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Cambio di governo in Bassa Sassonia: vincono Socialdemocratici e Verdi. Sconfitta la Merkel

Altra sconfitta per Angela Merkel. Continua il trend negativo per la maggioranza di governo che perde anche in Bassa Sassonia. Ora non ha più la maggioranza nel Bundesrat (Camera delle Regioni). Tuttavia più che la sconfitta della Cancelliera, sembra essere quella di McAllister, il candidato e Presidente uscente della CDU che era considerato un enfant prodige. Merkel continua ad essere, infatti, popolarissima e l'Unione (CDU/CSU) mantiene saldamente lo status di primo partito. Le elezioni federali del prossimo settembre possono ora iniziare e sono apertissime.

Nulla di nuovo sul fronte occidentale. Si potrebbe riassumere così il risultato delle elezioni in Bassa Sassonia, dove è stato confermato un trend negativo iniziato già nel maggio del 2010 con le elezioni in Nordrhein-Westalen. La coalizione di centro-destra (CDU/CSU e FDP) ha perso anche nel Land di Hannover
 
Le elezioni in Bassa Sassonia erano considerate le prove generali delle prossime elezioni federali di settembre. Anche se è sempre molto difficile dare valore nazionale ad elezioni regionali, è altresì vero che: primo, queste elezioni in Bassa Sassonia si sono svolte poco dopo gli ultimi congressi dei partiti in vista della prossime elezioni federali e, secondo, il risultato è stato molto condizionato dalle recenti gaffe di Peer Steinbrück (candidato socialdemocratico al Cancellierato), dalla crisi dei liberali (FDP) e dall’enorme consenso popolare di cui gode Angela Merkel.
 
Ma iniziamo subito dai risultati: 36 per cento per la CDU (-6,5 per cento rispetto alle scorse elezioni, ma comunque primo partito), 32,6 per la SPD (+2,3 per cento), 13,7 per cento per i Verdi (+5,7 per cento e miglior risultato di sempre in questo Land), 9,9 per la FDP (+1,7), 3,1 per cento per la Linke (-4,0). Restano fuori dal parlamento anche i Pirati che si fermano a meno del 2 per cento. Nella divisione dei seggi la CDU ne ha ottenuti 54, la FDP 14, la SPD 49 e i Verdi 20. I dati hanno consegnato la maggioranza di un solo seggio al centro-sinistra (69 seggi) rispetto alla coalizione uscente (CDU e FDP) di McAllister (68 seggi). 

Si è trattato, in realtà, di un sostanziale pareggio. Però anche un pareggio può avere vincitori e vinti. Il nuovo Ministro-Presidente sarà Stephan Weil, già Sindaco di Hannover che con questa vittoria può aver messo una croce alle ambizioni di McAllister, giovane successore di Cristian Wulff in Bassa Sassonia e considerato uno degli astri nascenti della CDU. Ma per la SPD e i Verdi non è tutto oro quel che luccica. Se è vero che il governo regionale uscente ha perso, è indubbio che fino a qualche settimana fa era dato perdente con un margine ben superiore. Questo vuol dire che comunque ha recuperato numerosi voti, grazie all’attivismo della Cancelliera e grazie soprattutto alle gaffe di Peer Steinbrück. SPD e Verdi, fino a qualche settimana fa, pregustavano una facile vittoria le cui proporzioni si sono lentamente affievolite fino a ridursi ad un soffio, ad un solo seggio. Si è dovuto aspettare notte fonda per essere sicuri della vittoria.

Altri sconfitti sono certamente i Pirati. Dopo quattro elezioni regionali trionfali, crollano a meno del 2 per cento e sono fuori dal Parlamento regionale. I Pirati hanno perso smalto, semplicità e non sembrano essere più la novità della politica tedesca. Oggi pagano le numerose polemiche interne ed a poco sembra essere servito l’ultimo congresso che ha certamente dato entusiasmo alla base, ha certamente ricompattato il partito, ma in termini di voti non sembra essere cambiato molto. E poi dovrebbero forse recuperare personaggi popolari come Marina Weisband e dare più spazio a giovani donne come Julia Probst o Julia Reda.

