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Berlusconi l’antiborghese, i suoi nobili scudieri e un errore di Niki

Si sollevano alte grida, dal campo dell’Oscuro Cavaliere, contro il quasi nulla che rimane - solo un’eredità spirituale, per quanto preziosissima - del meglio del liberalesimo italiano. Gobetti ed i suoi discepoli, a quanto pare, fanno ancora paura.

I Berlusconiani sono ovviamente anti-azionisti; è diretta conseguenza del loro essere ferocemente anti-borghesi.

Non fu altrettanto anti-borghese neppure il fascismo e, sicuramente, non lo fu neppure il comunismo nostrano che di valori condivisi con la borghesia era imbevuto.

Il berlusconismo, invece, è una prassi (ideologia mi pare termine eccessivo) perfettamente reazionaria ed i suoi valori sono i peggiori tra quelli dell'ancien règime. Nel berlusconismo, re e stato sono una cosa sola; della democrazia liberale, conquista della borghesia e incarnazione del pensiero borghese, non vi è quasi nulla che i berlusconiani possano accettare.

Non possono accettare la divisione tra i poteri; non possono neppure accettare il principio, semplicissimo, che la legge debba essere uguale per tutti.

Propugnano un ritorno al passato più buio dell'Europa, senza neppure rendersene conto, quando pretendono che la legge al re non si applichi o si applichi in modo diverso dal resto dei cittadini.

L'affermazione che la volontà popolare venga prima di tutto, costantemente ripetuta dai berlusconiani in questi giorni, è sì tipica di ogni populismo, ma è anche quanto di più anti-borghese si possa immaginare; è la negazione stessa del pensiero liberale, da Tocqueville a Mill.

È ignorare che proprio per questo esistono la costituzione e le leggi: per evitare la tirannia della maggioranza; per creare una cornice immutabile di diritti e doveri che, a prescindere dal mutare degli umori dell'opinione pubblica, inquadri la vita civile e politica del Paese.

Un discorso inaccettabile per chi ragiona secondo logiche feudali, assolutamente antimoderne.

Basta considerare il modo in cui avvengono le carriere dei berlusconiani per comprendere quanto siano arcaici. Le fortune si fanno e disfano non secondo il merito, ma secondo la vicinanza al cuore (permettete l'eufemismo ) del sovrano. 

I notabili del berlusconismo sono dei nobili, non dei borghesi; hanno piegato il ginocchio davanti al re per riceverne l’investitura, non si sono conquistati la propria posizione sul campo dell’impegno e del lavoro. Sono delle pompadour (a volte nel più proprio dei sensi) che prostituiscono la propria dignità, prima d’ogni altra cosa, in cambio d’incarichi e prebende.

Sono degli inetti, per la maggior parte, che lontano dal favore regale non varrebbero nulla.

Dei fedelissimi cani che mordono a comando per garantirsi il pasto; degli intellettuali per grazia sovrana disposti, a comando, a sostenere tutto e il contrario di tutto con la stessa assoluta, falsissima, convinzione.

Una genia lontanissima dall’ideale borghese, che nella coerenza ( il rispetto della parola data) vedeva uno dei requisiti minimi della rispettabilità; gente che, al posto di Gobetti,avrebbe prontamente riconvertito “La rivoluzione liberale” ne “La rivoluzione fascista” e impegnato la “Piero Gobetti Editore” nella stampa delle opere giovanili del Duce.

Sbagliò allora, tornando al fascismo, una parte della borghesia italiana nel confondere quel movimento essenzialmente anti-borghese con una scorciatoia verso la modernità; nel considerarlo come un comodo espediente per superare con degli sconti il confronto, ineludibile dopo la grande guerra, con le istanze di giustizia sociale dei lavoratori di allora.

Sbagliano ora i borghesi italiani (ammesso che ne siano rimasti; io ne conosco, ma pochissimi) se ancora ritengono il berlusconismo come un modo far uscire il paese dalla stasi in cui si trova da un trentennio; se davvero credono che da un simile concentrato di retorica reaganiana e prassi familistico-clientelare possa uscire alcunché di buono.

Delle molte cose dette da Vendola nell'ultima puntata di Annozero solo una non mi è piaciuta: il suo pensare che l’anti-berlusconismo sia questione secondaria, in fondo, rispetto alla divisione storica tra destra e sinistra. Me lo aspettavo da lui, ma, soprattutto sapendolo ex radicale (e quindi figlio innanzitutto della tradizione liberale) questo mi ha deluso.

Nella lotta contro questo ritorno al medioevo invece non ha senso tracciare confini; l’anti-berlusconismo dovrebbe essere patrimonio comune di tutta la parte sana del paese, esattamente come lo fu l’antifascismo.

Nella partita di calcio tra destra e sinistra, di cui la costituzione e le leggi sono il regolamento e i cittadini gli spettatori ed arbitri, i berlusconiani sono quelli che vorrebbero impadronirsi della palla; che vorrebbero che non si giocasse più, se non alle loro condizioni e secondo le loro regole.

Fermarli, re-impossessarsi della palla, è condizione necessaria per poter tornare a giocare.

Il resto, tutto il resto, viene dopo.

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