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 Home page > Attualità > Politica > Ci sono un americano, un italiano ed un africano...

Ci sono un americano, un italiano ed un africano...

"Negli anni settanta, in La Surchauffe de la croissance, Francois Meyer lanciava il segnale d’allarme. A suo giudizio l’accelerazione demografica in forma sovraesponenziale è un fenomeno di importanza primaria che ci allontana da qualsiasi soluzione in grado di riportarci a un certo equilibrio.

Sulla base di 135 milioni di chilometri quadrati di terre emerse, Meyer faceva il calcolo seguente: nel 1650 la superficie teoricamente disponibile per individuo era di 0,28km quadri; nel 1970 si era ridotta a 0,04 km quadri, cioè sette volte di meno; nel 2070, con tutta probabilità, si ridurrà ancora a 0,011 km quadri, cioè quattro volte di meno, il che corrisponde a uno spazio bioproduttivo insufficiente per sopravvivere.

All’inverso, secondo una visione altrettanto meccanicistica, ma ottimista, nello stesso periodo in cui la popolazione del pianeta si è moltiplicata di sei volte, passando da uno a sei miliardi, le forze produttive si sono moltiplicate diverse centinaia di volte. Dunque, in teoria, ognuno dei 6 miliardi di individui è statisticamente cento volte più ricco dei suoi antenati. Allora non c’è di che preoccuparsi!" (Serge latouche, Breve trattato sulla decrescita serena)

Al di là dell’ironia finale, questo è il quanto: non avremo in futuro sufficiente spazio per garantire la sopravvivenza della nostra stessa specie, che già ad oggi comincia a scricchiolare sotto un lunga catena di costanti minacce.
Una soluzione ai nostri problemi di spazio potrebbe essere proprio quella attualmente in uso, che prevede di andare in giro per il mondo ad esportare la democrazia, lanciando bombe intelligenti che spesso sbagliano obiettivi, garantendo una bella falciata al tasso di natalità nel terzo mondo.


Così facendo, effettivamente ci garantiamo tutto il necessario approvvigionamento delle risorse prime, possiamo ad esempio affittare a prezzi ridicoli interi appezzamenti di terreno e farne delle monocolture schiavizzando gli abitanti del luogo, imponendo la monocoltura e la vendita di tutto il raccolto.

Certo, prima o poi finiranno anche le risorse, ma ci sono in giro un bel po’ di pianeti da visitare.

Tuttavia non si può fare a meno di dire, anche solo per inciso, per chiacchiera da fine pasto e degustazione caffè, che l’umanità consuma circa il 30% in più della capacità di rigenerazione della biosfera. Se tutta la popolazione mondiale vivesse come gli americani, che consuma circa 90 tonnellate di materiali vari all’anno, ci vorrebbero ben sei pianeta terra. Consoliamoci, pensando che se tutta la popolazione mondiale si comportasse come noi italiani, che consumiamo in media annualmente 50 tonnellate di materiali vari, basterebbero tre pianeti terra.


Nel calcolo è esclusa la classe parlamentare con tanto di premier e festini. Per loro ci vorrebbero 18 pianeti. Possibilmente lontani dal sistema solare.
(dati presi in prestito sempre da Serge Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena)

Si può pensare anche diversamente, iniziare ad ammettere, con un filo di vergogna, che ogni nostro gesto di benessere quotidiano grava sulle spalle di un qualcuno privato della propria linertà e decenza.
La qualità della nostra vita è inversamente proporzionale alla vita di un abitante del terzo mondo.

Non ho soluzioni da proporvi, solo un’idea.
Dobbiamo ritornare ad essere curiosi, iniziare a chiedersi da dove venga un determinato prodotto, chi lo abbia effettivamente lavorato e come.
Non è forse molto, ma è un punto di partenza, ed importante, alla base di una rivoluzione culturale interiore in ognuno di noi.
Ogni domanda e piccola curiosità su ciò che stiamo per acquistare apre un mondo, su cui poter indagare, su cui chiedere la legittimità, nel senso più lato.



Vi butto un altro sassolino, assieme all’idea: il 9/ 10/ 11 Ottobre ad Osnago si svolgerà l’annuale edizione di Tuttaunaltracosa. Partecipate!

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