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Autopsia di un neolaureato. Ovvero come spiegare il mercato del lavoro ai miei genitori

Mentre ci sono studenti che scelgono di rallentare il loro corso di studi in attesa che la crisi finisca, io ho fatto una scelta radicale. Ho scelto di schiantarmi frontalmente contro la dura realtà di una laurea di Lettere e Filosofia. La cosa mi ha catapultato immediatamente nella Terra di Nessuno dei Neo-laureati, meglio noti come apprendisti disoccupati.

Autopsia di un neolaureato. Ovvero come spiegare il mercato del lavoro ai miei genitori

 
Sono, ormai, trascorsi più di sei mesi dal quell’infausto giorno in cui ho discusso la mia tesi. Un giorno che sarebbe dovuto essere l’ultimo della mia carriera universitaria e, contemporaneamente, il primo della mia nuova vita da membro produttivo della società. Almeno questo è quello che passa nella mente di chi mi chiede «… e adesso cosa fai?». Non è facile raccontare il mercato del lavoro a chi è già dentro da molto tempo o a chi ormai va verso l’agognata pensione.
 
Accade così, a sei mesi di distanza, che sono ancora incastrato in questo dannatissimo limbo. Nulla sembra essere successo veramente. Continuo a vegetare in una condizione indefinita dell’Essere, a metà strada, fra due mondi. Il ricordo dell’Università suscita in me nient’altro che disprezzo e rancore profondo.
Il mio infausto status creolo, non ancora espulso dal mondo dello studio, tutt’altro che assorbito e fagocitato dal mercato del lavoro, fa di me il figlio indesiderato di una società satura di laureati. Non mi resta che accettare ogni sorta di offerta infame che si presenta alla mia porta.
 
Il sito dell’Università ha una sezione dedicata ai disperati come me. Il Job Placement, aka Ufficio di collocamento, sarebbe sembrato troppo provinciale per un’Università, è l’ufficio che offre le migliori opportunità per chi cerca di inserirsi nel mercato del lavoro. Trovo la bellezza di undici offerte di lavoro, che abbondanza! Oltre la metà delle offerte sono in realtà agenzie interinali che cercano gente pronta a tutto da piazzare nei call center per tele marketing aggressivo o dilettanti allo sbaraglio pronti per diventare assicuratori vita. Niente di meglio per chi, come me, per anni ha studiato i classici della letteratura e della storia. Tutto questo mi sembra molto offensivo. Per questo mi rivolgo altrove.
 
Lasciate ogni speranza di stipendio, oh voi che scegliete uno stage.  
L’alternativa a queste proposte indecenti esiste, ma una volta evocata si spalancano le porte dell’Inferno. Lo stage, anzi gli stage, sono il mare magnum che si stende oltre la laurea per chi, come me, ha fatto l’insana scelta di laurearsi.
Esiste una quantità impressionante di stage e collaborazioni di vario genere. L’offerta qui è enorme e variegata, ma per accettare di entrare in questo mondo bisogna, prima di tutto, prendere coscienza di due condizioni fondamentali.
 
Primo, il nostro orizzonte mentale non dovrà superare i sei mesi. È questa la durata media standard di uno stage. Poco male – penso, per una generazione come la mia, costretta ed educata a vivere in un eterno presente dilatato, impossibilitata a programmare un futuro, non sarà un dramma. Certo è che il rischio di entrare dentro questo vortice e perdere la linea dell’orizzonte della propria vita, per finire negli abissi dello stagismo cronico è concreto.
 
Il secondo scoglio è ben più demotivante, soprattutto sull’immediato. La speranza di ricevere dei soldi in cambio del nostro lavoro è una pura illusione. Senza nessun pudore la cosa viene palesata fin dal principio. Ma nessuno si azzarda a chiamare questa collaborazione per quello che veramente è: volontariato.
 
Alla mail che invio per saperne di più circa l’offerta rispondono gentilmente e quasi subito. Mi chiedono un colloquio conoscitivo. Che gentili – penso. L’offerta è allettante: otto ore lavorative cinque giorni su sette, più qualche sabato mattina. Lavoro duro garantito – e ci mancherebbe anche – e tanta esperienza pratica. In più: nessuno stipendio, nessun rimborso spese per benzina o pasti, ma con la garanzia di non essere assunto al termine dello stage.
Viva la sincerità.

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