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Casini non adatto al Colle

Riflessioni su uno dei nomi che circolano per la poltrona del Quirinale.

Mi dispiace molto per chi – dentro e fuori il Parlamento – ha la memoria corta, ma avverto l’obbligo di ricordare che il senatore Pier Ferdinando Casini, il quale con perfetto tempismo si atteggia implicitamente ad immacolato candidato alla presidenza della Repubblica sostenuto da alcuni turibolanti suoi colleghi parlamentari di vario colore politico, fu colui che nel 2004 in qualità di Presidente della Camera dei Deputati – quindi, terza carica dello Stato – telefonò a Marcello Dell’Utri (all’epoca senatore di Forza Italia) esprimendogli profonde attestazioni di stima e di amicizia precisamente dieci giorni prima del verdetto della seconda sezione penale del tribunale di Palermo che, l’11 dicembre 2004, condannò in primo grado Dell’Utri a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Quella telefonata di Casini, avvenuta mentre i giudici erano radunati in camera di consiglio per emettere la sentenza, venne resa pubblica con un comunicato ufficiale di Montecitorio. Perché quella premura da parte di un Presidente della Camera verso un imputato accusato di un reato così odioso? La telefonata in questione fu una gravissima interferenza, un gesto irrispettoso, nei confronti del potere giudiziario e della sua imparzialità. Una scorrettezza mai vista prima.

Perfino Alessandro Cè, che era capogruppo della Lega alla Camera, disse che «chi riveste cariche istituzionali dovrebbe esimersi dal fare considerazioni di questo tipo».

Inoltre nel 2008 Casini, allora deputato leader dell’Udc, dopo che il suo compagno di partito e presidente della Regione Siciliana Salvatore “Totò” Cuffaro venne condannato dalla terza sezione penale del tribunale di Palermo a 5 anni di reclusione per favoreggiamento personale e rivelazione di segreti d’ufficio, prese le difese di Cuffaro caldeggiando la candidatura di quest’ultimo in Senato e affermando: «Cuffaro credo abbia subito una vera e propria persecuzione giudiziaria». Cuffaro venne candidato ed eletto a Palazzo Madama. Poi nel 2010, in appello, fu condannato a 7 anni perché gli fu riconosciuta l’aggravante del favoreggiamento alla mafia. Pena confermata in via definitiva nel 2011 dalla Cassazione per i reati attribuitigli. In tale occasione, Casini e Marco Follini in una nota manifestarono rispetto per la sentenza, tuttavia aggiungendo: «Non rinneghiamo tanti anni di amicizia e resta in noi la convinzione che Cuffaro non sia mafioso».

Basterebbero questi comportamenti, inopportuni e irresponsabili, per comprendere che Casini è inadatto oggi a ricoprire l’alto ufficio di Capo dello Stato, una carica che dovrebbe essere rivestita da una autentica figura di garante della Costituzione, rispettosa dell’equilibrio tra i diversi poteri dello Stato. Visto e considerato, in particolare, che il Presidente della Repubblica presiede anche – come stabilisce la Costituzione – il Csm (Consiglio superiore della magistratura). A Casini mancano i necessari requisiti per sedersi sul massimo scanno delle nostre istituzioni. Una sua eventuale elezione al Quirinale suonerebbe come una beffa per i numerosi eroi e fedeli servitori dello Stato assassinati in Italia dalle mafie e mai dimenticati dai cittadini onesti.

 

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