Ma la sconfitta dei Piraten era in qualche modo attesa e non rappresenta una grande novità. I dati più rilevanti sono, al contrario, il successo della FDP e la sconfitta della Die Linke.
 
1) Il successo della FDP è quasi clamoroso. Fino a poche settimane fa era fortemente in discussione l'entrata in parlamento. I liberali erano dati sotto la soglia di sbarramento del 5 per cento. Ieri hanno raggiunto un sorprendente 9,9 per cento. Angela Merkel, prima delle elezioni, aveva detto che la FDP avrebbe dovuto riprendersi con le proprie forze. Sembrava il de profundis, si è rivelata una profezia. Nonostante le lotte interne per la leadership tra Rösler e Brüderle, oggi i liberali sembrano essere tornati alleati credibili per la CDU in vista delle prossime elezioni federali. 
 
2) Altrettanto clamoroso l’insuccesso della Linke. Appena cinque anni fa la Linke ottenne in Niedersachsen un ottimo 7,4 tanto che quel risultato fu visto come l’approdo dell’estrema sinistra anche nei Länder della Germania dell’Ovest. La Linke ha, tradizionalmente, la maggior parte dei voti nelle regioni dell’ex Germania dell’Est. Oggi il sogno della Die Linke di radicarsi a Ovest sembra essere svanito.

C’è poi una riflessione finale da fare. Il voto in Bassa Sassonia dimostra quanto sia difficile, in questa fase storica, fare previsioni in Germania. Il quadro politico tedesco è fluttuante e imprevedibile. Nello scorso anno tutta la stampa internazionale ha evidenziato, giustamente, i successi dei Pirati e gli insuccessi dei liberali. Oggi, i dati in Bassa Sassonia indicano un trend esattamente opposto. Questo rende l’avvicinamento alle prossime elezioni federali estremamente complesso. La partita è apertissima e qualsiasi risultato sembra possibile. 
 
È infine da sottolineare che la sconfitta del centro-destra in Bassa Sassonia non è da considerare come la sconfitta di Angela Merkel o come l’inizio del suo declino. Merkel è ancora oggi popolarissima e l’Unione (CDU/CSU) è saldamente il primo partito nazionale. Questa, più che la sconfitta della Cancelliera sembra la sconfitta di McAllister, l’ultimo di una lunga serie di leader (maschi) della CDU che non riesce ad emergere. 
Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.54) 21 gennaio 2013 20:03

    Salire in trincea >

    Monti è diventato Senatore a vita appena prima di insediarsi a Palazzo Chigi. Una carica in sintonia con la guida di un governo “super partes” dalla maggioranza più trasversale e numerosa che si ricordi.

    Monti racconta di aver a lungo pensato che, una volta salvato il paese, avrebbe svolto la funzione di senatore “in attesa che qualcuno lo chiamasse” ancora. Questo finchè ha tenuto banco la riproposizione di un Monti-bis.

    Poi, a fine estate, il vento è cambiato.
    Tutti gli indicatori socio-economici continuavano a dare segnali negativi. Le sue ricette del “rigore” pesavano vieppiù come vera e propria “austerità”.
    All’avvicinarsi delle elezioni della sua Agenda rimaneva solo la copertina e, ancor peggio, l’ambito titolo di “salvatore” stava mutando in quello di “affossatore”.

    A dicembre, per Monti, è giunto alfine il tempo della svolta.
    Se guidare un governo “tecnico” è un “servizio civico-militare”, la salita in politica è stata una scelta “difensiva” obbligata. Da ultima trincea.

    Cambia così la strategia. Sotto la Lista unica, “Con Monti” ci sarà il baluardo di una quarantina di Senatori. Per evitare di riconsegnare il paese “in mano agli incapaci” ora può ottenere 5 anni di tempo per “rimettere mano” alle sue stesse riforme e perfino per ridurre le tasse.
    Nessuno sembra notare che i “pilastri” dell’azione politica di Monti sono scesi a due. Manca quello dell’equità.

    Di enunciati “forbiti” e di spiegazioni “suadenti” trabocca anche un Dossier Arroganza

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