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Alitalia, le deadline e la dead airline

Nuova puntata della farsa più costosa della storia d’Italia. Ieri i commissari straordinari di Alitalia hanno incontrato i sindacati e ci hanno fatto sapere che, nel mese di luglio, la liquidità in cassa, costruita sulla dote del prestito ponte pubblico da 900 milioni, è diminuita di 24 milioni, da 436 a 412 milioni, a cui vanno aggiunti i depositi cauzionali. 

I commissari si sono affrettati a comunicare che si tratta di numeri “comunque superiori a quanto programmato e comunicato come dato previsionale”. Ma le chiacchiere stanno avvicinandosi asintoticamente a zero.

Negli ultimi giorni è aumentato il brontolio di sottofondo per quelle che paiono essere le condizioni di Delta, che sembra non voler fare spazio ad Alitalia sul lungo raggio per non destabilizzare l’alleanza con Air France. Ricordiamo che anche gli uscieri in questo paese sanno che senza le famose “rotte ad alta redditività” del lungo raggio, Alitalia non si salva. Certo, ci si potrebbe anche chiedere chi e perché dovrebbe fare spazio ad una compagnia decotta da rilanciare ma evitiamo domande oziose, perché la realtà, come noto, ha un bias schifosamente neoliberista.

Come che sia, prima le rotte e poi, a cascata, tutto il resto. E meno male: c’è da restare basiti per una simile razionalità. I più malevoli potrebbero pensare che unico obiettivo di Delta è quello di limitare lo sviluppo di quote di mercato di Lufthansa sul lungo raggio, e che giunti al dunque cercheranno di mettere una piccola toppa per giungere al ridimensionamento terminale del vettore tricolore, sbolognando a FS o allo stato italiano tutte le eccedenze della compagnia.

Perché c’è una cosa che non tutti hanno capito, in questa farsa degli equivoci: Alitalia necessiterà in ogni caso della creazione di una BadCo, che assorbirà alcuni miliardi di perdite, personale eccedente incluso. E questo in qualsiasi configurazione la si voglia guardare, inclusa la definitiva liquidazione, che avrebbe il pregio di bloccare l’emorragia. Le soluzioni alternative sono quelle di accelerare le uscite “a scivolo”, magari abbassando Quota 100 solo per lorsignori, o altre levate d’ingegno come il balzello d’imbarco per evitare di troncare gli stipendi più elevati dei cassintegrati alati.

A proposito: il 23 settembre scade l’ennesima tranche di cassa integrazione, per un migliaio di dipendenti. Leggerete ovunque di “corsa contro il tempo”, e poi scatterà un nuovo semestre. Ma prima, il 15 settembre, c’è la cosiddetta deadline per l’offerta vincolante ed il piano industriale. Anche qui, sentirete il climax di “fate presto”, non sbadigliate. E comunque, una deadline per una dead airline non è male. Ma sono penultimatum: sin quando c’è da mungere il contribuente, la suspense (o la speranza di farla finita) è finta.

Tutto (ri)cominciò con la trovata geniale dell’integrazione aereo-treno, che poteva serenamente essere realizzata sulle sole basi commerciali, e men che mai per acquisizione ed integrazione societaria. Ma tant’è, ancora ricordiamo gli articoli di giornali in cui si narrava della fondamentale tratta rivitalizzata Venezia-Fiumicino come fosse la scoperta della penicillina.

Nel frattempo, a FS si sono premuniti, con una sagace operazione di estrazione di risorse finanziarie dall’alta velocità. Si è cominciato con l’esilarante iniziativa dei due euro per poter prenotare il posto, motivata con l’esigenza di

[…] migliorare il processo di distribuzione dei viaggiatori sui treni, ottimizzato dall’assegnazione automatica, al fine di soddisfare il maggior numero di richieste fino alla saturazione dei posti disponibili. 

Io non sono esperto ma se il load factor è frenato dalla scelta dei posti, significa che abbiamo un problema serio con la popolazione di questo paese. Si narra forse di gente che, non essendo riuscita a trovare libero il posto 5D in carrozza 6, ha rinunciato al viaggio ed il treno è partito semivuoto, con grave nocumento per il sistema-paese? Se le cose stanno realmente in questi termini, la mia modesta proposta è di rendere almeno gratuite le noccioline a bordo per chi ha pagato il supplemento di scelta posto.

 

Ma l'”estrazione di risorse” dall’AV è proseguita, soprattutto con forti aumenti per carnet ed abbonamenti. Alla fine, quando FS dovrà svalutare a zero la partecipazione in Alitalia, il danno al suo bilancio di gruppo risulterà impercettibile. Per fortuna in questo paese abbiamo manager di indiscussa abilità, altrimenti sai i danni per la collettività (qui dovete inserire l’emoticon del clown, mi raccomando).

Tirando le somme, chi verrà beneficiato dalla Grande Integrazione treno-aereo sono gli azionisti di Italo, che potranno godere del “riallineamento” di tariffe con Trenitalia, e vissero tutti felici e contenti. Tranne gli utenti, ma quello conta assai poco.

Attendiamo fiduciosi di sentire la voce della politica, in caso il governo demostellato si faccia. Di certo, ascolteremo pensierose elaborazioni sull’esigenza di non privarsi della compagnia di bandiera, costi quel che costi. Ed infatti costa. Voi davvero pensate che il segretario del Partito democratico, che è governatore della regione in cui Alitalia è radicata, possa far prevalere considerazioni di razionalità e staccare la spina? Suvvia. La tassa sulla stupidità è quella che raccoglie un gettito imponente, in Italia.

Foto: Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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