora oggi, emigrando al Nord Italia o all’estero. Riace si è sempre e solo proposto come “Comune dell’accoglienza” partendo dalla volontà di trasformare le difficoltà dovute ad una posizione geografica naturale, ad un’economia di sussistenza ad una cronica carenza infrastrutturale a cui si sono aggiunti i continui sbarchi sulle coste, in una forma di vita, di relazione, di futuro. Le persone che raggiungono quelle coste lasciano Paesi in guerra, famiglie smembrate, anni di esilio e subiscono quasi sempre trattamenti disumani. 
 
Il limite alla realizzabilità di tali programmi e quindi al raggiungimento del loro pieno successo è dovuto al fatto che in Italia, caso quasi unico in Europa, non esiste un piano nazionale di sostegno all'inclusione sociale dei rifugiati; non è infatti previsto nulla, se non il generico accesso ai servizi sociali a parità di condizioni con i cittadini italiani. Pertanto se l'accoglienza dei rifugiati l'Italia è il sintomo di una profonda carenza di capacità di programmazione, Riace da sola non può certo supplire a queste mancanze strutturali. Sulle ombre e i sospetti che il Fatto ha voluto far cadere sull’ultimo progetto, "Reinsediamento a Sud", il sindaco Lucano è stato esplicito: «Era un programma biennale, in scadenza dal 31 dicembre prossimo. Gli iracheni palestinesi hanno preferito lasciarlo anzitempo in quanto pretendevano che il progetto fosse a tempo indeterminato, cosa che in Italia non è tecnicamente possibile. Hanno preferito trasferirsi in Svezia dove i programmi sono illimitati.> precisando che gli alloggi rimasti vacanti, sarebbero stati subito resi disponibili per accogliere altri profughi, stavolta siriani. 
 
Da qui ad insinuare che tutto questo debba necessariamente nascondere un “sistema” per speculare sul dolore e lo strazio dei profughi, tanto da auspicare un intervento chiarificatore - dicasi inchiesta- della magistratura, che ormai pare sia divenuta la panacea di tutti i mali politici e sociali, mi permetto di ritenerla una conclusione superficiale ed offensiva nei confronti di quella consistente fetta di calabresi onesti che non ci stanno ad essere denigrati, prestandosi al gioco di un sensazionalismo semplicistico rivolto a sempliciotti. Perché è questa la considerazione che i “dispensatori” di notizie hanno dei loro lettori-seguaci.
Questa puntualizzazione sul caso di Riace, è stato solo uno spunto per una mia riflessione sul livello di strumentalizzazione e manipolazione della mole di notizie che ci vengono somministrate quotidianamente, che recepiamo molto spesso troppo inconsapevolmente, senza sottoporle minimamente al vaglio della nostra obiettività, del nostro personale pensiero."
Per ulteriori informazioni:

 

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