Blitz degli attivisti siriani a Roma, il racconto dei dissidenti
"Chiediamo all'Italia di espellere l'ambasciatore siriano". Arrestati e rilasciati i 12 militanti anti Assad dopo l'assalto alla sede diplomatica
Una scala pieghevole, tre automobili e tanta rabbia. Sono questi gli unici strumenti che hanno permesso il blitz ai12 attivisti siriani nella sede dell’ambasciata di Damasco a Roma all’alba di venerdì 10 febbraio. Un gesto, ammettono i ragazzi, tutti residenti in Lombardia, ispirato a una simile manifestazione simbolica avvenuta precedentemente in altre sedi europee.
Uno di loro (hanno un’età che va dai 20 ai 40 anni) è salito su una scala pieghevole ed ha scavalcato il balcone della sede diplomatica che si trova al primo piano di un edificio esattamente davanti al Campidoglio (piazza dell’Ara Coeli). Entrato “in suolo patrio” il ragazzo ha sostituito la bandiera nazionale ( tre strisce orizzontali color rosso- bianco-nero con due stelle in mezzo) con quella rivoluzionaria (verde-bianco-nero con tre stelle in mezzo). Gli attivisti, immediatamente arrestati per poi essere tutti rilasciati a fine giornata, fanno parte del “Coordinamento dei siriani liberi di Milano”.
Nell’appartamento che ospita da più di 40 anni la rappresentanza del Paese arabo, al momento dell’irruzione si trovavano due custodi siriani, lealisti e ben addestrati, che hanno raccontato di essere stati sequestrati in una stanza e malmenati. Secondo la prima ricostruzione desunta dalle forze dell’ordine, però, non ci sarebbe stato il tempo materiale per effettuare un sequestro. Gli agenti hanno invece sequestrato alcuni martelli e dei cartelli inneggianti all'opposizione al regime di Damasco. Il personale diplomatico poi non vive in quell’edificio, l’ambasciatore ha una bella residenza sulla via Cassia; si chiama Khaddour Hasan e a detta dei giovani, svolge da mesi attività di schedatura degli oppositori del regime del presidente Bashar al Assad in Italia. Dagli accertamenti fatti ieri da polizia e Digos non risulta nessun precedente penale a carico degli arrestati. I militanti pro democrazia sono stati identificati, interrogati e infine ascoltati dal giudice monocratico Marina Finiti che li ha rinviati a giudizio per direttissima il 15 marzo. Per il momento ha imposto loro l’obbligo di firma giornaliero sul registro dei sorvegliati, essendo infatti indagati per danneggiamento aggravato, violazione di domicilio e violenza privata aggravata. Quest'ultima imputazione si riferisce all'aggressione dei due vigilanti in servizio all'interno dell'ambasciata anche se, per stessa ammissione informale dei poliziotti che sono intervenuti sul posto, “I due erano in buono stato di salute”.
Per interrogarli, il tribunale di piazzale Clodio si è avvalso di un interprete giurato. “Peccato che fosse di turno l’unico traduttore siriano fedele al regime di Assad in Italia” ironizza Feisal al Mohammed dissidente siriano capitolino a capo dell’Unione dei coordinamenti per il sostegno della rivoluzione in Siria. Feisal dopo essere stato avvertito da una telefonata alle sei del mattino è corso in aiuto dei “fratelli milanesi”, si è accertato che stessero bene e che il traduttore lealista “facesse un passo in dietro”. Si è occupato anche della loro difesa, rintracciando gli avvocati Simonetta Crisi e Amedeo Boscaino, “Forse è un caso troppo delicato per un avvocato d’ufficio” dice ancora con sarcasmo.
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