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Brutta aria per l’articolo 18

Tira una brutta aria per l'art. 18, la norma di legge che impedisce i licenziamenti individuali di carattere discriminatorio e antisindacale.

Certo, non è una novità. Berlusconi ci ha provato per quasi 20 anni. La Confindustria ci prova da sempre. Monti e la Fornero ci stanno provando, alternandosi un giorno sì e l'altro pure nel dichiarare che l'odiato art. 18 non può essere considerato un tabù, che è "pernicioso" e allontana gli investimenti.

Autorevoli esponenti dell'opposizione parlamentare con l'on. Ichino in testa vedono finalmente avvicinarsi il traguardo di una battaglia pluridecennale, degna di miglior causa, quella di fare piazza pulita di ciò che rimane dei diritti di chi lavora. La destra, mediatica e politica, si unisce entusiasticamente al coro, mettendoci del suo.

Rendere conto di tutte le dichiarazioni di questi giorni sarebbe troppo lungo. A mo' di esempio riportiamo alcuni estratti presi da un incredibile articolo apparso sul Foglio del 5 febbraio: "Grazie all'articolo 18 quasi tutto l'impiego, anche quello privato, diventa in una certa misura pubblico, costretto in una camicia di forza. E questo non è bene, perché se va abolito l'articolo 18 certo prima ancora va abolito il pubblico impiego, fonte di ogni perversione economica e sociale"; e ancora "l'interesse della proprietà, la necessità di crescere e di guadagnare, garantisce l'etica dell'impresa tutelando l'azienda dai cancri del pubblico: raccomandazioni e corruzioni, parassitismi, lassismi, assenteismi". Continua, "i danni nel privato - nel vero privato, quello che non collude con il pubblico - sono limitati, ma soprattutto è evitata la corruzione dell'anima; non vige la menzogna che il pubblico sbandiera, quella di volere il bene di tutti noi, arrogandosi la pretesa di farci da mamma"; "l'articolo 18 e il pubblico impiego sono casse da morto dove per pigrizia ci si rinchiude. Chi ambisce a così poco, si accomodi, è libero di farlo, ma lo Stato non può fornirgli la cassa, è eutanasia".

Abolire il pubblico impiego che corrompe l'anima: questo il messaggio che prima ancora che di destra è semplicemente demenziale. Disarmante e patetica l'Unità che nell'edizione domenicale si chiedeva se il governo non stesse cambiando natura: "Lo scontro sull'articolo 18, e più in generale sul mercato del lavoro, può cambiare il segno del governo Monti".

Invitiamo il direttore dell'Unità a prendere atto della realtà. Non di cambiamento di natura si tratta, ma al contrario di continuità con il precedente esecutivo. Monti è liberista da sempre, e si comporta come tale, sia pure "sobriamente". Monti è il continuatore della politica del governo Berlusconi. Gli attacchi di questi giorni, insieme alla già avvenuta "riforma" delle pensioni, alla conferma di nuovi investimenti in campo militare, ecc. testimoniano del fatto che se nel passaggio fra Berlusconi e tecnici c'è stata una rottura dal punto di vista dello stile (apprezzabile comunque), dal punto di vista dei contenuti vige la più grande continuità.

Ma torniamo all'art.18. La cattiva notizia sta nel fatto che, oltre agli attacchi del governo, ampiamente prevedibili e previsti, si vedono preoccupanti segni di cedimento proprio da parte di chi dovrebbe difendere in modo intransigente questo diritto dei lavoratori. Senza se e senza ma, come si dice.

Particolarmente preoccupante l'intervista rilasciata da Raffaele Bonanni a Il Sole 24 ore, dove il segretario della Cisl afferma: "Se l'articolo 18 è un ostacolo per alcune inefficienze parliamone.

Siamo disponibili ad una robusta manutenzione [dell'articolo 18]". Parliamone? E' fatta, siamo fregati. La robusta manutenzione di Bonanni significa, in sostanza, mantenere l'obbligo di reintegrare il lavoratore solo per i licenziamenti discriminatori (per motivi politici, culturali, religiosi, ecc.) e permetterne invece il licenziamento per motivi economici.

In realtà quella che si sta combattendo è una battaglia politica e ideologica che non c'entra niente con l'uscita dalla crisi. Monti ha bisogno assoluto di farcela. Innanzitutto per azzerare il potere contrattuale residuo dei lavoratori e del sindacato assicurandosi così l'appoggio della maggioranza parlamentare, e poi per portare a Bruxelles lo scalpo dell'art.18 facendosi così ancora di più accreditare presso i suoi amici europei come colui che ha rivoltato l'Italia come un calzino, mettendo in riga quei bamboccioni degli italiani.

La Merkel sarà così sicura che dal fronte italiano per un po' non verranno più sorprese. Per quanto riguarda poi la Cgil, o si adeguerà, e questa sarà una vittoria di Monti, oppure non si adeguerà, il fronte sindacale si romperà nuovamente e questa sarà per Monti una vittoria anche maggiore.

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