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Bakir Izetbegovic si aggiudica il voto dei musulmani di Bosnia. Anche tra i Croati vince la trasversalità etnica

I nazionalismi che per tutti gli anni novanta hanno insanguinato la politica balcanica cominciano a crollare nella capitale multietnica Sarajevo ma persistono a Banja Luka, nella regione a maggioranza serba.

A scrutinio ormai quasi completato si delinea l’organigramma della prossima Presidenza tripartita bosniaca e la suddivisione dei seggi non solo al Parlamento nazionale ma anche alle singole Assemblee che rappresentano le tre etnie, Bosniaci musulmani, Croati e Serbi, in cui la Bosnia Erzegovina è divisa. Sono state, quelle di ieri, elezioni che moderatamente hanno proiettato Sarajevo verso un’ottica diversa rispetto a quella in cui ci si è dibattuti negli ultimi quindici anni anche se nella Repubblica Sprska, nel Nord del Paese, abitata per l’appunto da bosniaci di etnia serba si continua a dare credito ai folli nazionalismi che nell’ultimo decennio del “secolo breve” hanno dilaniato l’ex Jugoslavia.

A Banja Luka, infatti, il partito di raccolta etnica Snsd di Nebojsa Radmanovic, che si considera diretto erede dei socialdemocratici jugoslavi di Slobodan Milosevic, infatti ha vinto e, dunque, ha conquistato il diritto di indicare lo stesso Radmanovic alla presidenza tripartita bosniaca. E’ seguito dal leader della coalizione “Insieme per la Repubblica serba di Bosnia” Mladen Ivanic che però, a sua volta, nulla di buono promette in chiave di un sano dialogo inter-etnico da varare per il bene della Nazione. I serbi di Banja Luka in sostanza continuano a rifiutarsi di cedere un po’ del loro potere, conferito dagli accordi di Dayton alle singole entità nazionali, a favore dello Stato centrale nazionale.

La Bosnia– Erzegovina è stata costruita secondo una complessa architettura federale, che sostanzialmente indebolisce il governo centrale, che però sembra essere prodomica allo sfascio del paese. Il radicalismo serbo, dunque, rischia di inficiare quanto di buono è emerso in questa tornata elettorale e cioè il fatto che sia i musulmani della parte centrale della Nazione, sia i croati dell’Erzegovina hanno dato la preferenza ai candidati più moderati fautori del dialogo: i musulmani infatti, a stragrande maggioranza, hanno votato sia per il figlio del “Padre della Patria" Aljia Izetbegovic, Bakir, sia per il “tycoon di Sarajevo”, Fahrudin Radoncic che promette ai suoi connazionali ricchezza e prosperità. Le sue sono teorie liberiste e chiaramente si ispira al modello berlusconiano del Popolo delle Libertà. Al suo partito, l’Sbb- Bih, cominciano a guardare con simpatia i bosniaci, e sono sempre di più, stanchi di due decenni di luttuose ed insopportabili contrapposizioni etniche che hanno notevolmente impoveritola popolazione. Sono perlopiù i giovani che sentono sempre meno il legame con Belgrado, se di nazionalità serba, Zagabria, se croati, o con il radicalismo islamico, se musulmani.

Radoncic, editore del seguito quotidiano di Sarajevo “Dnvevni Avaz”, è stato premiato con il 31% dei voti ad un incollatura dal musulmano moderato Bakir Izetbegovic, attestatosi al 33% e premiato con l’accesso alla Presidenza tripartita. Sconfitto il capo musulmano uscente Haris Silajdzic molto più radicale e nazionalista. Nell’entità croata, invece, il vincitore è stato il socialista Zeliko Komsic, eletto alla Presidenza del paese in rappresentanza dell’Erzegovina, fautore della ricomposizione unitaria della Bosnia. Sconfitti i nazionalisti dell’Hdz, hanno riportato solamente il 23% dei suffragi, ed i loro stretti parenti dell’ Hdz1990 ( 12,3%) nati da una costola dei primi. Il socialista Komzic comunque ha conseguito da solo più della metà dei voti espressi e cioè il 56% circa. Ora sia Izetbegovic che Komsic hanno dichiarato di voler tendere la mano alla minoranza serba in nome di un rafforzamento dello stato unitario bosniaco che impedisca alle forze centrifughe di prevalere e fissi in maniera sicura la rotta di Sarajevo verso l’Unione Europea. A Banja Luka invece si continua a sognare la secessione dalla Bosnia e la riunificazione con Belgrado. In questo particolare momento storico Belgrado guarda con simpatia alla voglia di annessione espressa dalla regione serba della Bosnia, ed infatti il premier serbo Boris Tadic è intervenuto nella campagna elettorale in vista delle “legislative” di ieri sostenendo proprio i socialdemocratici nazionalisti, tanto più oggi che deve giustificare, di fronte ad una popolazione frustrata e che non crede ad una rapida integrazione europea, l’ineluttabile e definitiva perdita del Kossovo a maggioranza etnica albanese.

Il voto di ieri, allora, è da considerarsi meramente interlocutorio e, come visto, contraddittorio: mentre a Sarajevo e Mostar già si guarda con decisione all’Europa, l’irredimibile nazionalismo serbo balcanico di Banja Luka, dove si continua a convivere con i fantasmi della Jugoslavia o della “Grande Serbia” che dir si voglia, impedisce al momento l’espressione di qualsiasi deciso ottimismo. L’alta astensione d’altro canto è spia di un paese ancora diviso, disilluso ed in preda ad un profondo malessere in cui ancora buona parte della popolazione guarda con nostalgia alla Jugoslavia di Tito. 

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