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Caccia F-35: spenderemo 17 miliardi per degli aerei difettosi

Un rapporto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti rivela gli importanti difetti del cacciabombardiere. E mentre altri Paesi hanno disdetto l'acquisto (o stanno per farlo) in Italia il ministro dichiara: "Sarà un grande investimento per la crescita".

Poniamo il caso di trovarci in una concessionaria di automobili. Poniamo poi il caso di aver adocchiato una bella macchina e di chiederne al venditore il prezzo e le caratteristiche. Mettiamo che lui ci risponda che il prezzo è di 20 mila euro. E che sì, è una bella macchina, ma i freni non funzionano, gli sportelli non si chiudono e il volante di tanto in tanto si blocca e non vuol saperne di fare il suo dovere.

Voi cosa fareste? Spendereste 20 mila euro?

Ebbene, la situazione dell'acquisto da parte dell'Italia degli ormai famosi 131 Caccia F-35 è esattamente la stessa. Il costo di ogni esemplare è di 133 milioni di dollari (spese di carburante e di gestione escluse). Il costo totale dell'investimento sarà di 17 miliardi di euro.

Ma un rapporto del Dipartimento della Difesa Usa rivela che queste “macchine della morte” hanno non pochi difetti di funzionamento. “Tra le questioni maggiormente problematiche – spiega l'associazione Rete Disarmo, impegnata in una raccolta firme contro l'acquisto degli aerei - c’è il nuovo casco avveniristico che non funziona come dovrebbe, oppure il meccanismo di aggancio di coda che ha fallito tutti e otto i test di atterraggio. Secondo alcune indiscrezioni sembra ci siano state 725 ‘richieste di modifica’ in attesa di essere evase nel solo mese di ottobre 2011”. Ma non solo: ci sono anche anomale vibrazioni in volo e gravi difficoltà di decollo breve; inoltre l'aereo si deteriora e si guasta assai prima del previsto e non è così invisibile a radar e ai rilevamenti elettronici come invece avrebbe dovuto.

Ancora: il Gao (Government Accountability Office degli Stati Uniti d'America: un organo equiparabile alla nostra Corte dei Conti) riguardo gli F-35 ha dichiarato: “dopo oltre nove anni di progettazione e di sviluppo e altri quattro di produzione, il programma Jsf (Joint Strike Fighter, ndr) non ha ancora dimostrato di essere affidabile”.

Ma non è tutto: il Gao ha anche rivelato nel suo dossier che i costi previsti in avvio del progetto sono triplicati, mentre i test hanno dato risultati “limitati, pessimi o scoraggianti”

Insomma, ci accingiamo a spendere circa 17 miliardi di dollari di dollari per un oggetto che, semplicemente, non funziona come dovrebbe.

Si potrebbe obiettare che ormai è inutile parlare della revoca dell'acquisto: troppo tardi. Ma non è vero. Del progetto Jsf, che ha coinvolto otto Paesi tra i quali il nostro, altrove si è iniziato a discutere assai seriamente. Oltre alle critiche degli Stati Uniti, infatti, “in Olanda la Corte dei conti ha realizzato un dossier – spiega Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo -, in Australia il governo ha fermato tutto e discuterà, in Norvegia c’è una discussione parlamentare in corso”. Sembra che anche il Canada si sia tirato indietro.

In Italia, invece, neppure se ne parla. Il nostro Paese è intenzionato ad acquistare, come è noto, 131 cacciabombardieri. La spesa iniziale doveva essere di 5 miliardi di euro, ma è lievitata di oltre tre volte e, nella sola finanziaria 2011, ha pesato sulle nostre casse per ben 470 milioni di euro. Quante cose si sarebbero potute fare con quei soldi in un periodo di crisi così profonda? E perché, visto che l'acquisto non è ancora stato ufficializzato, non si torna a discutere seriamente della questione?

Eppure, sollecitato sull'argomento nella trasmissione Otto e Mezzo, il neo ministro della Difesa, il generale Giampaolo Di Paola, ha spiegato che “l’investimento negli F35 consentirà all’Italia di avere capacità di primo livello nel settore aereo e consentirà all’industria italiana di fare investimenti importanti e di crescere, quindi non mi sembra sia uno spreco”. Che tradotto potrebbe voler dire che l'industria bellica italiana potrà continuare a fabbricare nuovi armamenti adatti al caccia F-35. Ma ciò che preoccupa di più è lo scopo di questi aerei: si tratta, infatti, di mezzi progettati non per la difesa, bensì per l'attacco. Siccome c'è da giurare che i nostri governanti non siano degli sprovveduti, la domanda che segue è molto semplice: chi ci prepariamo ad attaccare? Cosa avverrà dopo il 2026 (termine ultimo per la consegna degli aerei)?

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