Articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA – Ciclo di incontri organizzato dal Comitato di Via Asti. Giovedì 25 giugno 2015 – Incontro con Gustavo Zagrebelsky (*)
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’articolo 3 deriva dalle idee affermatesi con la Rivoluzione Francese che ha introdotto il concetto di cittadino, che altro non è che un sinonimo di essere umano. Esso, nel suo primo comma, tratta di un’uguaglianza formale cioè dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Esso esclude privilegi e leggi ad personam. Però, trattare tutti i cittadini allo stesso modo non è giustizia, ma somma di ingiustizie, in quanto gli individui, comunque, sono diversi fra loro ad esempio a causa della loro provenienza sociale.
Il Costituente ha voluto quindi introdurre il concetto di uguaglianza sostanziale, occorre cioè operare con positività per rimuovere le ragioni di disuguaglianza, tutto ciò che impedisce il pieno sviluppo della persona umana. Quindi no all’ugualitarismo, no al livellamento tout court delle condizioni di vita, no alla pianificazione dell’esistenza (comunismo). Tutto ciò riduce la libertà.
Il secondo comma dell’art. 3 mira proprio a rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana, punta cioè all’uguaglianza sostanziale di tutti i cittandini. Durante il piccolo dibattito seguito alla lectio, premettendo che non è assolutamente il caso di Gustavo Zagrebelsky, si è stabilito che, oramai, si può affermare che in Italia, non esiste più la figura dell’intellettuale, molti sono invece i consulenti. Questi ultimi altri non sono che coloro che hanno abdicato alla loro funzione di autonomi intellettuali trasformandosi in quelli che sono chiamati, anche dallo Stato, a fornire pareri pro veritate a pagamento.
Ovvio che l’indipendenza e l’autonomia di giudizio di costoro è più che pregiudicata. A fronte di pareri di questa fatto pare ovvio che si possa fare ciò che si vuole, supportati da pareri d’alto lignaggio.
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