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Caro Umberto Eco...

Caro Umberto Eco, 

Ti scrive uno di quegli imbecilli a cui piace confrontarsi con le opinioni altrui e che trova nella “rete” notizie, confronti di idee, controinformazione, partecipazione, linguaggi nuovi e diretti che danno a tutti, imbecilli compresi, la possibilità di crescere e di uscire dalla dittatura del pensiero unico veicolato da TV e giornali con la complicità, ben remunerata, di intellettuali, professori, filosofi, specializzati nel rendere incomprensibili cose semplici.

Ho l’impressione che il nostro illustre professore di semiologia percepisca un grave pericolo per la sua categoria sociale, fenomeno che è già chiaro e in atto, e consiste nel fatto che non ci si affida più alle analisi o alle valutazioni dei sommi sacerdoti della “cultura”, ma le persone cominciano, proprio grazie alla rete, a cercare le informazioni che servono e che interessano e questo comportamento sta condannando tutto il televisivo e il cartaceo ad una crisi che non si traduce in fallimenti e licenziamenti di intellettuali e giornalisti solo perché scandalosamente finanziati a fondo perduto con denaro pubblico.

L’odio per Internet è giustificato, ma è scorretto prendersela con gli imbecilli, che ci sono dappertutto, basterebbe dare un’occhiata all’ambiente politico, sarebbe invece corretto confessare che la rete sta annullando il peso degli intellettuali strapagati, mentre sta emergendo una informazione di alto livello, offerta gratuitamente, da persone il cui unico scopo è quello di fare informazione vera e non telecomandata da forze economiche, politiche, religiose.

C’è una rivoluzione in atto che fa imbestialire gente che si considerava indispensabile nel formare “l’opinione pubblica” e sono i disoccupati che mi piacerebbe vedere ai giardinetti, senza più peso né ruolo, senza più comparsate televisive, smarriti in un mondo che va verso l’autogestione e la democrazia diretta, alla faccia di chi parlava di imbecilli e di antipolitica.

Paolo De Gregorio

 

Foto: Ross Angus/Flickr

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