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Cave ofiolitiche: l’amianto legalizzato

Non sempre le leggi nascono perfette.

Se oggi il fronte della battaglia contro l’utilizzazione e la dispersione di nuove fibre di amianto in Italia è ancora aperto, lo dobbiamo ad una norma probabilmente illegittima e anticostituzionale.

Infatti, a nostro giudizio, le prescrizioni contenute nell’allegato 4 del D.M. 14 maggio 1996 snaturano e contraddicono la legge a cui avrebbero dovuto fornire solo strumenti applicativi. La prosecuzione di attività estrattive su matrici ofiolitiche nelle quali è stata da tempo accertata la presenza di amianto, pone concretamente, al tempo presente, il problema giuridico della legittimità della norma e il problema sanitario della dispersione di nuove fibre di amianto conseguenti l’estrazione, la frantumazione, il trasporto e l’impiego finale.

Il censimento Arpa Emilia Romagna del 30 settembre 2011 ha inserito fra i siti contaminati da amianto naturale le cave ofiolitiche, ma ancora una volta i tre livelli decisionali (comune, provincia, regione), negando la logica più elementare, non hanno adottato provvedimenti coerenti, come nel recente caso avvenuto in Provincia di Parma, dove il Comune di Bardi ha riconfermato nel proprio Piano delle Attività Estrattive due siti ufficialmente contaminati.

Noi chiediamo a tutte le associazioni che si battono per la tutela della salute di recepire nelle proprie valutazioni e istanze la problematica delle escavazioni e utilizzo di rocce contaminate da amianto in quanto fonte di dispersione in ambiente non confinato di nuove fibre. Di questo aspetto chiediamo che venga ufficialmente investito il Governo, il parlamento italiano ed europeo.

Lasciamo al confronto tra epidemiologi la problematica relativa alle metodiche delle elaborazioni dei dati raccolti e alla loro significatività. Noi non ci stancheremo mai di ripetere che l'epidemiologia è una scienza di prevenzione e non può essere usata a posteriori per mettere in dubbio realtà scientifiche incontestabili. Riteniamo quindi logico poter affermare che una volta accertata la dispersione di nuove fibre di amianto, l’assenza di un riscontro epidemiologico dovrebbe essere tema di riflessione per gli addetti ai lavori e non argomento per giustificare la prosecuzione delle escavazioni e utilizzo di rocce contaminate.

Noi, da cittadini privi di cultura specialistica, siamo indotti a pensare che la raccolta del dato statistico subisca le conseguenze di una notevole serie di fattori di confondimento ampliati in particolare dal lungo tempo di latenza del mesotelioma. Se anche arrivasse l’evidenza epidemiologica saremmo condannati a prendere una decisione irresponsabilmente tardiva. L’incurabilità del male dovrebbe far ben comprendere che l’unica tutela sanitaria possibile è la prevenzione primaria facilmente attuabile con il divieto di escavazione e utilizzo delle matrici minerali con presenza di amianto e con la sostituzione nell’impiego di rocce indenni; garantendo nell’immediato l’abbattimento di una importante fonte di contaminazione non solo per i lavoratori del settore, ma per la cittadinanza tutta e per un più vasto ambiente.

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