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Banche italiane, pressione continua

L’aumento degli accantonamenti annunciato recentemente da alcune banche italiane, ha un impatto negativo sul rating e dimostra che la qualità degli asset degli istituti “si sta deteriorando nel contesto della nuova recessione dell’Italia, con effetti negativi su una profittabilità già debole”. Lo scrive Moody’s nella relazione settimanale dedicata alCredit Outlook. Si conferma, quindi, che il deterioramento congiunturale continua ad esercitare pressione sullo stato patrimoniale delle nostre banche, attraverso un aumento delle sofferenze che erode il patrimonio, e richiede in prospettiva ulteriori ricapitalizzazioni.

Ma queste ultime non possono essere effettuate sul mercato, contrariamente a quanto credono alcuni, almeno finché la congiuntura non giunga a stabilizzarsi ed i potenziali nuovi azionisti non trovino quindi appetibile entrare nella compagine azionaria. Date queste premesse, che accadrà a quelle banche che necessiteranno di nuovi mezzi freschi, senza avere alle spalle azionisti in grado di gettare nuovi fondi nell’altoforno? Aumenta la probabilità di interventi pubblici a sostegno. I quali, tuttavia, saranno sottoposti a condizionalità rigide da parte di Bruxelles, per non apparire come aiuti di stato.

E quali potrebbero essere, queste condizionalità? La punizione degli azionisti, in termini di loro pesante diluizione, è scontata, oltre che fisiologica. Riguardo i creditori, al presente appare decisamente probabile che vengano imposte svalutazioni, anche molto pesanti ai portatori di obbligazioni subordinate, evitando di svalutare le obbligazioni senior, perché ciò rischierebbe di avere contraccolpi molto pesanti sul sistema, anche se princìpi di democrazia capitalistica (non vi appaia un ossimoro, esiste anche quella, anche se non in questa vita ed in questa parte della galassia) imporrebbero di colpire tutti i creditori, senza distinzione.

La sintesi? Che il nostro sistema creditizio resta sotto forte pressione, a causa di un’economia che si trova, ormai, in un contesto di depressione conclamata, come conferma anche l’ultimo dato dell’indice dei direttori acquisti di imprese manifatturiere, elaborato dalla società Markit, e che rappresenta un affidabile indicatore anticipatore della produzione industriale. E del resto, tra auto ed acciaio, pensare che quest’ultima possa anche solo rialzare la testa è esercizio onirico. La guerra continua, diffidate dei nuovi e vecchi spacciatori di sogni. E’ l’unica arma che vi resta.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.158) 4 settembre 2012 20:20

    Consola-Monti >

    Come un ritornello Monti ripete che lo spread così alto non è giustificato dai “progressi” fatti nell’ultimo anno in campo economico e fiscale.
    Ogni volta Bankitalia è pronta a confermare che, in base alle dinamiche reali, sono almeno 200 i punti di troppo tra Btp e Bund tedeschi.

    Non si può non constatare che la Germania attraversa una fase negativa.
    Non serve però “consolarsi” negando l’evidenza di talune “distanze”. 
    In Germania il Pil tende a crescere ancora dell’1% ed il Debito non arriva all’85%.
    La disoccupazione è più bassa di almeno 3 punti e l’inflazione è ferma al 2%.

    Già queste sono buone ragioni tali da indurre il mercato ad acquistare i bond tedeschi a rendimenti negativi.
    Così come innegabile è l’effetto “calmierante” di Draghi.

    Anche Monti ha ammesso che “le leggi vanno fatte, ma poi bisogna attuarle”.
    La “credibilità” di un paese non è frutto di elucubrazioni da teatrino di Pantomima e Rimpiattino

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