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Armi alla Libia, il solito casino

Mentre a marzo Frattini ci metteva in imbarazzo ovunque, stretto tra l'esigenza di spiegare agli interlocutori internazionali il voltafaccia italiano nei confronti di Gheddafi e allo stesso tempo i bunga-bunga, l'Italia già operava per recuperare il terreno perso dopo che i partner atlantici avevano deciso l'attacco alla Libia, mentre Frattini e Berlusconi ancora sostenevano Gheddafi.

Tra le ideone messe sul tappeto e prontamente realizzate pare che ci sia stata anche una robusta fornitura d'armi ai ribelli libici. C'era un bastimento carico di armi che dovevano andare in Croazia e che invece dal 1994 giacevano sequestrate in un deposito sull'isola de La Maddalena e hanno usato quelle. Roba vecchia ma ancora buona e per di più a costo zero e disponibile pronta consegna. La fornitura d'armi ai libici è una chiara contravvenzione dell'embargo ONU che riguarda anche i ribelli ed è una ragione in più per non farlo sapere in giro. Ma siamo in Italia e allora il deposito sull'isola lo svuotano usando i traghetti civili e, soprattutto, il magistrato competente viene a sapere che quel carico, sotto sequestro giudiziario, non c'è più.

Le indagini non ci mettono molto ad avere prova che le armi sono state movimentate dall'esercito, ma a questo punto arriva il governo che oppone il segreto di stato alle domande del giudice. C'è un altro particolare aspetto della vicenda che sicuramente non piace alla Procura di Tempio Pausania e che non deve passare in cavalleria: quelle armi dovevano essere state distrutte parecchi anni fa, ma qualcuno nell'esercito ha stancheggiato fino ad oggi, quando sono tornate buone. Non è la prima volta che i nostri militari giocano con arsenali clandestini. Per di più, le scorrette modalità di smaltimento delle armi vanificano ogni possibilità di controllare l'inventario e sapere se tutte le armi siano finite in Libia o se parte sia stata trasferita ad altri o fatta sparire e messa da parte. Se non fossero finite in Libia la faccenda sarebbe ancora più inquietante.

Siano o no finite in Libia, l'esercito non ci fa una bella figura e qualche graduato dovrebbe spiegare chi si è adoperato per salvare quelle armi dalla distruzione, mentre il governo è di nuovo in imbarazzo perché colto con le mani nel sacco in una brutta storia. Forse i ribelli libici non si saranno offesi per l'invio di armi vecchie e per lo sforzo a costo zero, ma di sicuro Gheddafi non avrà gradito e con la comunità internazionale ci abbiamo fatto la solita figura da peracottari che si fanno beccare a violare l'embargo che pur hanno votato. Bastava organizzare un trasporto in sicurezza e dichiararne la distruzione in una struttura lontana dagli occhi dei giudici sardi, o intervenire con maggior tempismo sulle indagini, invece si è preferito la solita via del segreto di Pulcinella, a rischio di diventare uno dei grandi misteri italiani se il pericoloso carico sui traghetti fosse saltato in aria facendo una strage.

E adesso tutti a dannarsi per metterci la classica pezza peggiore del buco e per smentire in ogni modo la fornitura d'armi ai libici, che intanto sono stati riforniti anche dalla Francia che ha rivendicato pubblicamente l'operazione, cavillando ancora una volta sulla necessità di salvare delle vite, e si è tolta l dente senza dolore. La Francia farà forse la figura dell'arrogante, ma anche in questo frangente il governo sta facendo l'ennesima figura da pirla, mostrandosi infido con gli alleati e incapace di portare a termine con successo persino operazioni elementari come un trasporto segreto di armi verso un teatro di guerra.

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