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Cina India ed alleanze a geometria variabile

Il mondo contemporaneo è il mondo delle alleanze a geometria variabile, della contrapposizione strategica che si accompagna alla cooperazione economica, della geopolitica che si accompagna necessariamente alla geoeconomia nell’elaborazione delle mosse di lungo termine di governi, Paesi e attori non statuali.

di Andrea Muratore

Poche relazioni interpretano in maniera tanto completa il ruolo di perfetta esemplificazione della dialettica dell’era della globalizzazione quanto quella, ampia, tormentata, controversa che caratterizza la Cina e l’India. Un rapporto millenario, frutto della miriade di contatti tra due dei principali poli di civiltà planetario, si declina oggi nella relazione tra la Repubblica Popolare Cinese e l’India sorta dopo lo smantellamento dell’Impero Britannico.

L’India, riconoscendo la Repubblica Popolare Cinese il 1 gennaio 1950, fu il primo Stato non comunista ad accettare il nuovo status quo seguito alla fine della guerra civile in Cina, instaurando rapporti diplomatici con il governo di Pechino e dando così il via alla fase contemporanea dei rapporti sino-indiani.

Tra i giovani, popolosissimi e ambiziosi Stati di Cina e India si creò sin dai primi mesi un attivo e acceso dialogo, dovuto alla presenza di numerose questioni di interesse comune e di una delicata situazione internazionale. La fase iniziale delle relazioni sino-indiane, infatti, sarebbe stata profondamente influenzata dalla progressiva polarizzazione degli schieramenti geopolitici attorno ai centri d’influenza rappresentati dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica, che facevano sentire il loro peso anche nella regione dell’Asia Orientale; proprio India e Cina, in seguito, avrebbero contribuito a impedire la formazione di un bipolarismo “perfetto” attestandosi su posizioni di relativa indipendenza dai due blocchi principali.

Nel corso del XX secolo, la volontà di entrambi i Paesi di mantenere e rafforzare la propria indipendenza politica e strategica li avrebbe portati a più riprese a collidere: nel 1962, infatti, pochi mesi dopo la costituzione del Movimento dei Non Allineati che aveva avuto nella Conferenza di Bandung una fondamentale premessa e di cui l’India fu uno dei più attivi membri fondatori, le due nazioni arrivarono al primo scontro armato a causa di un contenzioso riguardante le regioni di confine nell’area occidentale dell’Aksai Chin e nella regione orientale indiana dell’Arunachal Pradesh.

Il breve scontro militare costituì l’inizio di una fase di reciproco, muscolare confronto che portò a un climax ascendente nel momento in cui sia la Cina comunista (1964) che l’India (1974) misero in atto i loro primi test nucleari e si dotarono ufficialmente del deterrente atomico. A partire dagli Anni Ottanta, in ogni caso, i due grandi Paesi asiatici iniziarono ad espandere il proprio rapporto bilaterale oltre la tematica delle schermaglie di confine e della proiezione geopolitica (esasperata in particolar modo dalla contrapposizione all’India della stretta alleanza sino-pakistana): una storica visita di Rajiv Gandhi a Pechino, nel 1988, inaugurò di fatto una nuova fase che ha aperto la strada all’evoluzione dei rapporti odierni tra Repubblica Popolare Cinese e India.

Allo stato attuale delle cose, infatti, sulla scia delle crescenti ambizioni internazionali e della loro maggiore rilevanza economica, Cina e India competono strenuamente in determinati scenari ma risultano, paradossalmente, più legate l’una all’altra di quanto siano mai state nella propria storia. Un segno eloquente e tangibile della convergenza che in alcuni ambiti specifici attrae Pechino e Nuova Delhi è dato dall’incremento esponenziale dell’interscambio sino-indiano dal 2000 in avanti: considerando solo il lasso di tempo compreso tra il 2004 e il 2015, l’interscambio si è dilatato di oltre sette volte, crescendo da 10 a 72 miliardi di dollari principalmente grazie alla crescita delle acquisizioni indiane di prodotti elettronici e macchinari industriali prodotti in Cina, che nel solo 2015 hanno generato un giro d’affari da 25,8 miliardi di dollari.

Al contempo, la rivalità tra Pechino e Nuova Delhi ha assunto un dimensionamento superiore rispetto alla sua tradizionale conformazione di faccia a faccia tra grandi nazioni confinanti e prosegue sul solco della connettività, a causa della contrapposizione indiana al progetto della “Nuova Via della Seta”, dell’evoluzione degli assetti regionali dell’Asia-Pacifico, che Pechino punta a plasmare in modo a suo favorevole facendo leva su alleati di lungo corso come il Pakistan, e della ridefinizione degli equilibri planetari, dato che la contrapposizione indo-cinese risulta un importante asset su cui gli Stati Uniti puntano per esercitare un attivo, e a tratti aggressivo, contenimento della Cina.

Nelle prossime settimane, la dialettica sino-indiana, di cui in questo primo articolo si è voluto dare una presentazione ad ampio raggio, sarà analizzata e declinata nelle sue componenti principali: l’obiettivo dello studio sarà dimostrare la complessità e la profondità di una relazione tra grandi Paesi e potenziali player di statura planetaria in un’epoca che fa della complessità stessa la sua cifra determinante.
1 – continua

Andrea Muratore

Questo articolo è stato pubblicato qui

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