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Caso Nisman, un cadavere eccellente per le presidenziali in Argentina

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Il mainstream mondiale, con una frivolezza non mostrata affatto per Tony Blair col caso del prof. Kelly o, in maniera uguale e contraria, con i golpisti venezuelani che fecero saltare in aria il giudice Danilo Anderson, ha deciso: la presidente argentina Cristina Fernández è colpevole. Sarebbe colpevole di aver ordito l’omicidio politico del magistrato che l’accusava di complicità con i presunti autori iraniani dell’orribile strage alla mutualista ebraica nel 1994 e, tra le righe, perfino di un atto terroristico, quello all’AMIA, avvenuto 15 anni prima della sua elezione.

La realtà è ben altra. L’accusa del giudice Nisman, pur sparata per 300 pagine di rapporto che in pochi hanno letto, affidandosi in genere a cronache di media che hanno nella demonizzazione del governo la principale ragion d’essere, sarebbe riferita a fonti “ufficiose” del ministero degli esteri israeliano. Si tratta cioè di voci generate da servizi segreti, non prove dunque, che parlano di eventuali pressioni del Ministro degli Esteri Hector Timerman sull’Interpol per abbassare il livello d’allarme dell’Interpol sui funzionari iraniani presunti colpevoli dell’attentato. Si apre qui una contestualizzazione geopolitica che può essere solo accennata. Argentina e Iran sono due paria della politica internazionale che non possono negoziare tra loro ma solo fare “loschi traffici”.

Ammesso e non concesso che le pressioni di Timerman sull’Interpol fossero provate, basta questo per il “cui prodest” di un eventuale omicidio politico? Evidentemente no. Ma c’è qualcosa in più che rende le vaghe accuse al ministro degli esteri argentino rivoltanti se non irricevibili (a patto di sapere di chi si parla). Giova ricordare che i governi argentini dopo la caduta del regime neoliberale, quello di Néstor prima e quello di Cristina poi, sono senza alcun dubbio quelli che più di qualunque altro hanno fatto per la protezione dei diritti umani al mondo nel XXI secolo. Che piaccia o no, e a molti non piace, l’Argentina è un modello in positivo in questo ambito. Parliamo di dirigenti politici seri e coraggiosi che hanno riscritto i paradigmi della giustizia di transizione. Tirare poi letame (vigliaccamente a man salva, contando sull’ignoranza dell’opinione pubblica mondiale) su Héctor Timerman è particolarmente repellente. Héctor, membro autorevole della comunità ebraica argentina, figlio di Jacobo, uno dei più prestigiosi giornalisti del XX secolo, torturato per mesi dalla dittatura in quanto ebreo, si sarebbe prestato a un gioco sporco (presunto ed eventuale) sul sangue degli 85 morti dell’AMIA? Spazzatura che il mainstream mondiale sta goebblesianamente ripetendo da tre giorni per demonizzare un governo colpevole di non essere allineato.

Nessuno sa se Nisman si sia suicidato o sia stato assassinato, ma ci si può pronunciare sul cui prodest. Nell’Argentina nera della prima metà degli anni Settanta era usuale mettere un cadavere sul piatto per ottenere obbiettivi. Raramente la lettura di quegli omicidi era intellegibile ai più e spesso era esattamente contraria dalla rappresentazione che i media complici, “Clarín”, “La Nación”, allora come oggi, davano. Oggi però l’obbiettivo è chiaro: la Casa Rosada, dove in ottobre dovrà sedere un nuovo inquilino che continuerà il progetto politico kirchnerista di riduzione delle disuguaglianze o lo sovvertirà ripristinando il modello neoliberale. Da qui a ottobre i colpi bassi saranno innumerevoli. Di certo le poche centinaia di persone che due giorni fa hanno protestato a Buenos Aires con deliranti cartelli “Je suis Nisman” (molto ben congegnato il collegamento col terrorismo ad uso dei canali internazionali), ma anche con slogan di morte per l’odiata presidente, non sono preoccupati né per la giustizia né per la libertà d’espressione. Né tantomeno di sapere la verità sull’AMIA, alla quale lavorò a lungo Néstor, o chi davvero ha ucciso il giudice Nisman.

Credito Foto: Colectivo Somos Mafia

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.210) 25 gennaio 2015 12:06

    Il governo israeliano e la lobby sionista mondiale hanno le mani in pasta in diversi teatri un po’ in tutto il mondo, e raramente con finalità e metodi compatibili col diritto internazionale.

    Quanto ai rapporti tra l’uno e l’altra è difficile dire se il primo è espressione della seconda o viceversa: conviene considerarli entrambi espressione di una stessa realtà ideologica. Tanto è vero che non vi è notizia di disaccordi tra loro. Salvo forse nel caso Rabin: contrasto rapidamente risolto con l’eliminazione dell’elemento incompatibile.

    Ma dall’Iraq alla Siria, dall’Iran al Libano, dalla Russia all’Ucraina, all’Egitto, all’Argentina, al Venezuela ecc. è possibile rintracciare i segni dell’azione dell’intelligence, della politica, del lobbismo israeliani. E in tutti questi casi si tratta di azioni che hanno finalità disgregatrici degli equilibri esistenti e di creazione di nuovi equilibri: più vantaggiosi secondo la visione sionista, cioè ultranazionalista israeliana.

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