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Benvenuti in campagna elettorale, speriamo che duri poco (Cronache dal fronte)

Benvenuti in campagna elettorale, speriamo che duri poco (Cronache dal fronte)

Già archiviato il decennale della morte di Craxi si va velocemente al processo biturbo. Anche se a dire il vero Gianfranco Fini ieri sembrava annunciare in qualche modo che l’iter della legge ammazza processi (norma transitoria docet) non sarà così liscio come i berluscones di ogni fatta e colore sperano. Sarà battaglia alla Camera? Probabilmente no, almeno non alla luce del sole. Quello di Fini di ieri è stato un invito ad andare alla trattativa, con la convinzione che si possa evitare in qualche modo uno scontro fratricida all’interno del Pdl e soprattutto una legge che di fatto cancella gli ultimi dieci anni di processi per evitarne uno (o meglio tre o quattro). Insomma, per evitare al premier di sedersi al banco degli imputati. Punto.
Insomma, attacchiamoci a questa speranza.

Intanto la Calabria ormai è evidentemente travolta dal potere delle ‘ndrine. Si fa e si disfano alleanze e affari solo se le ‘ndrine vogliono. I calabresi stanno subendo la campagna elettorale della ‘ndrangheta. Una campagna elettorale fatta di ricatti, intimidazioni, estorsioni politiche. Dopotutto che altro ci si poteva aspettare dopo decenni di connivenze, infiltrazioni, e affari miliardari (in euro)? Ormai è evidente (a tutto il mondo e meno agli italiani) che la ‘ndrangheta è la più potente, istituzionalizzata, moderna delle mafie europee. L’intimidazione al presidente della Repubblica c’è stata, come ha denunciato ieri il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso, ed è l’ultimo dei segnali lanciati dalla criminalità organizzata all’economia e alla politica calabrese e Italiana. L’omicidio a dicembre del figlio di un ex consigliere provinciale Udc, la bomba alla procura generale di Reggio Calabria, la manipolazione dei pogrom di Rosarno. La ‘ndrangheta parla così, ai cittadini e soprattutto ai poteri.

In Puglia invece collassa il centrosinistra in una lotta fratricida in cui il vero protagonista è il grande manovratore, è e rimane Massimo D’Alema. Sono dieci anni che a D’Alema non ne va dritta una, eppure continua ad avere talmente tanto credito da essere ancora oggi il grande stratega di strategie sghembe che franano davanti alla realtà della politica di oggi. Che si stia dando spazio e fiducia all’uomo sbagliato? Non sarebbe la prima volta nel Pd.

Che dire del multi candidato Brunetta? Per poche ore è stato il candidato Sindaco del Pdl a Venezia poi, forse per paura dell’acqua alta che forse non ha mai visto nonostante sia tuttora docente nella locale università, ha optato per Firenze. Senza rinunciare al suo incarico di governo. C’è poco da dire. Poco davvero.

Guai ancora per la Berlusconi Family (Confalonieri compreso, era ora che gli si riconoscesse almeno il ruolo di parente acquisito). Chiuse le indagini a Milano sull’inchiesta Mediatrade (un giro di acquisti di diritti televisivi gonfiati per costruire un tesoretto “nero” di quasi un miliardo di euro). Tuona il Pdl, tuona Ghedini, tuona ancor di più la Family reale della Brianza. Tutta scena, con la “prescrizione lampo” e un mezzo “legittimo impedimento” i magistrati di Milano non fanno paura a nessuno. Ma un po’ di scena in campagna elettorale va fatta, e si fa.

Il Pd intanto… Il Pd? Oltre alle dichiarazioni di voto fotocopia in Senato (bella idea, davvero) per far incacchiare come un riccio il presidente Schifani, il silenzio. Sembra che il partito guidato da Bersani (che ogni giorno che passa assomiglia sempre più al più rassegnato Romano Prodi) non riesca a trovare un po’ di orgoglio, un filo di identità. Niente. La base mormora, protesta ma sommessamente. Sembra che gruppo dirigente e iscritti siano stati storditi dal passaggio di una cometa. Casini e Di Pietro ringraziano. Non servirà a nulla, ma loro faranno il pieno di voti.

Per ultimi, ma dovrebbero essere i primi, ci sono loro, i cittadini veri. Quelli che tengono in piedi questo Paese nonostante tutto. Molti di loro quest’anno, come annunciano tutti gli osservatori europei, perderanno il loro posto di lavoro. Si aggiungeranno ai milioni che lo hanno perso negli ultimi due anni. La crisi c’è, continua a mordere, sta liquidando il sistema produttivo italiano. Ma non quello finanziario. Che invece, dopo aver partecipato alla creazione dei presupposti dell’avvio della crisi, sta sfruttandone le opportunità. La vicenda di Termini Imerese fa ormai da riferimento. La Fiat si prende incentivi (eco e no) per salvare la produzione automobilistica italiana, poi bellamente reinveste negli Usa e liquida l’impianto siciliano esternalizzando (in Polonia) la produzione. Qualcuno in questa crisi ci ha guadagnato, e non poco.

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