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Chi decide la nostra “agenda”?

Chi decide gli argomenti dei nostri discorsi? Chi stabilisce le questioni importanti di cui discutere? Chi decide che i problemi importanti oggi siano alcuni e non altri? Chi stabilisce cosa è accaduto o cosa accade veramente? Chi decide quali sono le notizie da porre in primo piano? In effetti cosa facciamo per sapere cosa è accaduto o cosa sta accadendo?

Quasi tutti guardiamo la Tv o ascoltiamo la radio o leggiamo il giornale (a dire il vero, credo che lo si debba fare sempre di meno e cercare altre strade, consentite forse oggi dal web. Sarebbe forse meglio usare la Tv e i giornali per scopi diversi da quello di “informarsi” su quello che accade nel mondo oggi. Il rischio, altrimenti, sarebbe, è, quello di interessarci e di parlare di quello che ci dicono – ci ordinano? – la tv o i giornali, invece che di quello che “veramente” accade o ci accade! ). A meno di essere talmente ingenui da credere di essere noi a scegliere cosa è importante, e di cosa occuparci!

Siamo veramente così ingenui da identificare i “fatti” del giorno con le notizie pubblicate, per decisioni – sicuramente non trasparenti e non controllabili, talora ciniche, a volte servili, spesso interessate (se non altro a vendere i giornali o un programma Tv) - di comitati di redazione di giornali o di Tv, magari sotto l’input di “democratiche veline” di organismi governativi o di grossi centri di interessi economici o finanziari? Chi decide quali sono i “fatti”? Chi stabilisce, in un mondo così vario, vasto e complesso, come quello in cui viviamo oggi, quali sono le “notizie” da selezionare e pubblicare? Sappiamo veramente cosa accade oggi nel mondo? Conosciamo veramente il mondo in cui viviamo? Riusciamo veramente ad ascoltare le voci che andrebbero ascoltate, a fissare i volti che aspettano di uscire dall’ombra, o ad accorgerci degli eventi che “accadono” veramente, su questo nostro pianeta?

E allora, noi, di “che” parliamo? Anzi, adattando al nostro discorso una espressione di Lacan, “chi” parla veramente? Non sarebbe questa una consapevolezza fondamentale per qualunque discorso “politico”?

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