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Chiesa e tasse: non è questione di fede

Periodicamente, le diverse esenzioni fiscali della chiesa riempiono intere pagine di giornali, con titoloni altisonanti, come se fosse un mistero appena svelato. Eppure le agevolazioni fiscali non sono per niente una novità, agevolazioni che nessun governo ha mai affrontato con serietà.

Andiamo per ordine, il più importante strumento, tramite il quale la chiesa ottiene cospicue somme per le sue attività caritative ed educative è l’otto per mille. La legge che stabilisce tutto ciò risale a ben ventisei anni fa, è la numero 222 del 1985, che stabilisce appunto di destinare una parte del gettito dell’Irpef per scopi di carattere religioso ed umanitario anche a diretta gestione dello Stato, a partire dall’anno fiscale 1990. Oltre alla chiesa cattolica usufruiscono dell’otto per mille anche altre realtà religiose: la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, l’Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, l’Unione delle Chiese cristiane avventiste del Settimo giorno, le Assemblee di Dio in Italia e l’Unione Comunità Ebraiche Italiane.

Stando alle statistiche, soltanto il 40% dei cittadini che presentano la dichiarazione dei redditi decide di destinare l’otto per mille, e l’80% di questi sceglie la chiesa cattolica, però la legge vieta al singolo contribuente di decidere a chi destinare la sua quota, dunque la chiesa dispone dell’80% di tutto il gettito Irpef riferibile all’otto per mille, in soldoni si parla di circa un miliardo di euro all’anno.

Arriviamo al capitolo Ici, la chiesa non l’ha mai pagata né per gli immobili “non commerciali” né per quelli “commerciali”, un risparmio annuo per la chiesa che si aggira in diverse centinaia di milioni di euro, una perdita secca all’erario di altrettanti milioni di euro.

E poi le tante sovvenzioni che lo Stato elargisce alle scuole private confessionali, gli stipendi degli insegnanti di religione cattolica nelle scuole pubbliche, la fornitura idrica gratuita alla Città del Vaticano, l’esenzione delle imposte doganali per le merci provenienti dall’estero per la Città del Vaticano. Insomma un grande affare per lo Stato italiano.

Come scritto prima, monta la polemica ma sembra che nessuno voglia toccare questi privilegi, né la Destra, né la Sinistra, del resto in un Paese ipocrita, finto perbenista, che pensa sia sufficiente la messa domenicale per lavarsi la coscienza, tutto è lecito, come accusare di “anticlericalismo” chi cerca di portare sulla strada del buonsenso un dibattito che sembra fine a se stesso.

Sostenere che sia giusto far pagare le tasse alla chiesa non è una questione di fede, non è un espediente per mettere gli uni contro gli altri, chi è credente contro chi non lo è, è una questione di coerenza e giustizia, specialmente in un periodo – quale è questo – di profonda crisi economica, dove tutti devono essere responsabilizzati a dare il buon esempio e fare la loro parte.

Le tante buone parole, non seguite da fatti e comportamenti virtuosi, rimangono insipide e senza senso.

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